(continua dal precedente: "Verità o leggenda?")
Prosegue l'inchiesta sul fenomeno degli "snuff movie". Ripartiamo oggi dal saggio "Snuff & Mondo movies", di Luigi de Angelis (1999), che si riprende una arguta osservazione di Roberto Pugliese, per cui l'essenza del concetto di un vero snuff movie si debba basare su tre distinti livelli di "consapevolezza", di cui solo il terzo è variabile:
- "il primo riguarda i realizzatori e distributori del film: siamo davanti ad una vera e propria anonima assassini. Essi sanno cosa stanno facendo, per chi lo stanno facendo, sono pronti ad uccidere deliberatamente e consapevolmente. Se il denaro è lo scopo delle loro azioni, non bisogna trascurare il grado psicotico di perversa malvagità criminale che li porta a compiere simili nefandezze traendone evidente soddisfazione";
- "il secondo grado è quello delle vittime: gli attori destinati al massacro NON sanno che cosa li attende. L'elemento di sorpresa, l'orrore dipinto sul volto dei poveretti quando, improvvisamente, si rendono conto di essere in trappola e destinati al macello, è una delle cose che il perverso amante di snuff ricerca con più maniacale ossessione";
- "la terza posizione, passibile di cambiamenti, è quella dello spettatore. Chi assiste ad uno snuff, può sapere che il film si concluderà con un omicidio, oppure può solo sospettarlo o ignorarlo del tutto, credendo di aver assistito ad uno splatter particolarmente realistico".
Gli snuff movie, come prodotto estremo, diventano dunque una frontiera in cui i confini tra verità e finzione non sempre sono riconoscibili.
Se nella prima parte dell'inchiesta abbiamo visto che non sono mai state trovate prove dell'esistenza di un mercato di veri snuff movie, in questo secondo articolo ci occuperemo di un genere filmico che solo apparentemente sembra essere "snuff", ma in cui le morti sono simulate in accordo con gli attori: finti snuff movie.
Così come i falsi abusi non hanno nulla a che fare con la pedofilia (se non nell'allarmismo di chi cerca di trarne fama e guadagno), anche i falsi snuff non prevedono lo stupro e la morte. Si tratta infatti di rappresentazioni di fiction che violano magari il buon gusto, ma non la legge, e che hanno addirittura fatto un pezzo di storia della cinematografia (quella cosiddetta di "exploitation").
Cinematografia "falso-snuff":
a) i precursori Mondo movie
a) i precursori Mondo movie
Forse non tutti sanno che questo fenomeno è in buona parte vanto del nostro cinema nazionale, il precursore del genere viene infatti riconosciuto nel film-documentario "Mondo cane" (di Cavara, Jacopetti e Prosperi; 1962). Una specie di cinegiornale commentato da una voce narrante, che ottenne un inimmaginabile successo di pubblico; un collage di immagini shock, volte a impressionare lo spettatore mostrando usi e costumi insoliti delle etnie di tutto il mondo, stravaganti, grotteschi e soprattutto raccapriccianti: crudeltà su animali, riti religiosi bizzarri e anche con mutilazioni, asportazioni di organi genitali, lotte fra cani, cure medicinali alternative con l'uso di sangue e interiora animali, fucilazioni:
- "Tutte le scene che vedrete in questo film sono vere e sempre riprese dal vero. Se spesso saranno scene amare è perché molte cose sono amare su questa terra. D'altronde il dovere del cronista non è quello di addolcire la verità ma di riferirla obbiettivamente".
"Mondo cane" portò a galla una gran voglia di morbosità e di freak show, condita dalla curiosità per terre lontane e selvagge, viste attraverso la lente del pregiudizio verso i popoli diversi. Esso diede il via ad un vero e proprio genere, soprannominato "Mondo movie" o "shock-u-mentary", in cui la cinematografia toccò vette prima inimmaginabili di laidità e perversione visiva. Da citare:
- "Ultime grida dalla savana", del 1975 e narrato dalla voce di Alberto Moravia, un film che l'anno sucessivo contese in alcune nazioni il primato degli incassi a "Lo squalo" di Spielberg, del quale viene spesso ricordata la ripresa della scena del turista sbranato in Namibia da un leone (sulla cui veridicità o meno non è mai stata fatta piena luce);
- e soprattutto l'efferatezza di "Le facce della morte" ("Faces of death", di John Alan Schwartz; 1978), una morbosa collezione di immagini di morte (esecuzioni, incidenti, stragi di guerra ecc.), che alla sua uscita venne bannato in ben 46 nazioni. Anche in questo caso si tratta di mescolanza tra riprese di fatti veri e scene interamente costruite grazie al talento di Prosperi, creatore di effetti speciali che lavorò anche per i film di Mario Bava, capace di creare in alcune scene "un alone di veridicità: vengono usati litri di sangue di maiale e (forse la cosa più disgustosa e inammissibile) un vero cadavere in evidente stato di decomposizione a sostituire l'attore negli ultimi fotogrammi". E fu di nuovo grande successo: si stimano 35 milioni di dollari di incassi nelle sale, "in Giappone ha conteso per lunghissimo tempo alla sua uscita il primato negli incassi a film come Guerre Stellari".
Si badi anche alla sottile distinzione tra questi prodotti e alcuni moderni programmi televisivi della famiglia "Real TV" (a loro volta da non confondersi con i reality show), che pure mostrano videoriprese reali di fatti macabri, ma senza giocare ad ingannare il pubblico accostando alle scene vere anche delle ricostruzioni non dichiarate (ad es. in Faces of Death, ad una reale videoregistrazione amatoriale del suicidio per defenestrazione di una donna, Schwartz aggiunse anche le finzionali riprese dei pompieri che corrono su per le scale e di una attrice morta sul selciato).
La sapiente mescolanza tra riprese vere e false è dunque la caratteristica fondamentale del genere "Mondo" e quella che garantì il successo ad alcuni progetti, un cinico trucco di prestigio cinematografico che diventava vera e propria operazione mediatica: sfruttare la credibilità del reale per infilare subliminarmente anche immagini e messaggi inauditi e altrimenti incredibili, che a loro volta rendono più morbosamente eccitante l'intero prodotto.
Una furbizia che successivamente ritroveremo sfruttato in ogni clone di Mondo cane ed in alcuni finti snuff, ma anche nell'editoria cartacea (basti pensare a pubblicazioni come "Cronaca Vera"), fin nei moderni reality show televisivi e, come vedremo, adesso pure nei blog sul web.
E' questa la matrice "Mondo" che vogliamo mettere in evidenza: più vero del reale.
Alcuni Mondo movie in realtà si erano già spinti oltre il documentarismo ritoccato e la componente finzionale si era allargata fino ad accostare alle riprese di morti reali, anche videoriprese di vicende macabre integralmente inventate e ricostruite. In questo, essi furono precursori e primi esempi del successivo genere "falso-snuff", che abbandonò del tutto lo spirito documentaristico in favore della pura fiction porno-macabra.
Cinematografia "falso-snuff":
b) i finti snuff movie (propriamente detti)
b) i finti snuff movie (propriamente detti)
Il capostipite dei veri e propri (finti) film snuff, fu quello che impose anche il termine: "Snuff", del 1976. Un normale lungometraggio horror finzionale e non documentaristico, nel finale del quale però si simulava anche una vera uccisione, rappresentando la vicenda di una attrice argentina, chiamata per girare una scena d'amore, che improvvisamente si trasforma in tutt'altro, allorché ella viene seviziata dal regista stesso e tagliata letteralmente a pezzi mentre è ancora viva (qui una sinopsi in inglese del film e alcuni screenshot).
In questo genere, dei tre livelli di consapevolezza inizialmente descritti per lo snuff, quello che manca è il secondo, ovvero la partecipazione genuina dell'attore al dramma della propria morte, che è del tutto falsa e recitata. Può bastare per titillare comunque la consapevolezza del pubblico?
Il capostipite "Snuff" predisponeva gli spettatori alla credulità già dalla locandina, in cui si leggeva un sottotitolo allusivo (degno delle indagini giornalistiche di Berizzi): "The film that could only be made in South America... where Life is CHEAP!". Inoltre fu girato con una serie di voluti accorgimenti per dare il senso di opera non-costruita, a cominciare da un improvviso passaggio ad una ripresa in stile "behind the set", in cui la presunta troupe diventa essa stessa oggetto della ripresa; oppure quando al termine del massacro, la pellicola si interrompe bruscamente e per ultimo si sente la voce del cameraman lagnarsi di aver finito la pellicola.
Il film era stato girato in realtà già nel 1971 dai coniugi Findlay, col titolo "Slaughter", come low-budget splatter ispirato al massacro di Bel Air, ma non trovò mai sbocco distibutivo finché il produttore Allan Shackleton (all'insaputa dei registi originali e guadagnandosi così il ruolo di vero padre del fenomeno) non decise di girare e aggiungere la nuova scena finale della presunta morte dell'attrice e ripubblicò il film.
Prima della sua uscita, Shackleton fece già circolare falsi ritagli di giornale in cui si parlava della crociata contro il film da parte di un avvocato in pensione (mai esistito). Al momento dell'uscita della pellicola nelle sale, il produttore arrivò perfino ad assoldare dei finti contestatori che simulassero scandalizzati picchettaggi di fronte alle sale cinematografiche in cui era proiettato (per un documentato resoconto della vicenda dietro Snuff, si veda un articolo comparso su Skeptical Enquirer del 1999).
I finti snuff non sono dunque altro che dei film splatter, ove la caratteristica saliente non risiede nel prodotto cinematografico stesso, quanto nel suo marketing, che assurge ad elemento metateatrale essenziale, laddove cerca di far credere al pubblico che si tratti di una registrazione di una vera morte, per creare scalpore e moltiplicare i guadagni.
Gli snuff diventano un prodotto di frontiera tra realtà e finzione, perchè attorno ad essi si crea un interesse attivo da parte di molti, nel confondere le acque e ampliare i confini della credulità popolare con ogni mezzo: se certe leggende metropolitane si diffondono tanto facilmente, non è solo per un effetto sociologico spontaneo (siamo convinti che ciò valga anche per altre bufale, come ad es. i falsi satanic ritual abuse e per chi le diffonde troppo attivamente).
Ai fini del marketing è utile il realismo degli effetti visivi, il prodotto dovrà essere tale da ingannare l'occhio del pubblico (in "Snuff" in realtà non erano granché credibili), ma più che l'arte visuale si riveleranno fondamentali i trucchi meta-teatrali mirati a fornire al pubblico finte garanzie di credibilità ed ottenere l'effetto di suspension of disbelief.
- [Nota: negli anni immediatamente successivi (1978-1984?) lo stesso tipo di strategia di inganno del pubblico fu sfruttato ad arte dal genio della commedia Andy Kaufman per esplorare nuove frontiere nel campo della comicità, non per nulla la risata è una reazione naturale che condivide parecchio con i meccanismi dell'orrore.]
Il trucco funzionò così bene, che alcuni presero fin troppo seriamente la faccenda e reagirono con veementi proteste alla sua diffusione. I finti picchettaggi organizzati da Shackleton vennero presto rimpiazzati da genuine manifestazioni di fronte ai cinema e altre azioni di boicottaggio (che in realtà non facevano altro che alimentare ancor più il mito attorno alla pellicola ed il suo successo).
Si segnalano in particolare le reazioni dell'ambiente del femminismo militante, nella cui storia l'uscita di Snuff rappresenta una pietra miliare: ad esempio la più nota associazione "Women against Pornography", prese forma proprio nell'autunno 1976 durante i picchettaggi contro l'infame pellicola, che furono guidati a New York dalla scrittrice Andrea Dworkin. Una associazione ed una autrice che rappresentano il culmine di quella ideologia femminista che postula e combatte l'associazione tra stupro e pornografia (assieme all'avvocato Catharine MacKinnon ed alla sociologa Diana E.H. Russell, vecchia conoscenza del nostro blog in quanto una delle madrine del fenomeno S.R.A. e dell'isteria dei falsi abusi collettivi). "A parere delle femministe newyorkesi, per non citare che una sola delle tante voci interessate a creare confusione, che in Snuff l’assassinio fosse vero o simulato non faceva differenza: contava unicamente la violenza sessuale presentata come intrattenimento sessuale" (fonte); ciononostante, queste autrici sono tra coloro che nei propri scritti hanno spesso sostenuto l'esistenza di veri snuff movie.
Se è vero che il femminismo militante è una delle matrici da cui emerse il moderno associazionismo anti-pedofilia (in Italia soprattutto quello raccolto attorno al CISMAI), esso sembra averne ereditato un eccesso di credulità ed il desiderio di protesta verso crimini sessuali ancora indimostrati. L'eco di coloro che nel 1976 abboccarono all'amo di Shackleton, si propaga forte ancora oggi e il mito degli snuff movie resiste ad ogni tentativo di debunking.
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Nella storia dei tantissimi finti film snuff arrivati sul grande schermo dopo il 1976, ci limitiamo a citare la serie giapponese dei "Guinea Pig" negli anni '80, molto efferati nell'aspetto macabro senza neppure indugiare molto nella rappresentazione pornografica, ma toccando in alcuni casi la vetta del realismo cinematografico del genere. Nel secondo di essi ("Flower of flesh and blood"), un samurai macella delle ragazze con un realismo visivo tale che, dopo averne vista una copia, l'attore Charlie Sheen denunciò il film e smosse perfino l'FBI, pensando che ritraesse una vera uccisione. Le autorità statunitensi dovettero attendere una risposta ufficiale dal Giappone, dove si stava già indagando sul film e il regista fu costretto a dimostrare la propria innocenza.
Sono da menzionare anche alcuni film della cinematografia mainstream, che non si propongono come snuff movie, ma che hanno usato lo snuff come argomento.
Il primo fu "Hardcore" del 1979, un thriller la cui trama è basata sul tema dell'esistenza di simili prodotti e di organizzazioni criminali dietro la loro realizzazione e commercializzazione (un plot ripreso da diversi altri film in seguito, tra cui il noto "8mm" del 1999). Nonostante fosse un prodotto di pura e dichiarata fiction, Hardcore trovò terreno fertile nei timori popolari e anch'esso contribuì a rinforzare le fondamenta della credulità di questa leggenda.
Cinematografia "falso-snuff":
c) Cannibal Holocaust e la sintesi dei generi
c) Cannibal Holocaust e la sintesi dei generi
Eccoci alla terza ed ultima evoluzione di questa discutibile categoria cinematografica e, anche in questo caso, siamo di fronte ad un "vanto" della cinematografia italiana, che trovò la sua massima espressione nell'inarrivabile "Cannibal Holocaust", del regista Ruggero Deodato (1980):
- "In 1979, four documentary filmmakers disappeared in the jungles of South America while shooting a film about cannibalism... Six months later, their footage was found";
- "Can a movie go too far?"
- la prima è la vicenda del professor Harold Monroe, che viene informato della sparizione di una spedizione di documentaristi in Amazzonia e parte alla loro ricerca assieme ad una guida e due indigeni. Dopo varie vicissitudini e inquietanti segni di passate violenze (un guscio di tartaruga, un villaggio bruciato ecc.), egli rinviene solo gli scheletri degli esploratori e le loro pellicole, che visionerà una volta tornato a New York, scoprendo l'orrore che essi hanno affrontato. Questa parte del film è girata in 35 mm, con i normali mezzi e lo stile di un qualsiasi lungometraggio di fiction;
- l'altra (detta "The Green Inferno") rappresenta proprio la vicenda del gruppo scomparso dei quattro "filmmakers" esploratori, che si erano recati assieme ad una guida nella giungla amazzonica per girare un documentario sulle tribù cannibali e fanno una brutta fine. Questa parte è girata tutta in soggettiva, come se gli esploratori si fossero davvero ripresi l'un l'altro a turno, con camera a mano e audio in presa diretta, in stile documentaristico e con gli stessi mezzi limitati che quei protagonisti avrebbero avuto (16 mm e pellicola graffiata).
In Cannibal Holocaust, il pubblico assiste a queste scene solo nel secondo tempo e "assieme" al prof. Monroe, quando costui visiona le pellicole recuperate dall'Amazzonia. Un riuscito artificio metateatrale che amplificava ad arte le differenze tra i due stili registici, inducendo il pubblico a riconoscere per finzione cinematografica solo la vicenda di contorno (quella della missione di recupero del prof. Monroe), ma per differenza attribuendo più realistica credibilità al contenuto dei drammatici filmati finto-documentaristici. Moltissimi spettatori credettero che quelle scene potessero essere realmente avvenute, compresa la morte dei filmmakers ed il ritrovamento postumo delle loro pellicole.
- [Nota: lo stesso plot, con il ritrovamento di una videocassetta contenente riprese di esperienze sconvolgenti, è stato ripreso con enorme successo anche nella creazione dell'horror "The blair witch project", che ha goduto di un marketing virale e "multimediale" altrettanto furbo.]
- è certamente un finto-snuff, in quanto rappresenta morti umane cercando intanto di ingannare il pubblico sulla possibilità che non si tratti di normale finzione scenica. Il plot che si sviluppa su un doppio piano estende l'intuizione già presente in "Snuff", laddove la ripresa passava improvvisamente ad inquadrare la troupe in un finto "behind the set". Nelle pellicole del "Green Inferno", il prof. Monroe scoprirà inoltre che la vera intenzione dei quattro esploratori non era quella di girare un normale documentario, bensì di produrre intenzionalmente violenza e morte davanti all'occhio della telecamera, per creare una atroce opera di cine-verità artefatta. Cannibal Holocaust è dunque uno snuff sugli snuff, in cui a morire non è più solo l'attrice indigena, ma stavolta anche la diabolica troupe: una scatola cinese di piani di finzione filmica racchiusi l'uno dentro l'altro, se non credi ad uno di essi, saranno gli altri a convincerti che gli snuff esistono e che forse ne stai guardando uno;
- dai precedenti finti-snuff, Deodato riprese anche la ricerca di un marketing metateatrale. Da Wikipedia: "per rendere il film ancora più realistico, il contratto prevedeva che gli attori che impersonavano i fotoreporter dispersi sparissero dalla circolazione, soprattutto dalla televisione e dal cinema, per un anno. Deodato ha dichiarato: «L'operazione Cannibal Holocaust doveva essere fatta con attori credibili. Dovevamo presentare il fatto come fosse una cosa vera. Avevamo bisogno di quattro persone che potevano poi sparire per due anni, perché erano morti e quindi nessuno doveva sapere niente di loro. Dovevamo fare un falso snuff»"; inoltre "al termine del film, prima dei titoli di coda, appare una scritta enigmatica: «Il proiezionista Billy K. Kirov è stato condannato a due mesi di reclusione con la condizionale e al pagamento di una multa di 10.000 dollari per sottrazione di materiale cinematografico. Noi sappiamo che per quel materiale ne ha ricevuti 250.000». In realtà l'episodio era stato inventato dal regista, per accrescere la sensazione di realismo del film";
- al tempo stesso esso recupera tutta la lezione dei precedenti Mondo movie ("più vero del reale"), tornando a mescolare grandi quantità di riprese crude e genuine del reale alle finte scene macabre. Da Wikipedia: "I filmati di cannibalismo e fucilazioni che si vedono all'inizio del film sono in parte vere (si tratta di esecuzioni avvenute in un paese africano), in parte create con effetti speciali", in pieno stile Mondo. Inoltre le uccisioni degli animali furono riprese senza artifici, realmente eseguite dagli attori nella loro cruenza intollerabile. Da spietati.it: "vedere “la morte al lavoro” (anche se “solo” animale) infonde un malessere che infetta tutto il resto della pellicola conferendole un’appropriata aura snuff". Una cornice durissima e tanto vera da risultare indiscutibile per il senso critico del pubblico, che serve a preparare gli spettatori al peggio e condizionarne la mente ad accettare per vero ogni orrore che li attende nel "Green Inferno", comprese le morti degli indios e degli attori occidentali: sfruttare la credibilità del reale per infilare subliminarmente anche l'incredibile e rendere più morbosamente eccitante l'intero prodotto (si badi tuttavia che per Deodato lo spunto dei Mondo movie non serve tanto ad emulare, quanto a criticare la falsità della prassi documentaristica lanciata da Prospero e Jacopetti, ci ritorneremo tra breve).
A tutto ciò si aggiunga l'elevato realismo degli effetti speciali (restò famosa l'immagine della ragazza impalata sulla spiaggia, capace di ingannare il senso critico di molti) e l'abilità di Deodato, un cineasta di grande qualità che seppe interpretare al meglio questa sfida registica, utilizzando inoltre come attori per le riprese in Colombia una vera tribù di indios cannibali (i quali si dimostrarono molto gentili e disponibili con la troupe).
Su tali premesse, non stupisce che il successo commerciale di Cannibal Holocaust abbia fatto impallidire anche le straordinarie performance dei precedenti falsi snuff. Da Wikipedia:
- "in Italia non ottenne il successo sperato, anche a causa delle traversie giudiziarie che ne impedirono l'immediata uscita nelle sale. In totale incassò 360 milioni di lire. Ottenne invece un ottimo riscontro commerciale all'estero: complessivamente incassò 200 milioni di dollari, di cui 21 milioni solo a Tokyo. In Giappone dopo E.T. l'Extra-Terrestre di Steven Spielberg è il film che ha registrato in assoluto più incassi al botteghino".
Al di là dell'interesse o dello scandalo per gli aspetti visivi scabrosi, la pellicola offre diversi validi piani di lettura e raccolse anche voci di convinto apprezzamento artistico, che si sono moltiplicate negli anni a venire. Si legga ad es. una recensione di Gordiano Lupi (autore di "Cannibal!", un libro sul cinema di Deodato), che ne parla come di un'opera di culto, "un film disperato e lirico", soprattutto per l'elemento di denuncia antropologica contro la nostra società moderna e presunta civilizzata. Il prof. Monroe conclude infatti la storia con la morale: "Selvaggi? Mi sa che i veri selvaggi siamo noi".
Cannibal Holocaust è inoltre una spietata critica della falsità degli stessi generi cinematografici da cui deriva, che vengono denunciati, superati e sostanzialmente demoliti:
- "costituisce una precisa riflessione sulla prassi dei mondo movies, una pietra tombale e una satira del genere" (dal dizionario Mereghetti);
- "Cannibal Holocaust è anche ed evidentemente un apologo spietato contro il sensazionalismo dei media, contro la loro ossessiva invadenza, contro il loro costruire artifici per farne (falsi) documenti per le masse" (da Lankelot.eu). Lo stesso Deodato in una intervista: "Cannibal Holocaust è solo un’esplicita denuncia al mestiere di giornalista così come viene concepito nell’epoca moderna". Peccato solo che alcuni giornalisti come Paolo Berizzi e Ferruccio Pinotti se lo siano perso.
Ovviamente nel 1980 molti colsero solo il primo dei due aspetti, tonfando nella burla senza accorgersi che la soluzione era già dentro il rebus. Cannibal Holocaust stimolò nuovamente una gran messe di reazioni scandalizzate e proteste, oltre ad essere censurato in molti paesi. Non si conta il numero di coloro che credettero che i filmati finto-documentaristici del "Green Inferno" (a cominciare dalla scena della ragazza impalata) rappresentassero veri esempi snuff e sugli autori del film si addensarono sospetti orrendi.
In Italia, a seguito della denuncia di un cittadino, ad un mese dalla prima il sostituto procuratore Nicola Cerrato dispose il sequestro del film, accusato di essere "opera contraria al buon costume e alla morale". Il PM Cerrato era molto noto in quegli anni, per la sua crociata perbenista contro la pornografia, e in seguito restò lungamente alla ribalta anche la sua maxi-inchiesta contro Scientology, condotta assieme al collega Pietro Forno.
I due procuratori milanesi si ritroveranno un decennio dopo nel primo e più celebre pool antipedofilia, la "Sezione fasce deboli" della Procura di Milano, di cui Cerrato fu il coordinatore (furono sue le più accorate difese dell'operato di Forno, quando questi venne messo alla berlina in seguito ai clamorosi errori del pool nel caso di falsi abusi che colpì il tassista Marino V.)
Torniamo alla vicenda di Deodato, che fu arrestato ed egli ed i produttori di Cannibal Holocaust furono indagati anche con l'ipotesi di aver causato davvero violenze e per aver ucciso degli attori. Da Wikipedia: "durante il processo Deodato chiamò i quattro attori protagonisti, per mostrare al giudice che erano vivi, e chiarì che le sequenze dei riti cannibali erano state fatte con l'ausilio di effetti speciali. Il regista e la troupe rischiarono ugualmente la galera quando emerse che le uccisioni di animali erano reali. Deodato si difese dicendo che le riprese erano state girate con spirito documentaristico".
Finiranno condannati solo a pene lievi e nel 1984 la Cassazione consentì che il film tornasse nelle sale, ma l'attenzione del pubblico ormai era in gran parte sfumata.
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In conclusione, per fare soldi con certa cinematografia, è importante cercare di imbrogliare davvero il pubblico, nascondere così bene il trucco da instillare un dubbio, se non addirittura solide certezze e sperare che poi il passaparola e le reazioni scandalizzate facciano gratuitamente il resto. Solo marketing cinematografico insomma, può essere che qualcuno ci caschi davvero? Eccome!
E gli snuff movies, quelli veri, esistono? Il dubbio eccita, alimenta la fantasia e non è un caso che i produttori di finti snuff abbiano sempre fatto il possibile per corroborare il mistero.
La nostra abusologia intanto ringrazia questa leggenda e si pasce dello stesso alone di mistero, contribuendo ad esso secondo un meccanismo di marketing virale, perchè così ha un'altra storia eccitante da raccontare alla nazione ed alle sue autorità giudiziarie, per giustificare nuove cacce alle streghe e per raccogliere attenzione e contributi pubblici. Tutto ciò senza averli mai visti gli snuff veri, solo per sentito dire: è questa la scienza dell'abuso, secondo i metodi di certi sedicenti esperti.
Affermava Ted Gunderson nella citazione iniziale della prima parte della nostra indagine: "come può un bambino immaginare cose simili se non le ha vissute?".
Facendogli il verso, noi ci domandiamo: "come (e perché) può un abusologo immaginare cose simili se non le ha viste?"
Ugo
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