domenica 21 settembre 2008

Snuff [III]: Prometeo Holocaust

«Oh santo cielo! È inimmaginabile... è orribile... non riusciamo a capire il perché di questa spietata punizione. Probabilmente è legata a qualche oscuro rito sessuale. Ma noi non possiamo accettare gli aspetti primitivi di questa... giustizia»


(prosegue dal precedente [II]: "Cinematografia falso-snuff")

Riprendiamo con la terza ed ultima parte dell'inchiesta sulla leggenda degli snuff movies e sulla cinematografia di genere falso-snuff (da "Mondo Cane" a "Cannibal Holocaust"), interessandoci oggi a come questo tema abbia incrociato le vicende di Massimiliano Frassi e dei sostenitori della sua associazione antipedofilia Prometeo onlus.

Come era facile attendersi, nei suoi scritti allarmistici Frassi ha sempre sostenuto con vigore l'esistenza di film pedo-snuff. Non solo, in diverse occasioni egli ha fornito pure elementi concreti, su presunti prezzi e luoghi di produzione e ritrovamento. Ad es., da un articolo tratto da Famiglia Cristiana:
  • "(...) dimostrano dove possa spingersi la pedofilia "sadica"», afferma Massimiliano Frassi, presidente dell’associazione. «Le nuove frontiere di questa perversione si chiamano snuff-video, filmati in cui i bambini vengono violentati e poi finiscono per essere uccisi. Per una di queste videocassette girate in Romania o in Bosnia, si sono pagati a Bergamo poco tempo fa, anche 40 milioni di lire. Ma c’è anche chi abusa di bambini handicappati o di zingarelli, venduti e comprati, che si trovano presso i locali campi nomadi".
Anche nel trailer di presentazione dell'ultimo libro di Massimiliano Frassi "I predatori di bambini sono intorno a noi", tra i tanti minacciosi messaggi promozionali si sente:
  • "Sapete cos'è uno snuff movie? Può essere pagato anche 100mila euro".
Le cifre propagandate da Frassi sono sempre buttate lì un po' come viene, si tratterebbe già di un aumento di 5 volte rispetto ai 40 milioni di lire della precedente citazione.
Di queste informazioni, come sempre mancano le fonti e qualsiasi possibilità di verifica. Beato chi gli crede, in fondo Frassi non è che uno scrittore, egli non deve sottostare ai doveri deontologici dei ricercatori o dei professionisti di area sanitaria, ed è libero di pubblicare anche per puro spirito di fantasia.

Non è un dettaglio, eppure molti non se ne accorgono e superficialmente danno risonanza alle storie di Frassi anche al di fuori del loro ambito. Così ritroviamo citati i libri dell'abusologo bergamasco perfino in alcuni elaborati accademici, ad es. nella tesi "Il pedosadismo: un silenzioso olocausto?" della dott.ssa Lorena Rota per il master dell'AIPG nel 2004 (lo stesso titolo che l'anno successivo sarà conseguito dalla dott.ssa Claudia D'Onofrio). In una nota a pag. 30, viene citato un estratto delle solite bufale di Frassi, riportate in questa tesi senza alcuna verifica:
  • "Le nuove frontiere di questa perversione si chiamano snuff-video, filmati in cui bambini vengono violentati e poi finiscono per essere uccisi. Il fenomeno, senza voler fare del terrorismo, è in forte aumento. Il primo dato è che l’età media dei bambini vittime di pedofili si è abbassata tantissimo. Oggi seguiamo bambini dai 2 ai 4 anni, mentre solo fino a pochi anni fa l’età era tra i 6 e i 10 anni. La bambina più piccola che ha subito violenza è che è sotto le nostre cure ha soltanto 16 mesi. Questo dimostra che è in atto una corsa feroce, incivile, verso un’età sempre più infantile: nelle perizie che svolgiamo per le Procure su fotografie recuperate su Internet si vedono addirittura bimbi di pochissimi mesi. Quello che notiamo, prosegue Frassi, è che al di là dell’aumento del fenomeno di per sé, c’è un incremento dell’orrore nell’orrore: oggi il pedofilo non si accontenta più solo di abusare un solo bambino, ma cerca emozioni sempre più forti. E in Paesi come la Thailandia, la Romania e parte del Sud America, riesce anche a raggiungere l’uccisione del bambino, che è la sua massima aspirazione".

Una delle fonti di Frassi è certamente il noto e discusso criminologo britannico Ray Wyre, maestro riconosciuto dell'abusologo bergamasco e iscritto al comitato scientifico della sua Prometeo onlus. In un interessante saggio sugli snuff di Ken Harding, si cita un articolo del The Times del 1990 che così riferisce:
  • "In the same Times piece, Dr. Ray Wyre, clinical director of the Gracewell Clinic for convicted paedophiles in Birmingham, England, is quoted as having viewed snuff films firsthand in America. When contacted, however, Wyre indicated that the films he saw were "sophisticated simulations" but insisted that the FBI had a number of snuff films in their possession. He said snuff films were definitely available in England, but that he had never seen one. Detective Mick Hames, head of the Obscene Publications Division at Scotland Yard, responded to Wyre's assertions. "I'd be the first to know if there were any in Britain," says Hames. "But there just aren't. Though I understand snuff films exist in America".


Fondazione Luca Barbareschi

Dal 2006, uno dei più convinti e influenti supporter di Massimiliano Frassi risulta essere l'On. Luca Barbareschi, attore di fama e neoeletto alla Camera dei Deputati nel 2008, nelle file di AN/PdL. Come parlamentare, egli ha già effettuato tre proposte di legge come primo firmatario, tutte in tema di lotta alla pedofilia e tutela minorile.

Già in passato Barbareschi aveva prodotto stralci di informazione su questo tema, i quali risultavano purtroppo infarciti di un gran numero di errori, bufale ed informazioni inattendibili. Ricordiamo ancora un suo articolo comparso su Il Giornale nell'ottobre 2006, in cui si crogiolavano risibili leggende metropolitane (condite dai medesimi preconcetti antimeridionali delle inchieste di Paolo Berizzi):
  • "Se pensiamo che questo avviene addirittura nel traffico degli organi, dove nel Sud dell'Italia figli di famiglie al limite dell'indigenza vengono rapiti e riportati a casa a breve senza un rene o una cornea con la complicità di cliniche private e medici e a volte tristemente anche dei genitori in cambio di qualche soldo";
e si fantasticava sulla gara delle cifre dei vari mercati criminali (dati di gran lunga irrealistici, come dimostrato in una nostra precedente indagine):
  • "Fino a qualche anno fa nella classifica delle attività illegali che generano danaro sporco c'erano al primo posto il traffico d'armi, poi il traffico di stupefacenti, la prostituzione e così via a scendere... Negli ultimi dieci anni, internet a creato una nuova opportunità. Rimane sempre al primo posto il traffico d'armi, per ovvie esigenze di copione come si dice a teatro, e quello scenario difficilmente cambierà, ma balza al secondo posto di questa triste hit parade la pedofilia, seguita da un triste gregario, il traffico di organi e quindi con un leggero distacco le altre attività. Quando parlo di pedofilia intendo foto, filmati, film (i famosi snuff movies dove si assiste in diretta ad una violenza su minore senza montaggi o effetti ma con l'unica perversione di assistere in diretta a qualcosa di realmente accaduto) e tutte queste cose generano la bellezza di 11 miliardi di euro all'anno solo nel nostro Paese. Sì, signori, 22.000 miliardi delle vecchie lire. Una «finanziaria» sulla pelle dei nostri figli, e questi dati riguardano solo l'italia. Questi dati sono stati forniti dalla polizia di Cuneo al termine di una conferenza stampa tenuta con la collaborazione di una coraggiosa organizzazione «Prometeo» che da anni si batte contro questi orrori".
L'intesa tra Barbareschi e la "coraggiosa" Prometeo onlus era dunque solida già nel 2006 e furono forse i famigerati seminari cuneesi, tenuti da Frassi e dal dott. Pastore, a convincere Barbareschi di una dimensione enormemente gonfiata del fenomeno pedopornografico.
L'intesa con Frassi divenne più solida nel tempo, crescendo assieme all'intenzione di Barbareschi di schierarsi in prima persona nel campo della lotta all'abuso pedofilo, di cui egli sostiene essere stato vittima ben due volte, in infanzia ed in preadolescenza (ne parla ampiamente anche nel capitolo-intervista "Dal trauma all'impegno" pubblicato da Ferruccio Pinotti in "Olocausto bianco").

La onlus "Fondazione Luca Barbareschi - Dalla parte dei bambini" venne ufficialmente inaugurata a Milano il 20 aprile 2007, in concomitanza con la presentazione del V Convegno Internazionale "Pedofilia Oggi" dell'Associazione Prometeo a Boario Terme.
Così viene riportata la sua nascita sul sito web di Prometeo:
  • "Luca Barbareschi, durante l’intervista rilasciata ieri sera, domenica 18 marzo, ad Antonello Piroso nel suo “Niente di Personale” su La7 ha annunciato il proprio impegno di difesa dei bambini vittime di molestie sessuali. Il 20 Aprile nascerà infatti la “Fondazione Onlus barbareschi”, fortemente voluta dall’attore (...) “Nella Fondazione, che gestisco assieme all’Associazione Prometeo di Bergamo, io metterò tutte le mie risorse. Voglio che questa sia una battaglia importante".
E così, da un articolo di Merateonline sul convegno di Boario:
  • Durante il convegno è intervenuto Luca Barbareschi che ha presentato la sua Fondazione. “Questa Fondazione non sarebbe nata se non avessi incontrato Massimiliano Frassi e la Prometeo” ha detto un emozionato Barbareschi al folto pubblico presente. “Voglio fare un qualcosa che resti nel tempo e che dia un senso alla mia vita ed al mio passato di bambino abusato”.

All'inizio, la fondazione non aveva una struttura propria e si appoggiò integralmente sulla co-gestione di Prometeo onlus, alla quale Barbareschi ha detto di devolvere parte delle proprie risorse. Non aveva neppure un suo sito e il suo logo compariva sul web solo dalle pagine del sito di Prometeo.
Dal 2008, con l'avvio della campagna elettorale e l'elezione di Barbareschi a deputato, si è moltiplicato il suo impegno in questa direzione (anche dal proprio blog personale e da una pagina su Facebook: "Stop alla pedofilia"). Ogni tanto sui giornali rilascia interviste e non sono mancate le occasioni in cui l'abbia fatta anche un po' fuori dal vasino:
  • "Fino a 4/5 anni fa di pedofilia si parlava poco o quasi niente. Non è un caso che proprio Barbareschi, attore geniale abbia acceso questa "miccia" che ha iniziato a prendere fuoco".
Anche la sua fondazione sembra essersi attrezzata adesso in modo più completo (a cominciare da un proprio sito web ufficiale) e organizza iniziative come la "Giocofesta" milanese.

Quest'anno Luca Barbareschi ha riconfermato la propria stima e sostegno a Frassi nell'intervista rilasciata a Pinotti per "Olocausto Bianco", quando gli viene chiesto un parere sul panorama odierno della lotta alla pedofilia in Italia (pag. 177):
  • «Purtroppo, però, tutte queste associazioni - ne cito una su tante, la "Prometeo", che seguo da tempo perché è molto seria e i miei fondi vanno a essa perché ha uno staff medico, psicologico e di avvocati affidabile e preparato - hanno subito dei boicottaggi a livello istituzionale molto pesanti, perchè la mafia pedofila è trasversale: tocca anche la magistratura, la politica. Esistono veramente delle lobbies pedofile.»
Nella stessa intervista, Barbareschi conferma ancora le proprie credenze sugli snuff movie, laddove sta parlando della nota vicenda dell'arresto nel 1988 di un pedofilo sadico italiano da parte del FBI di New York (pag. 180):
  • «Era il periodo degli snuff movies. C'è tutto un mondo terribile: fanno accoppiare i bambini con gli animali, li uccidono. Poi c'è il traffico di organi, perchè alcuni li usano, li uccidono e poi un rene va da una parte, un'altra parte del corpo dall'altra... Li smontano a pezzi
Tutte cose di cui Barbareschi parla, senza averle mai viste e senza aver mai consultato una fonte attendibile. E per fortuna che, in un passaggio della stessa intervista (pag. 182), l'attore si fa filosofo e raccomanda ai lettori di non confondere l'opinione (doxa) con la verità vera (aletheia), dichiarandosi "spinoziano" e vantando di avere "tirato su le mie figlie col valore della verità".


L'olocausto dell'informazione

Frassi e Barbareschi non sono che due degli infiniti esempi di chi ha fatto disinformazione sul tema, ripropagando per certo il mito indimostrato dell'esistenza degli snuff movie.
Purtroppo, lo stesso hanno fatto anche molti presunti professionisti dell'informazione giornalistica, che alla faccia della deontologia riprendono le loro informazioni, senza pretendere prima alcuna verifica delle fonti. Ad esempio il recente libro-inchiesta di Ferruccio Pinotti, "Olocausto bianco", che è imperniato su parecchio materiale proveniente dalle fonti di Prometeo onlus.

Più che i contenuti del libro, ci colpisce il fatto che esso sembri riprendere da Frassi anche alcuni elementi stilistici, soprattutto l'insistita ricerca del colpo ad effetto. Al ragionamento sulle fonti ed al dibattito, Pinotti preferisce piuttosto rovistare nel torbido ed esibire morbosità, con foga sospetta. Se ne sono accorti al Corriere della Sera, che nel numero del 12 giugno del settimanale "Magazine", recensiscono il libro in 3 righe:
  • "Sarà, ma questo libro antipedofilia ("olocausto bianco", "cancro sociale", "lobby che divora i bambini" - non erano i comunisti?) è più morboso delle morbosità che racconta".
Non ha avuto sorte migliore la già citata inchiesta sulla pedofilia di Paolo Berizzi, che i migliori blog italiani hanno cassato come due pagine "degne di Cronaca Vera" (by Wittgenstein) e come "il solito giochetto del sollevamento della nostra indignazione a suon di aggettivi senza nulla intorno" (by Manteblog).

Più reale del reale, più morboso del morboso: viene spacciato per coraggioso giornalismo d'inchiesta, ma è in fondo la stessa anima stilistica che informa una certa letteratura fantastica (ad es. i finti libri-verità sugli sfuggiti alle sette sataniste, come "Fuggita da Satana", in cui guarda caso si parla anche di film che ritraggono il sacrificio e lo stupro di bambini) e soprattutto i cosiddetti generi "trash" del giornalismo, da Lucignolo (talvolta indistinguibile dalle altre produzioni di Studio Aperto, non ci siamo mica dimenticati lo speciale di Live sugli asili degli orrori, con intervista a Frassi ed ai genitori bresciani da lui seguiti) fino a Cronaca Vera: ti raccontano delle storie di morbosità e di orrore, sparando parolacce e minacce contro quei mostri luridoni che possono fare certe cose, ma con questa scusa intanto te le raccontano, assicurandosi bene che vi sia una dovizia di dettagli morbosi sufficienti a solleticare gli istinti più bassi, sicché anche il lettore moralista possa farsi un viaggio trasgressivo.

Riassumendo, i principali elementi di questo stile informativo:
  • utilizzo di retorica iper-realista, mirata soprattutto all'effetto emozionale, nella pancia delle morbosità, più che ad una riflessione metacognitiva;
  • rincorsa della bizzarria e dell'effetto incredibile, si badi, sfruttati paradossalmente come elementi di maggiore credibilità (più grossa la dico e più il mio pubblico tenderà a pensare che non posso mica essere così matto da inventarmi certe cose), in aperta contraddizione con il postulato di Carl Sagan per cui fenomeni straordinari richiedono sempre prove straordinarie;
  • altri artifici, ad es. il riferimento a paesi esotici (o all'entroterra meridionale), come ulteriore elemento di plausibilità per poter sostenere qualsiasi bizzarria o nefandezza.
Guarda caso, si tratta proprio degli stessi elementi lessicali e stilistici che 30 anni fa furono tipici della cinematografia falso-snuff, ad esempio dei falsi documentari sul "mondo selvaggio" e sui cannibali. Ed oggi li ritroviamo identici, ma applicati a gran parte del giornalismo che si occupa del mondo della pedofilia (e che spesso sostiene l'esistenza degli snuff, quelli veri).

Ma che c'entrano i vecchi film sui cannibali, con le attuali inchieste sui crimini pedofili?
Che cosa hanno in comune i moderni cacciatori di pedofili, con i finti cacciatori di cannibali dei film anni '70?
Moltissimo: lo stile, il lessico, i trucchi del marketing.
Ad es. l'esordiente Raffaele Verzillo ha prodotto e diretto il film Animanera, ispirandosi proprio ai libri di Frassi, e per presentarlo alla stampa ha coniato un nuovo termine per i criminali dell'infanzia violata: "pedofagi".

Dei film antropofagi anni '70, oggi sappiamo per certo che si trattava solo di finzione cinematografica, mescolata a qualche immagine vera, ma sempre manipolata ai fini dell'horror cinematografico. Di loro sappiamo che era solo cinema.
Perchè invece crediamo ai libri dei moderni cacciatori di pedofili?

Alcuni penseranno che è solo una coincidenza e che questi due mondi non hanno molto da spartire. I moderni abusologi neanche li avranno visti quei vecchi filmacci.
Magari non è una malizia di marketing, può darsi anche che Pinotti & co. non facciano altro che dare nuova forma concreta ciò che è già nell'aria.
A proposito di simili archetipi, ci sarebbe pure lo psichiatra Volfango Lusetti (ndr, primario proprio a Tivoli) che sta pubblicando libri su una personale teoria pseudo-junghiana per cui la pedofilia e altre nefandezze andrebbero reinterpretate "in una chiave che ci riporta indietro di decine di migliaia di anni, e che ha a che fare con il cannibalismo".

Forse.

Intanto il libro-inchiesta di Pinotti, sintesi di genere allo stato dell'arte, ha scelto di chiamarsi "Olocausto bianco", con sottotitolo "Pedofilia, nuovo cancro sociale. Lobby potente che divora i bambini".
Olocausto, mangiare bambini... Cannibal Holocaust?


Il Mondo-blog di Frassi

Una conclusione necessaria, al termine di questa lunga carrellata sulla leggenda degli snuff movie: il blog di Massimiliano Frassi, è l'ultima incarnazione di "Mondo Cane" e sintesi attuale dello spirito che fu del genere "Mondo movie".
Il blog di Frassi è un "Mondo-blog" sulla pedofilia.

Così lo descrivevano sul blog Leonardo un anno fa, in un articolo dall'esplicativo titolo "Le petit guignol":
  • "Zero bibliografia, testi urlati in caratteri di scatola, spesso ironici (o, per diretta ammissione "cinici"), e immagini prese di pacca dai film dell'orrore (dracula, zombies, eccetera). Ne risulta un effetto "Cronaca Vera" che stride non poco coi contenuti, eppure… conquista. (...) Forse è una mia idiosincrasia, ma non mi fido di chi mostra foto di bambini picchiati o uccisi. (...) che bisogno c'è di esibire la violenza? Dove finisce il diritto di cronaca e comincia il morboso? (...) se sono adulto, non ho bisogno di assistere a una decapitazione per capire che la decapitazione è una cosa orribile. Frassi, purtroppo (per me), mi suggerisce la stessa sensazione. È chiaro che se parli di violenze sui bambini, non hai bisogno di mostrarmi nulla per farmi inorridire. O non è chiaro? Ad ogni buon conto, qualche volta Frassi preferisce farmi vedere le immagini. Tra un dracula, uno zombie, la magliettina dedicata al suo cane (peraltro simpatica), Frassi mi fa vedere foto di bambini piccoli neri e rossi di lividi. Ne trovate (ma vi sconsiglio di farlo) il 3 giugno e il 26 aprile. La cosa sarebbe già di per sé discutibile: in dieci anni di Internet, queste sono le prime foto di bambini molestati in cui m'imbatto. Ma diventa assolutamente fuorviante dal momento che Frassi non sta parlando dei bambini delle foto, ma di Rignano Flaminio. E i bambini nelle foto non sono senz'altro quelli di Rignano, visto che le perizie non hanno fino a questo momento trovato prove di violenza fisica. Questo, però, gli utenti del blog di Frassi non è detto che lo sappiano. Sul serio. Alcuni sono esperti e si sanno districare nel bailamme mediatico di questi giorni. Altri no: altri si fidano semplicemente dell'esperto. E Frassi in effetti un curriculum di esperto ce l'ha. Ma quando scrive il blog, più che un esperto somiglia davvero a un consumato redattore di nera: uno che da qualche parte del suo pc ha una galleria di foto di bambini picchiati, e freddamente decide ogni tanto di associare qualcuna di queste foto a un caso ancora aperto. Per quale motivo, se non quello di alzare un polverone intorno al lettore? Potrebbe fare una cosa del genere su un giornale – una pubblicazione qualsiasi, Cronaca Vera inclusa? No, non potrebbe. Ma su un blog si può. Nessuno gli può obiettare niente. Non gli è imposto nessun criterio nella scelta e nell'abbinamento delle immagini. Può fare quel che vuole, e lo fa. Ecco un argomento interessante contro i blog, per chi dopo anni non riuscisse più a trovarne".

Gli americani spesso ironizzano sulla mala informazione col motto "Never let the truth get in the way of a good story", ma qui si fa di meglio (o peggio) ancora: la realtà non viene negata, anzi è attivamente esibita, ritoccandola solo quel tanto che basta per piegarla ai propri obiettivi.
Nel blog di Frassi ritroviamo infatti tutti gli elementi stilistici e programmatici del film-documentario di Cavara, Jacopetti e Prosperi (1962), a cominciare dalla sua matrice essenziale, "sfruttare la credibilità del reale per infilare subliminarmente anche immagini e messaggi inauditi e altrimenti incredibili, che a loro volta rendono più morbosamente eccitante l'intero prodotto":
  • abbiamo la suddetta furbizia della mescolanza tra elementi veri (ad esempio le foto di bambini lividi e feriti) ed elementi falsi (il loro accostamento alle ipotesi su Rignano). Un esempio opposto ma altrettanto fuorviante, laddove abbiamo le foto (false) di un bambino legato, ma pretestate al tragico caso (vero) di Johnny Gosh. E ancora le foto di Jill Greenberg, che Frassi copia senza citazione alludendo invece alla sofferenza per abusi sessuali. Qualcuno si è chiesto anche che cosa c'entri con un blog sulla pedofilia la storia dell'assassinio del piccolo Tommy, che Frassi mostra in homepage e cerca di infilare in ogni occasione, ma attenzione che la risposta potrebbe non essere quella scontata;
  • non si lesinano le parolacce, ad es. "FANCULO PEDOFILIA" accostate a cadaveri e labbra insanguinate, oppure volgarità stampate sul volto di una bambina. E poi le trascrizioni delle deposizioni più orrorifiche e degli atti d'accusa, dove ogni parola forte è sottolineata anziché omessa. Il tutto sapientemente mescolato nel cinegiornale di Frassi a foto di teneri cuccioli di gattini e articoli sui caduti delle forze dell'ordine;
  • non si lesina su "orchi", "bestie", "mostri", "predatori" e tutto quel lessico urlato che mira a disumanizzare il pedofilo;
  • abbiamo soprattutto la quotidiana rassegna di notizie vere di presunta pedofilia (che sono quelle che Frassi copia dalle agenzie di stampa), maliziosamente intercalate a tante lettere anonime di presunte vittime (tutte scritte in modo simile) e ad altre notizie impossibili ed esageratissime (cfr. le "scuole di preparazione delle vittime per pedofili"), in modo che le prime diano credibilità alle seconde e le seconde diano più carica all'eccitante minestrone;
  • abbiamo le notizie di violenza di altro genere, che però vengono alluse alla pedofilia anche quando non c'entrano nulla, talvolta mediante manipolazioni giornalistiche al limite del falso (ad es. la recente bufala della donna pedofila, che in realtà aveva concupito un ragazzo di 20 anni);
  • per completare il quadretto Mondo cane, non poteva mancare infine il cane, che tiene saltuariamente una rubrica umoristica sul blog, il Flipper-Show, "spazio autogestito" con fumetti, magliette e ironia rivolti direttamente ai bambini. Una scelta molto opinabile per un blog che tratta certi argomenti e che in homepage incoerentemente recita l'avvertenza "il blog è rivolto ad un pubblico adulto" (anche l'amico Barbareschi per parlare ai milanesi dei rischi della pedofilia ha scelto di organizzare una Giocofesta per bambini). Il cane di Frassi fu usato anche in momento difficile, il 13/12/2007, pochi minuti dopo che le agenzie di stampa batterono la notizia che la perizia dei RIS non aveva rintracciato alcuna prova biologica sui reperti di Rignano, l'abusologo sostituì la propria foto nel profilo Splinder con quella di Flipper e si mise a parlare con la sua voce.
Non sappiamo se davvero Massimiliano Frassi abbia studiato attentamente la lezione di Mondo Cane e di tutti i suoi sequel splatter-documentari (egli ha affermato di avere tratto la prima ispirazione per la propria attività di anti-pedofilo da due libri di Claudio Camarca).
Certamente Frassi la applica con abilità.
Tanti comunque lo seguono e per il gusto delle emozioni intense, si sforzano di credergli incondizionatamente; abbiamo visto che essi sono parenti stretti di coloro che a cavallo tra gli anni Settanta ed Ottanta manifestavano contro i finti snuff nel cinema, a cominciare dalle medesime procure che nel 1980 inquisirono Deodato.

Soprattutto, non si dimentichi che Frassi non si limita a riportare notizie e raccontare storie, ma attraverso la sua associazione Prometeo scende in campo, "tocca con mano" i bambini presunti abusati, fomenta le loro famiglie nei "gruppi di auto-aiuto per genitori di figli abusati", gli manda a casa le assistenti domiciliari, invia i testimoni minori alle psicologhe di fiducia nel suo "centro d'ascolto" per la "preparazione del bambino al colloquio e alle udienze in tribunale" e poi li accompagna personalmente fino in Tribunale, fermandosi fuori dall'aula in attesa che essi svolgano il loro compito. E quei bambini talvolta iniziano a raccontare nuove storie dell'orrore pedosatanista, che poi finiranno dritte sul blog di Frassi o nei suoi libri.
I cinedocumentari Mondo movie hanno insegnato che il reality show richiede anche molta preparazione.


Wanted

Contro Frassi e tutti i cannibali della vera informazione sulla pedofilia, invochiamo oggi il ritorno di un nuovo "Cannibal Holocaust", l'opera che nel 1980 espose al mondo la perversione del genere Mondo movie, demolendo l'aberrante moda della falsa informazione sugli orrori del mondo selvaggio:
  • "costituisce una precisa riflessione sulla prassi dei mondo movies, una pietra tombale e una satira del genere" (dal dizionario Mereghetti);
  • "è anche ed evidentemente un apologo spietato contro il sensazionalismo dei media, contro la loro ossessiva invadenza, contro il loro costruire artifici per farne (falsi) documenti per le masse" (da Lankelot.eu);
  • "è solo un’esplicita denuncia al mestiere di giornalista così come viene concepito nell’epoca moderna" (da una intervista allo stesso Deodato).

Almeno i falsi film sui cannibali amazzonici non facevano danni materiali, mentre noi oggi dobbiamo sopportare non solo la stupidità di certe idee sulle presunte epidemie pedofile e relative lobbies, ma soprattutto subire i danni gravi che questo allarmismo procura al popolo ed alla democrazia.
Tutto ciò grazie ai benintenzionati e benpensanti portatori d'acqua (il ministro Carfagna rischia di diventare la prossima) che traghettano certi libri nelle stanze dei bottoni, senza filtro, per farne ingrediente di leggi, sentenze, allarme sociale.
E' questo l'aspetto che delude maggiormente: non gli artifici di uno scrittore come Frassi, quanto il codazzo che lo sostiene sempre, con tanta ingenuità e leggerezza da risultare sospetta.

Ma ci sono o ci fanno?

E delude ancor più che alle verità ritoccate del Mondo-blog di Frassi, "più vere del reale", possano accodarsi anche persone di grande cultura cinematografica come Luca Barbareschi, come se egli nulla sapesse dei trabocchetti del freak-show, forse ignaro della grande lezione anti-bufala di Cannibal Holocaust.
Il film di Deodato metteva in scena l'infamia di quei filmmakers che prima creavano la falsa notizia, senza scrupolo di procurare essi stessi violenza e atrocità, attribuendone poi con l'inganno le colpe ai presunti selvaggi, per poterne così riprendere la massima sofferenza in un reportage benpensante.
Nella pellicola, alla scena del rinvenimento della donna impalata sulla spiaggia, il capo dei quattro diabolici documentaristi amazzonici pronunciava con enfasi questa frase:
  • «Oh santo cielo! È inimmaginabile... è orribile... non riusciamo a capire il perché di questa spietata punizione. Probabilmente è legata a qualche oscuro rito sessuale. Ma noi non possiamo accettare gli aspetti primitivi di questa... giustizia
Una frase che sembra uscire dalle pagine del blog di Frassi.
Eppure lo spettatore aveva visto che erano stati proprio quei quattro cameramen a stuprare, uccidere ed impalare la donna, mossi dalla brama di poter girare una indimenticabile scena di "orrore selvaggio", da spacciare per genuina nel proprio documentario. Prima di pronunciare quella frase, all'esploratore scappa infatti un sorriso soddisfatto di fronte al cadavere e si ricompone in un ipocrita sguardo sdegnato solo quando viene richiamato dall'amico:
  • «Attento Alan, stiamo girando!»
E' strabiliante il potenziale simbolico e visionario che nel 1979 Deodato profuse in questa sequenza, che stigmatizza la falsità e la perversione di chi violentando sorride e intanto mente su ritualità sessuale e giustizia.

Una previsione drammaticamente azzeccata.
Conosciamo la storia successiva, cambiarono solo i personaggi e, al posto dei cannibali, sotto l'obiettivo dei mitomani arrivarono i pedofili satanisti: nel 1980 esce il libro "Michelle Remembers", la bugia che innesca l'isteria del satanic ritual abuse (SRA), il caso McMartin e tutti gli altri falsi abusi collettivi o basati sulle memorie recuperate; poi l'isteria SRA passa l'oceano e giunge in Europa con Ray Wyre (maestro di Frassi) e con David Finkelhor in Australia; in Francia ci sarà la "Waterloo della giustizia" ad Outreau; in Italia l'abbaglio dei satanisti pedofili in Emilia e le fandonie sulle lobby pedofile della procura di Torre Annunziata; fino alla storia più recente di Brescia, Rignano Flaminio e le altre insensate cacce alle streghe tra gli insegnanti d'asilo, di cui è stato protagonista anche l'intervento di Prometeo onlus e dello scrittore Massimiliano Frassi.
L'ultimo tassello di questa storia, vede il suo partner Luca Barbareschi approdare nel 2008 al Parlamento italiano e, con la testa piena delle false cifre e delle leggende metropolitane che Frassi gli ha raccontato, iniziare a legiferare sulla pedofilia.

Cannibal Holocaust si apriva con una pomposa apologia dei tempi moderni, letta da un giornalista in una telecamera:
  • «Durante questo nostro ventesimo secolo, la civiltà ha fatto più passi avanti che in tutti i millenni precedenti. Oggi il mondo nuovo degli scrittori avveniristici, bussa già alle porte. Eppure, non dobbiamo dimenticare che sulla terra esistono ancora i selvaggi. Uomini il cui livello sociale non è andato al di là dell'età della pietra. Esseri il cui livello morale è rimasto all'istinto della jungla. Primitivi, che vivono in un mondo ostile e spietato dove vige ancora la legge del più forte.»
E intanto che venivano enunciate le caratteristiche dei "selvaggi", la telecamera di Deodato sarcasticamente inquadrava scene di strada di New York, metropoli della modernità.
Se il geniale regista fosse rimasto in linea con lo spirito dei tempi, anzichè riproporre per il 2009 un nuovo film sui cannibali, potrebbe oggi esplorare le vicende dei cacciatori di pedofili: "I'm a pedo-hunter".

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A differenza di quanto fece Deodato nel 1979, oggi Luca Barbareschi sembra invece schierato dalla parte dei nuovi esploratori nelle terre selvagge dell'orrore; la sua fondazione antipedofilia nasce partner proprio di quegli ipocriti "scrittori avveniristici" come Frassi e Pinotti, che si vogliono far credere tanto più coraggiosi quanto più forte urlano indignati il proprio allarmismo "dalla parte dei bambini".
Egli ha scelto di stare con i cacciatori di orchi a tutti i costi; quelli che abbattono gli asili (dal McMartin all'Olga Rovere di Rignano) come fossero le capanne bruciate agli indios amazzonici di Deodato; quelli che non si fanno scrupolo di diffondere anche notizie dubbie o false di pedofilia nei confronti di padri, educatori, bidelli, suore e preti, per esaltarsi poi di fronte all'opinione pubblica, nel raccontare la cronaca dell'agonia giudiziaria (e talvolta della morte) di quegli stessi innocenti. Traendone fama e guadagno.

Prima di concludere, torniamo ancora un attimo in cima all'articolo, per dare un'occhiata più da vicino alla locandina di Cannibal Holocaust e osserviamo il sadico cameraman che sta riprendendo la donna che ha impalato, col volto coperto dalla sua stessa macchina da presa.
Ci resta infatti ancora da dire chi furono, nel 1979, i due attori italiani esordienti che Ruggero Deodato scelse all'Actors Studio per interpretare il ruolo dei diabolici filmmakers amazzonici, e poi nascondersi fingendo di esser morti per davvero, complici degli straordinari artifici meta-teatrali che ingannarono mezzo mondo, giudici italiani compresi, regalando enormi incassi al capolavoro dei finti snuff: Francesca Ciardi e Luca Barbareschi, al suo primo lungometraggio.

«Attento Luca, stiamo girando!»

Ugo



Luca Barbareschi ne "Il Grande Bluff"
(Canale 5, 1996)

venerdì 5 settembre 2008

Snuff [II]: cinematografia "falso-snuff"


(continua dal precedente: "Verità o leggenda?")

Prosegue l'inchiesta sul fenomeno degli "snuff movie". Ripartiamo oggi dal saggio "Snuff & Mondo movies", di Luigi de Angelis (1999), che si riprende una arguta osservazione di Roberto Pugliese, per cui l'essenza del concetto di un vero snuff movie si debba basare su tre distinti livelli di "consapevolezza", di cui solo il terzo è variabile:
  1. "il primo riguarda i realizzatori e distributori del film: siamo davanti ad una vera e propria anonima assassini. Essi sanno cosa stanno facendo, per chi lo stanno facendo, sono pronti ad uccidere deliberatamente e consapevolmente. Se il denaro è lo scopo delle loro azioni, non bisogna trascurare il grado psicotico di perversa malvagità criminale che li porta a compiere simili nefandezze traendone evidente soddisfazione";
  2. "il secondo grado è quello delle vittime: gli attori destinati al massacro NON sanno che cosa li attende. L'elemento di sorpresa, l'orrore dipinto sul volto dei poveretti quando, improvvisamente, si rendono conto di essere in trappola e destinati al macello, è una delle cose che il perverso amante di snuff ricerca con più maniacale ossessione";
  3. "la terza posizione, passibile di cambiamenti, è quella dello spettatore. Chi assiste ad uno snuff, può sapere che il film si concluderà con un omicidio, oppure può solo sospettarlo o ignorarlo del tutto, credendo di aver assistito ad uno splatter particolarmente realistico".
Questa terza ed ultima prospettiva assume rilevanza cardinale, si solleva la questione per cui possa essere essenziale non tanto la morte vera dell'attore, quanto la prospettiva soggettiva dello spettatore e ciò che egli crede sia successo all'attore.
Gli snuff movie, come prodotto estremo, diventano dunque una frontiera in cui i confini tra verità e finzione non sempre sono riconoscibili.

Se nella prima parte dell'inchiesta abbiamo visto che non sono mai state trovate prove dell'esistenza di un mercato di veri snuff movie, in questo secondo articolo ci occuperemo di un genere filmico che solo apparentemente sembra essere "snuff", ma in cui le morti sono simulate in accordo con gli attori: finti snuff movie.
Così come i falsi abusi non hanno nulla a che fare con la pedofilia (se non nell'allarmismo di chi cerca di trarne fama e guadagno), anche i falsi snuff non prevedono lo stupro e la morte. Si tratta infatti di rappresentazioni di fiction che violano magari il buon gusto, ma non la legge, e che hanno addirittura fatto un pezzo di storia della cinematografia (quella cosiddetta di "exploitation").


Cinematografia "falso-snuff":
a) i precursori Mondo movie

Forse non tutti sanno che questo fenomeno è in buona parte vanto del nostro cinema nazionale, il precursore del genere viene infatti riconosciuto nel film-documentario "Mondo cane" (di Cavara, Jacopetti e Prosperi; 1962). Una specie di cinegiornale commentato da una voce narrante, che ottenne un inimmaginabile successo di pubblico; un collage di immagini shock, volte a impressionare lo spettatore mostrando usi e costumi insoliti delle etnie di tutto il mondo, stravaganti, grotteschi e soprattutto raccapriccianti: crudeltà su animali, riti religiosi bizzarri e anche con mutilazioni, asportazioni di organi genitali, lotte fra cani, cure medicinali alternative con l'uso di sangue e interiora animali, fucilazioni:
  • "Tutte le scene che vedrete in questo film sono vere e sempre riprese dal vero. Se spesso saranno scene amare è perché molte cose sono amare su questa terra. D'altronde il dovere del cronista non è quello di addolcire la verità ma di riferirla obbiettivamente".
E' una bugia, il regista scelse di manipolare e ricostruire molte delle scene, che restano mescolate a quelle veritiere e documentaristiche. Una furbizia che garantì certamente il grande successo a questo bizzarro prodotto e ne fece una nuova icona.
"Mondo cane" portò a galla una gran voglia di morbosità e di freak show, condita dalla curiosità per terre lontane e selvagge, viste attraverso la lente del pregiudizio verso i popoli diversi. Esso diede il via ad un vero e proprio genere, soprannominato "Mondo movie" o "shock-u-mentary", in cui la cinematografia toccò vette prima inimmaginabili di laidità e perversione visiva. Da citare:
  • "Ultime grida dalla savana", del 1975 e narrato dalla voce di Alberto Moravia, un film che l'anno sucessivo contese in alcune nazioni il primato degli incassi a "Lo squalo" di Spielberg, del quale viene spesso ricordata la ripresa della scena del turista sbranato in Namibia da un leone (sulla cui veridicità o meno non è mai stata fatta piena luce);
  • e soprattutto l'efferatezza di "Le facce della morte" ("Faces of death", di John Alan Schwartz; 1978), una morbosa collezione di immagini di morte (esecuzioni, incidenti, stragi di guerra ecc.), che alla sua uscita venne bannato in ben 46 nazioni. Anche in questo caso si tratta di mescolanza tra riprese di fatti veri e scene interamente costruite grazie al talento di Prosperi, creatore di effetti speciali che lavorò anche per i film di Mario Bava, capace di creare in alcune scene "un alone di veridicità: vengono usati litri di sangue di maiale e (forse la cosa più disgustosa e inammissibile) un vero cadavere in evidente stato di decomposizione a sostituire l'attore negli ultimi fotogrammi". E fu di nuovo grande successo: si stimano 35 milioni di dollari di incassi nelle sale, "in Giappone ha conteso per lunghissimo tempo alla sua uscita il primato negli incassi a film come Guerre Stellari".
Il genere mondo movie non va confuso con i veri snuff movie, in quanto le morti rappresentate, pur reali, vengono riprese e presentate come naturali, casuali o comunque indipendenti dalla volontà del regista. Dei tre livelli di consapevolezza inizialmente descritti per il vero snuff, quello che qui manca è il primo, ovvero la volontarietà dei produttori nel determinare una morte umana per ragioni di copione.

Si badi anche alla sottile distinzione tra questi prodotti e alcuni moderni programmi televisivi della famiglia "Real TV" (a loro volta da non confondersi con i reality show), che pure mostrano videoriprese reali di fatti macabri, ma senza giocare ad ingannare il pubblico accostando alle scene vere anche delle ricostruzioni non dichiarate (ad es. in Faces of Death, ad una reale videoregistrazione amatoriale del suicidio per defenestrazione di una donna, Schwartz aggiunse anche le finzionali riprese dei pompieri che corrono su per le scale e di una attrice morta sul selciato).
La sapiente mescolanza tra riprese vere e false è dunque la caratteristica fondamentale del genere "Mondo" e quella che garantì il successo ad alcuni progetti, un cinico trucco di prestigio cinematografico che diventava vera e propria operazione mediatica: sfruttare la credibilità del reale per infilare subliminarmente anche immagini e messaggi inauditi e altrimenti incredibili, che a loro volta rendono più morbosamente eccitante l'intero prodotto.
Una furbizia che successivamente ritroveremo sfruttato in ogni clone di Mondo cane ed in alcuni finti snuff, ma anche nell'editoria cartacea (basti pensare a pubblicazioni come "Cronaca Vera"), fin nei moderni reality show televisivi e, come vedremo, adesso pure nei blog sul web.
E' questa la matrice "Mondo" che vogliamo mettere in evidenza: più vero del reale.

Alcuni Mondo movie in realtà si erano già spinti oltre il documentarismo ritoccato e la componente finzionale si era allargata fino ad accostare alle riprese di morti reali, anche videoriprese di vicende macabre integralmente inventate e ricostruite. In questo, essi furono precursori e primi esempi del successivo genere "falso-snuff", che abbandonò del tutto lo spirito documentaristico in favore della pura fiction porno-macabra.


Cinematografia "falso-snuff":
b) i finti snuff movie (propriamente detti)

Il capostipite dei veri e propri (finti) film snuff, fu quello che impose anche il termine: "Snuff", del 1976. Un normale lungometraggio horror finzionale e non documentaristico, nel finale del quale però si simulava anche una vera uccisione, rappresentando la vicenda di una attrice argentina, chiamata per girare una scena d'amore, che improvvisamente si trasforma in tutt'altro, allorché ella viene seviziata dal regista stesso e tagliata letteralmente a pezzi mentre è ancora viva (qui una sinopsi in inglese del film e alcuni screenshot).
In questo genere, dei tre livelli di consapevolezza inizialmente descritti per lo snuff, quello che manca è il secondo, ovvero la partecipazione genuina dell'attore al dramma della propria morte, che è del tutto falsa e recitata. Può bastare per titillare comunque la consapevolezza del pubblico?

Il capostipite "Snuff" predisponeva gli spettatori alla credulità già dalla locandina, in cui si leggeva un sottotitolo allusivo (degno delle indagini giornalistiche di Berizzi): "The film that could only be made in South America... where Life is CHEAP!". Inoltre fu girato con una serie di voluti accorgimenti per dare il senso di opera non-costruita, a cominciare da un improvviso passaggio ad una ripresa in stile "behind the set", in cui la presunta troupe diventa essa stessa oggetto della ripresa; oppure quando al termine del massacro, la pellicola si interrompe bruscamente e per ultimo si sente la voce del cameraman lagnarsi di aver finito la pellicola.
Il film era stato girato in realtà già nel 1971 dai coniugi Findlay, col titolo "Slaughter", come low-budget splatter ispirato al massacro di Bel Air, ma non trovò mai sbocco distibutivo finché il produttore Allan Shackleton (all'insaputa dei registi originali e guadagnandosi così il ruolo di vero padre del fenomeno) non decise di girare e aggiungere la nuova scena finale della presunta morte dell'attrice e ripubblicò il film.
Prima della sua uscita, Shackleton fece già circolare falsi ritagli di giornale in cui si parlava della crociata contro il film da parte di un avvocato in pensione (mai esistito). Al momento dell'uscita della pellicola nelle sale, il produttore arrivò perfino ad assoldare dei finti contestatori che simulassero scandalizzati picchettaggi di fronte alle sale cinematografiche in cui era proiettato (per un documentato resoconto della vicenda dietro Snuff, si veda un articolo comparso su Skeptical Enquirer del 1999).

I finti snuff non sono dunque altro che dei film splatter, ove la caratteristica saliente non risiede nel prodotto cinematografico stesso, quanto nel suo marketing, che assurge ad elemento metateatrale essenziale, laddove cerca di far credere al pubblico che si tratti di una registrazione di una vera morte, per creare scalpore e moltiplicare i guadagni.
Gli snuff diventano un prodotto di frontiera tra realtà e finzione, perchè attorno ad essi si crea un interesse attivo da parte di molti, nel confondere le acque e ampliare i confini della credulità popolare con ogni mezzo: se certe leggende metropolitane si diffondono tanto facilmente, non è solo per un effetto sociologico spontaneo (siamo convinti che ciò valga anche per altre bufale, come ad es. i falsi satanic ritual abuse e per chi le diffonde troppo attivamente).

Ai fini del marketing è utile il realismo degli effetti visivi, il prodotto dovrà essere tale da ingannare l'occhio del pubblico (in "Snuff" in realtà non erano granché credibili), ma più che l'arte visuale si riveleranno fondamentali i trucchi meta-teatrali mirati a fornire al pubblico finte garanzie di credibilità ed ottenere l'effetto di suspension of disbelief.
  • [Nota: negli anni immediatamente successivi (1978-1984?) lo stesso tipo di strategia di inganno del pubblico fu sfruttato ad arte dal genio della commedia Andy Kaufman per esplorare nuove frontiere nel campo della comicità, non per nulla la risata è una reazione naturale che condivide parecchio con i meccanismi dell'orrore.]
Nel 1976 il trucco funzionò alla grande, buona parte del grande pubblico aveva incredibilmente preso per un fatto vero l'uccisione finale in Snuff, un filmaccio che altrimenti sarebbe stato destinato al cestino o ai circuiti di terz'ordine, e che invece divenne un fenomeno commerciale.

Il trucco funzionò così bene, che alcuni presero fin troppo seriamente la faccenda e reagirono con veementi proteste alla sua diffusione. I finti picchettaggi organizzati da Shackleton vennero presto rimpiazzati da genuine manifestazioni di fronte ai cinema e altre azioni di boicottaggio (che in realtà non facevano altro che alimentare ancor più il mito attorno alla pellicola ed il suo successo).
Si segnalano in particolare le reazioni dell'ambiente del femminismo militante, nella cui storia l'uscita di Snuff rappresenta una pietra miliare: ad esempio la più nota associazione "Women against Pornography", prese forma proprio nell'autunno 1976 durante i picchettaggi contro l'infame pellicola, che furono guidati a New York dalla scrittrice Andrea Dworkin. Una associazione ed una autrice che rappresentano il culmine di quella ideologia femminista che postula e combatte l'associazione tra stupro e pornografia (assieme all'avvocato Catharine MacKinnon ed alla sociologa Diana E.H. Russell, vecchia conoscenza del nostro blog in quanto una delle madrine del fenomeno S.R.A. e dell'isteria dei falsi abusi collettivi). "A parere delle femministe newyorkesi, per non citare che una sola delle tante voci interessate a creare confusione, che in Snuff l’assassinio fosse vero o simulato non faceva differenza: contava unicamente la violenza sessuale presentata come intrattenimento sessuale" (fonte); ciononostante, queste autrici sono tra coloro che nei propri scritti hanno spesso sostenuto l'esistenza di veri snuff movie.

Se è vero che il femminismo militante è una delle matrici da cui emerse il moderno associazionismo anti-pedofilia (in Italia soprattutto quello raccolto attorno al CISMAI), esso sembra averne ereditato un eccesso di credulità ed il desiderio di protesta verso crimini sessuali ancora indimostrati. L'eco di coloro che nel 1976 abboccarono all'amo di Shackleton, si propaga forte ancora oggi e il mito degli snuff movie resiste ad ogni tentativo di debunking.

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Nella storia dei tantissimi finti film snuff arrivati sul grande schermo dopo il 1976, ci limitiamo a citare la serie giapponese dei "Guinea Pig" negli anni '80, molto efferati nell'aspetto macabro senza neppure indugiare molto nella rappresentazione pornografica, ma toccando in alcuni casi la vetta del realismo cinematografico del genere. Nel secondo di essi ("Flower of flesh and blood"), un samurai macella delle ragazze con un realismo visivo tale che, dopo averne vista una copia, l'attore Charlie Sheen denunciò il film e smosse perfino l'FBI, pensando che ritraesse una vera uccisione. Le autorità statunitensi dovettero attendere una risposta ufficiale dal Giappone, dove si stava già indagando sul film e il regista fu costretto a dimostrare la propria innocenza.

Sono da menzionare anche alcuni film della cinematografia mainstream, che non si propongono come snuff movie, ma che hanno usato lo snuff come argomento.
Il primo fu "Hardcore" del 1979, un thriller la cui trama è basata sul tema dell'esistenza di simili prodotti e di organizzazioni criminali dietro la loro realizzazione e commercializzazione (un plot ripreso da diversi altri film in seguito, tra cui il noto "8mm" del 1999). Nonostante fosse un prodotto di pura e dichiarata fiction, Hardcore trovò terreno fertile nei timori popolari e anch'esso contribuì a rinforzare le fondamenta della credulità di questa leggenda.


Cinematografia "falso-snuff":
c) Cannibal Holocaust e la sintesi dei generi

Eccoci alla terza ed ultima evoluzione di questa discutibile categoria cinematografica e, anche in questo caso, siamo di fronte ad un "vanto" della cinematografia italiana, che trovò la sua massima espressione nell'inarrivabile "Cannibal Holocaust", del regista Ruggero Deodato (1980):
  • "In 1979, four documentary filmmakers disappeared in the jungles of South America while shooting a film about cannibalism... Six months later, their footage was found";
  • "Can a movie go too far?"
Il film ha anche un sito ufficiale (attenzione: immagini forti). La trama deriva da una sceneggiatura di Gianfranco Clerici ed è basata su una geniale struttura di cinéma vérité, ovvero l'intreccio tra due storie che si svolgono su due piani distinti, l'una dentro l'altra, e sono girate con stili diversi:
  • la prima è la vicenda del professor Harold Monroe, che viene informato della sparizione di una spedizione di documentaristi in Amazzonia e parte alla loro ricerca assieme ad una guida e due indigeni. Dopo varie vicissitudini e inquietanti segni di passate violenze (un guscio di tartaruga, un villaggio bruciato ecc.), egli rinviene solo gli scheletri degli esploratori e le loro pellicole, che visionerà una volta tornato a New York, scoprendo l'orrore che essi hanno affrontato. Questa parte del film è girata in 35 mm, con i normali mezzi e lo stile di un qualsiasi lungometraggio di fiction;
  • l'altra (detta "The Green Inferno") rappresenta proprio la vicenda del gruppo scomparso dei quattro "filmmakers" esploratori, che si erano recati assieme ad una guida nella giungla amazzonica per girare un documentario sulle tribù cannibali e fanno una brutta fine. Questa parte è girata tutta in soggettiva, come se gli esploratori si fossero davvero ripresi l'un l'altro a turno, con camera a mano e audio in presa diretta, in stile documentaristico e con gli stessi mezzi limitati che quei protagonisti avrebbero avuto (16 mm e pellicola graffiata).
La parte sulla spedizione di ricerca del prof. Monroe contiene diverse scene scabrose, uccisioni atroci, anche uno stupro, ma l'effetto è mitigato dallo stile filmico del tutto tradizionale; invece sconvolgono soprattutto le presunte quattro pellicole girate in Amazzonia dagli esploratori, per il modo iperrealista in cui vengono rappresentate continue atrocità, i cui diabolici responsabili sono spesso gli stessi esploratori: amputazioni, lapidazioni, uccisioni col fuoco o con efferata violenza, ostentazione di animali disgustosi o di bestie sadicamente massacrate (una tartaruga sventrata, una scimmia mangiata, un maialino preso a calci e fucilate), ma anche scene scabrose di vita primitiva e scene sessuali piuttosto esplicite, fino alle riprese finali dell'uccisione degli stessi filmmakers per mano degli indios. L'ultima pellicola si esaurisce sull'immagine del volto insanguinato dell'ultimo di essi, ripreso esanime dalla sua stessa camera caduta al suolo.
In Cannibal Holocaust, il pubblico assiste a queste scene solo nel secondo tempo e "assieme" al prof. Monroe, quando costui visiona le pellicole recuperate dall'Amazzonia. Un riuscito artificio metateatrale che amplificava ad arte le differenze tra i due stili registici, inducendo il pubblico a riconoscere per finzione cinematografica solo la vicenda di contorno (quella della missione di recupero del prof. Monroe), ma per differenza attribuendo più realistica credibilità al contenuto dei drammatici filmati finto-documentaristici. Moltissimi spettatori credettero che quelle scene potessero essere realmente avvenute, compresa la morte dei filmmakers ed il ritrovamento postumo delle loro pellicole.
  • [Nota: lo stesso plot, con il ritrovamento di una videocassetta contenente riprese di esperienze sconvolgenti, è stato ripreso con enorme successo anche nella creazione dell'horror "The blair witch project", che ha goduto di un marketing virale e "multimediale" altrettanto furbo.]
Cannibal Holocaust creò un nuovo sottogenere, sintetizzando mirabilmente l'essenza dei precedenti generi falso-snuff:
  • è certamente un finto-snuff, in quanto rappresenta morti umane cercando intanto di ingannare il pubblico sulla possibilità che non si tratti di normale finzione scenica. Il plot che si sviluppa su un doppio piano estende l'intuizione già presente in "Snuff", laddove la ripresa passava improvvisamente ad inquadrare la troupe in un finto "behind the set". Nelle pellicole del "Green Inferno", il prof. Monroe scoprirà inoltre che la vera intenzione dei quattro esploratori non era quella di girare un normale documentario, bensì di produrre intenzionalmente violenza e morte davanti all'occhio della telecamera, per creare una atroce opera di cine-verità artefatta. Cannibal Holocaust è dunque uno snuff sugli snuff, in cui a morire non è più solo l'attrice indigena, ma stavolta anche la diabolica troupe: una scatola cinese di piani di finzione filmica racchiusi l'uno dentro l'altro, se non credi ad uno di essi, saranno gli altri a convincerti che gli snuff esistono e che forse ne stai guardando uno;
  • dai precedenti finti-snuff, Deodato riprese anche la ricerca di un marketing metateatrale. Da Wikipedia: "per rendere il film ancora più realistico, il contratto prevedeva che gli attori che impersonavano i fotoreporter dispersi sparissero dalla circolazione, soprattutto dalla televisione e dal cinema, per un anno. Deodato ha dichiarato: «L'operazione Cannibal Holocaust doveva essere fatta con attori credibili. Dovevamo presentare il fatto come fosse una cosa vera. Avevamo bisogno di quattro persone che potevano poi sparire per due anni, perché erano morti e quindi nessuno doveva sapere niente di loro. Dovevamo fare un falso snuff»"; inoltre "al termine del film, prima dei titoli di coda, appare una scritta enigmatica: «Il proiezionista Billy K. Kirov è stato condannato a due mesi di reclusione con la condizionale e al pagamento di una multa di 10.000 dollari per sottrazione di materiale cinematografico. Noi sappiamo che per quel materiale ne ha ricevuti 250.000». In realtà l'episodio era stato inventato dal regista, per accrescere la sensazione di realismo del film";
  • al tempo stesso esso recupera tutta la lezione dei precedenti Mondo movie ("più vero del reale"), tornando a mescolare grandi quantità di riprese crude e genuine del reale alle finte scene macabre. Da Wikipedia: "I filmati di cannibalismo e fucilazioni che si vedono all'inizio del film sono in parte vere (si tratta di esecuzioni avvenute in un paese africano), in parte create con effetti speciali", in pieno stile Mondo. Inoltre le uccisioni degli animali furono riprese senza artifici, realmente eseguite dagli attori nella loro cruenza intollerabile. Da spietati.it: "vedere “la morte al lavoro” (anche se “solo” animale) infonde un malessere che infetta tutto il resto della pellicola conferendole un’appropriata aura snuff". Una cornice durissima e tanto vera da risultare indiscutibile per il senso critico del pubblico, che serve a preparare gli spettatori al peggio e condizionarne la mente ad accettare per vero ogni orrore che li attende nel "Green Inferno", comprese le morti degli indios e degli attori occidentali: sfruttare la credibilità del reale per infilare subliminarmente anche l'incredibile e rendere più morbosamente eccitante l'intero prodotto (si badi tuttavia che per Deodato lo spunto dei Mondo movie non serve tanto ad emulare, quanto a criticare la falsità della prassi documentaristica lanciata da Prospero e Jacopetti, ci ritorneremo tra breve).

A tutto ciò si aggiunga l'elevato realismo degli effetti speciali (restò famosa l'immagine della ragazza impalata sulla spiaggia, capace di ingannare il senso critico di molti) e l'abilità di Deodato, un cineasta di grande qualità che seppe interpretare al meglio questa sfida registica, utilizzando inoltre come attori per le riprese in Colombia una vera tribù di indios cannibali (i quali si dimostrarono molto gentili e disponibili con la troupe).
Su tali premesse, non stupisce che il successo commerciale di Cannibal Holocaust abbia fatto impallidire anche le straordinarie performance dei precedenti falsi snuff. Da Wikipedia:
  • "in Italia non ottenne il successo sperato, anche a causa delle traversie giudiziarie che ne impedirono l'immediata uscita nelle sale. In totale incassò 360 milioni di lire. Ottenne invece un ottimo riscontro commerciale all'estero: complessivamente incassò 200 milioni di dollari, di cui 21 milioni solo a Tokyo. In Giappone dopo E.T. l'Extra-Terrestre di Steven Spielberg è il film che ha registrato in assoluto più incassi al botteghino".

Al di là dell'interesse o dello scandalo per gli aspetti visivi scabrosi, la pellicola offre diversi validi piani di lettura e raccolse anche voci di convinto apprezzamento artistico, che si sono moltiplicate negli anni a venire. Si legga ad es. una recensione di Gordiano Lupi (autore di "Cannibal!", un libro sul cinema di Deodato), che ne parla come di un'opera di culto, "un film disperato e lirico", soprattutto per l'elemento di denuncia antropologica contro la nostra società moderna e presunta civilizzata. Il prof. Monroe conclude infatti la storia con la morale: "Selvaggi? Mi sa che i veri selvaggi siamo noi".
Cannibal Holocaust è inoltre una spietata critica della falsità degli stessi generi cinematografici da cui deriva, che vengono denunciati, superati e sostanzialmente demoliti:
  • "costituisce una precisa riflessione sulla prassi dei mondo movies, una pietra tombale e una satira del genere" (dal dizionario Mereghetti);
  • "Cannibal Holocaust è anche ed evidentemente un apologo spietato contro il sensazionalismo dei media, contro la loro ossessiva invadenza, contro il loro costruire artifici per farne (falsi) documenti per le masse" (da Lankelot.eu). Lo stesso Deodato in una intervista: "Cannibal Holocaust è solo un’esplicita denuncia al mestiere di giornalista così come viene concepito nell’epoca moderna". Peccato solo che alcuni giornalisti come Paolo Berizzi e Ferruccio Pinotti se lo siano perso.
Della cinematografia snuff, Cannibal Holocaust è dunque al tempo stesso sia l'opera più sottilmente ingannatrice, sia quella più onesta, quella che smaschera dall'interno tutti i meccanismi della leggenda metropolitana: uno snuff sugli snuff.
Ovviamente nel 1980 molti colsero solo il primo dei due aspetti, tonfando nella burla senza accorgersi che la soluzione era già dentro il rebus. Cannibal Holocaust stimolò nuovamente una gran messe di reazioni scandalizzate e proteste, oltre ad essere censurato in molti paesi. Non si conta il numero di coloro che credettero che i filmati finto-documentaristici del "Green Inferno" (a cominciare dalla scena della ragazza impalata) rappresentassero veri esempi snuff e sugli autori del film si addensarono sospetti orrendi.

In Italia, a seguito della denuncia di un cittadino, ad un mese dalla prima il sostituto procuratore Nicola Cerrato dispose il sequestro del film, accusato di essere "opera contraria al buon costume e alla morale". Il PM Cerrato era molto noto in quegli anni, per la sua crociata perbenista contro la pornografia, e in seguito restò lungamente alla ribalta anche la sua maxi-inchiesta contro Scientology, condotta assieme al collega Pietro Forno.
I due procuratori milanesi si ritroveranno un decennio dopo nel primo e più celebre pool antipedofilia, la "Sezione fasce deboli" della Procura di Milano, di cui Cerrato fu il coordinatore (furono sue le più accorate difese dell'operato di Forno, quando questi venne messo alla berlina in seguito ai clamorosi errori del pool nel caso di falsi abusi che colpì il tassista Marino V.)
Torniamo alla vicenda di Deodato, che fu arrestato ed egli ed i produttori di Cannibal Holocaust furono indagati anche con l'ipotesi di aver causato davvero violenze e per aver ucciso degli attori. Da Wikipedia: "durante il processo Deodato chiamò i quattro attori protagonisti, per mostrare al giudice che erano vivi, e chiarì che le sequenze dei riti cannibali erano state fatte con l'ausilio di effetti speciali. Il regista e la troupe rischiarono ugualmente la galera quando emerse che le uccisioni di animali erano reali. Deodato si difese dicendo che le riprese erano state girate con spirito documentaristico".
Finiranno condannati solo a pene lievi e nel 1984 la Cassazione consentì che il film tornasse nelle sale, ma l'attenzione del pubblico ormai era in gran parte sfumata.

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In conclusione, per fare soldi con certa cinematografia, è importante cercare di imbrogliare davvero il pubblico, nascondere così bene il trucco da instillare un dubbio, se non addirittura solide certezze e sperare che poi il passaparola e le reazioni scandalizzate facciano gratuitamente il resto. Solo marketing cinematografico insomma, può essere che qualcuno ci caschi davvero? Eccome!
E gli snuff movies, quelli veri, esistono? Il dubbio eccita, alimenta la fantasia e non è un caso che i produttori di finti snuff abbiano sempre fatto il possibile per corroborare il mistero.

La nostra abusologia intanto ringrazia questa leggenda e si pasce dello stesso alone di mistero, contribuendo ad esso secondo un meccanismo di marketing virale, perchè così ha un'altra storia eccitante da raccontare alla nazione ed alle sue autorità giudiziarie, per giustificare nuove cacce alle streghe e per raccogliere attenzione e contributi pubblici. Tutto ciò senza averli mai visti gli snuff veri, solo per sentito dire: è questa la scienza dell'abuso, secondo i metodi di certi sedicenti esperti.

Affermava Ted Gunderson nella citazione iniziale della prima parte della nostra indagine: "come può un bambino immaginare cose simili se non le ha vissute?".
Facendogli il verso, noi ci domandiamo: "come (e perché) può un abusologo immaginare cose simili se non le ha viste?"

Ugo