domenica 14 giugno 2009

Master of puppets

Dal blog di Massimiliano Frassi, scopriamo nell'articolo di ieri che il presidente di Prometeo onlus e sedicente esperto di pedofilia, sarebbe in possesso addirittura di ben 4 titoli di master:
  • "Durante il mio terzo master in criminologia (terzo di quattro!) studiai, presso l’università di Bristol, la relazione tra il sexual offender e l’ambiente che lo circondava".
Quattro master son proprio tanti tanti. E se c'è il punto esclamativo, allora dev'essere certamente vero.


Poco importa se all'Università di Bristol non risultano master in criminologia, si vede che c'erano quando Frassi vi studiò. O forse Frassi sta confondendo il termine "master" con qualcos'altro, sarebbe utile che chiarisse meglio.
Difficile invero trovare università dove si rilascino tanto facilmente al primo venuto dei titoli di studio specialistico in criminologia, senza richiedere come prerequisito nemmeno il possesso di una laurea in legge/medicina/scienzeumane. Per chi come Frassi ne fosse sprovvisto, l'Università di Bristol indica come entry requirements ai programmi LLM (master in legge) almeno "a recognised professional legal qualification". Per accedere ad un Advanced Award in Legal Studies (che non sarebbe comunque equiparabile ad un master), la politica accademica prevede invece maglie più larghe, ai candidati basta "demonstrate that they have sufficient experience and education to benefit from the programme".

Può darsi che Frassi li abbia convinti mostrando la medaglia dell'FBI.
O forse sta solo sparando fanfaronate galattiche.

Purtroppo dovremo tenerci la curiosità, sappiamo che Massimiliano Frassi non ama la trasparenza e difficilmente vorrà accettare di rendere pubblici i propri titoli di studio, a cominciare dalla laurea conseguita. Ci auguriamo però che il prossimo funzionario o politico che vorrà assegnare a Frassi un pubblico incarico (sia esso un corso alla Polizia, o una perizia), prima gli chieda almeno di documentare il proprio curriculum con carte timbrate e non solo con punti esclamativi.

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Comunque sia, non nutriamo dubbi che Frassi un po' di criminologia a Bristol la possa aver studiata davvero, anche perchè egli nel brano immediatamente successivo del suo sgangherato articolo, riesce ad esprimere finalmente un concetto sensato e competente. Vediamo quale.

Frassi si rivolge qui ai membri di un comitato di cittadini reggiani, nato spontaneamente a difesa di un indagato per pedofilia, ammonendoli affinché essi non trasformino il proprio umano sostegno, in una battaglia troppo urlata ed irrigidita sulla pregiudiziale ipotesi della sua innocenza.
L'abusologo bergamasco li avverte del rischio che, così facendo, essi stiano impostando un potenziale conflitto di lealtà ed una eccessiva identificazione con un falso Sé, col risultato di bruciare il terreno attorno al loro protetto e precludergli ogni futura possibilità di ravvedimento, o di elaborazione di una colpa, che andrebbe considerata possibile almeno in linea di principio. Frassi cita loro l'esempio di un sex offender, abile a dissimulare sotto inchiesta:
  • "Paradossalmente tanto più la gente gli credeva (grazie anche al fatto che lui era stato bravo a proclamarsi innocente…la spiego male e velocemente per brevità, ma sono certo che mi capirete), tanto più a condanna avvenuta lo stesso tentava il suicidio. Perché a condanna avvenuta il castello creato incominciava ad incrinarsi, la facciata a crollare e lui, per difendersi, si toglieva di mezzo. Parlo ovviamente di pedofili accertati e non mi rivolgo al vostro caso, noooo….però vi suggerirei un altro tipo di approccio. Perché questo, quello cioè che avete in corso, potrebbe un giorno diventare pericolosissimo per il vostro assistito. E non vi libererete dai sensi di colpa, se allora darete la colpa a chi l’ha attaccato…… Vi consiglio pertanto di stargli vicino (ci mancherebbe altro, nessuno lo criticherebbe), ma da privati cittadini. Senza manifestazioni di piazza o altro, avrete peraltro tutto il tempo per farle se si scoprirà essere un povero innocente. Portare i processi in piazza, organizzare corsi dal titolo “Chi è il bambino”, attaccare associazioni anti pedofili….bhè non sono certo atteggiamenti scaltri, rispettosi ed intelligenti, tutt’altro……"
Questa raccomandazione di Frassi difficilmente potrà toccare i cuori di Michela e Federica, le due donne del comitato che si erano lamentate della sua pregiudizialità e a cui il sedicente abusologo si è degnato adesso di dedicare una risposta piena di infantile sarcasmo, dopo che egli già in passato ne aveva insultato più volte il comitato, talvolta anche con mezzi immondi.
Se egli avesse voluto tenere un canale di riflessione con questo comitato, forse avrebbe prima dovuto evitare di sbattere per mesi il loro tutelato già come un orco sulle pagine del proprio blog, in mancanza finora di qualsiasi pronunciamento di condanna. E' irritante sentire proprio uno come Frassi, pontificare adesso sull'importanza di non inchiodarsi da soli a verità pregiudiziali.

Ciò non toglie che, in astratto, il consiglio di Frassi rispetta una logica fondata e per una volta almeno rivela uno spunto di vera competenza criminologica.
Ma allora... perchè Frassi non si accorge che, a parti invertite, proprio il suo medesimo ragionamento dimostra anche la pericolosa gravità dei comportamenti tenuti dall'associazione Prometeo, nei casi giudiziari di cui si occupa?



Da questo pulpito?

Il 27 maggio scorso, la Corte di Appello di Brescia presieduta dal giudice Mario Sannite ha nuovamente assolto le due suore Orsoline, che furono accusate di orrendi stupri collettivi verso i bambini dell'asilo che gestivano a Cazzano Sant'Andrea (Bergamo).
La loro condanna in primo grado fece pensare ad un nuovo asilo degli orrori, un altro caso di presunto "satanic ritual abuse", che alla prova dei fatti si dissolve invece come una bolla di sapone e mostra la sua vera natura di fenomeno di suggestione collettiva, basata su isterismi popolari e cialtroneria del sistema inquirente.

Le prime (infondate) segnalazioni di due famiglie bergamasche contro le suore, furono raccolte nel 1999 proprio dallo sportello di Prometeo onlus, forse da Frassi in persona, e girate ai suoi amici in polizia giudiziaria. La pubblica accusa venne poi condotta dalla PM Carmen Pugliese, amica personale di Frassi e regolare ospite dei convegni di Prometeo, la stessa che nel gennaio 2009 scopriva improvvisamente il rischio di false accuse di violenza sessuale, ma nel 2000 dava ancora straordinario credito alle fantasie pedosataniste di Frassi ed alle bizzarre dichiarazioni riportate dalle mamme di quei bambini.

Deontologia vorrebbe che, se un'associazione antipedofilia segnala un caso alle autorità giudiziarie e smista le famiglie a servizi di cura psicologica, su quel caso si mantenga poi un rigoroso riserbo e una disinteressata astensione.
Niente di tutto ciò per Frassi, che scatenò invece più volte il suo blog e i suoi collaboratori al linciaggio pubblico delle suore, solo per attirare altra attenzione su di sé. In seguito più volte vi furono pubbliche prese di posizione contro Prometeo, ad esempio il 3/07/04 in un articolo sull'Eco Di Bergamo gli si intimava di chiedere scusa:
  • "(...) per tre anni le religiose non si sono dovute difendere solo dalle accuse mosse dai magistrati, ma anche dai giudizi (e pregiudizi) velenosi di chi è abituato a emettere sentenze irrevocabili prima ancora che la giustizia abbia fatto il suo corso. Sui siti internet di rumorosi paladini dell’antipedofilia si possono ancora oggi leggere ingiurie infamanti nei confronti delle due religiose ultrassessantenni"
Scuse mai pervenute. Son passati 5 anni e altre due sentenze, ma Frassi resta lì impalato, sempre uguale a sé stesso ed alle proprie peggiori fantasie. Sul suo blog, i vecchi articoli che parlano del caso sono ancora taggati sotto la voce "suore pedofile".

Si badi che in questo caso, la critica a Frassi e Prometeo onlus non è relativo mica solo a una questione di mala-propaganda e diffamazione sistematica delle suore; visto il suo comportamento successivo, appaiono leciti dubbi anche sulla obiettività delle delicate operazioni iniziali di raccolta anamnestica e segnalazione giudiziaria, che associazioni come Prometeo e soggetti non qualificati come Frassi, si arrogano in base a non-si-sa-quale ruolo istituzionale.

Della nuova assoluzione delle due suore Orsoline ne ha dato notizia anche il blog di Frassi. A denti stretti, per minimizzare l'assoluzione si reinventa però una categoria giuridica ormai da tempo cancellata dal nostro ordinamento giudiziario:
  • "PROVE INSUFFICIENTI! Come previsto assolte ieri le suore, con la seguente motivazione: insufficienza di prove."
Forse a Bristol, di certo non in Italia. Poco male, non scopriamo certo adesso l'ignoranza giuridica e la partigianeria del Frassi.
Furioso per la seconda sconfitta giudiziaria in pochi giorni, per entrambi i suoi cavalli di battaglia dell'abuso pedosatanista collettivo (dopo la recentissima conferma dell'assoluzione anche in appello per le maestre dell'asilo Sorelli di Brescia), Frassi sembra reagire stavolta in modo ancor più scomposto del solito e, in una sorta di psicodramma privato, urla al mondo che Prometeo non ha perso proprio nulla e che i suoi scopi non erano mica stati compresi:
  • "C’è probabilmente gente che pensa che il nostro lavoro sia quello di fare la caccia ai pedofili. Festeggiando a caviale e champagne quando vengono condannati e cadendo in depressione quando sono assolti. Inutile dire come questa gente (solitamente minoritaria e di parte, ma questo è un altro discorso) non abbia capito, per dirla con un francesismo, un cazzo! Poiché il nostro compito non è quello di fare processi di piazza, o caccia alle streghe, bensì di dare voce alle vittime (spesso con toni volutamente alti, frutto più di un grido di dolore che di arroganza!!!!!) e di dare sostegno alle stesse. Questo il nostro compito. Inutile, peggio, ridicolo, attribuircene altri."
In questa affermazione, Frassi stesso parrebbe confermare che gli operatori di Prometeo non stappano la classica bottiglia di champagne, quando festeggiano le condanne di presunti pedofili nei processi in cui sono interessati.
Il resto lascia invece delusi: dunque Frassi non avrebbe mai voluto dare, anzi "fare" la caccia ai pedofili, maddai? Come glielo spieghiamo adesso a tutti quei suoi fans, che l'anno scorso hanno perfino comprato da Prometeo la maglietta "I'm a pedohunter"? Son previsti rimborsi?
I lettori del suo mondo-blog dovranno abituarsi a tempi di magra, niente pù processi di piazza né mostri sbattuti in prima pagina?
Non è un caso se Frassi adesso schiuma contro quei cloni, che sul web lo stanno superando a destra:
  • "Non siamo un blog fatto di articoli copia e incolla, né la vetrina per poveri frustrati analfabeti che nella vita non sanno cosa fare e si danno identità e ruoli, che non hanno, né si meriterebbero….."
Non è la prima volta che ci rammarichiamo che a Frassi manchi uno specchio, quando lancia certe invettive. Fortuna che nel suo caso ci son ben quattro master in criminologia a legittimare il suo ruolo, no?

Di sicuro, nessun altro blogger potrà mai battere Frassi per punteggiatura pulp, dagli "esclamativi di garanzia", a tutte quelle serie di puntini, raramente tre alla volta come prassi, ma in sequenze creative, degne di un dialetto morse ... .. ...... .. .... (le stesse che si ritrovano anche in molte delle anonime "storie vere di abuso" che vengono pubblicate nella sezione "Le vostre testimonianze" del sito di Prometeo).
  • [P.S.: che siano i puntini messi a casaccio, il famoso sintomo patognomonico mancante della sindrome da vittimizzazione da abuso sessuale?]

Se c'è qualcosa di tragicamente ridicolo in questa storia, è la faccia tosta di un improvvisato scrittore, che per un decennio ha cercato con ogni mezzo di diventare il punto di riferimento italiano per tutte le cacce alle streghe pedofile e oggi rinnega il proprio passato, senza però chiedere scusa e rifondere i danni.


Dalla parte dei bambini, sempre?

Pur di distogliere l'attenzione dalle fallimentari crociate di Prometeo, Frassi fa finta di preoccuparsi oggi del comitato reggiano. Eppure egli nemmeno sa se, in caso di eventuale dimostrazione di colpa e condanna (il processo è in corso), essi vorranno magari cambiare registro ed aiutare il proprio protetto ad elaborare un diverso percorso. Valido il consiglio, ma lasciamogli almeno il beneficio del dubbio, no?

Invece, di Frassi e Prometeo purtroppo già abbiamo visto che neanche dopo la dimostrazione dell'errore, essi sospendono la cavalcata del delirio, né iniziano ad occuparsi del vero problema di quei bambini.
Stiamo parlando proprio del danno da impropria vittimizzazione giudiziaria dei bambini protagonisti delle vicende di falso abuso collettivo in tre asili tra Bergamo e Brescia, sui quali la Prometeo si è catapultata.
Entusiasta di poter gridare anzitempo al pedofilo, Frassi come un burattinaio ha organizzato le famiglie, indirizzato bambini a psicologi selezionati, preparato le loro audizioni, brigato con i procuratori e gli agenti di polizia giudiziaria, montato una durissima campagna mediatica, in cui perfino molti degli stessi genitori sono stati irresponsabilmente reclutati come collaboratori attivi.

Le stesse parole con cui Frassi oggi fa la predica al comitato reggiano sui rischi del pregiudizio, a rileggerle dovrebbero suonare sinistre anche per lo stesso abusologo:
  • quello cioè che avete in corso, potrebbe un giorno diventare pericolosissimo per il vostro assistito. E non vi libererete dai sensi di colpa, se allora darete la colpa a chi l’ha attaccato……
Non è esattamente ciò che razzola tanto male a Bergamo e Brescia?

Per capirne qualcosa di più su cosa combina l'Associazione Prometeo, vediamo il riassunto che ne dava Frassi stesso in un articolo tratto da Famiglia Cristiana:
  • "Composto da una trentina di volontari, tra i quali medici, psicologi, insegnanti, ma anche genitori toccati dalla piaga della pedofilia, "Prometeo", che collabora stabilmente con le Procure di Milano, Bergamo e Brescia, si è dotata di un centro d’ascolto che offre consulenza, accompagnamento del minore abusato, preparazione del bambino al colloquio e alle udienze in tribunale, che a volte possono rappresentare un’ulteriore violenza sulla piccola vittima. Di recente l’associazione ha inaugurato nella zona del Basso Sebino anche un "gruppo di auto-aiuto" per genitori di figli abusati: «Una specie di piccolo consultorio, in cui il condividere e verbalizzare l’esperienza traumatica contribuisce a far superare l’inevitabile fortissimo senso di colpa che accompagna queste coppie, e a far sopportare i tempi lunghissimi dei processi», spiegano a "Prometeo".
Oppure, da una intervista a Massimiliano Frassi:
  • D: Ti ho visto spesso insieme ai tuoi operatori fuori dalle aule di Tribunale. In paziente attesa. Cosa fate esattamente e puoi aiutarci a capire chi è il pedofilo che vi ritrovate ad affrontare al giorno d’oggi?
  • R: «Cosa facciamo?! Aspettiamo. Non così pazienti come dici di vederci, ma aspettiamo. Che finisca il processo, le vittime escano e possano trovare qualcuno che le accolga. Le accompagni fuori, anche solo per un caffé. Si faccia carico della loro sofferenza. Delle loro lacrime. Di quei racconti che hanno fatto loro rivivere tutto quanto. Ampliandone il dolore. Magari mentre a pochi metri di distanza “lui” il predatore sbadigliava annoiato o le sfidava, ridendo…..»
Frassi ammette di aver raccolto in molti casi le "anamnesi" ed i racconti dei bambini, addirittura prima che questi venissero sentiti dalle autorità giudiziarie:
  • «In alcuni casi precedenti abbiamo realizzato anamnesi sui bambini, e poi inviato un fascicolo con i loro racconti in procura».
Quanta sollecitudine, forse temeva che le procure non avessero i mezzi per compiere da sole quelle delicate operazioni irripetibili? E siamo certi che l'associazione Prometeo si sia avvalsa sempre di professionisti certificati per tali operazioni, o se ne sarà occupato Frassi in persona?
Non riteniamo che i master di Bristol lo abilitino all'esercizio delle professioni medico/psicologiche.

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I maxi-processi di Bergamo e Brescia si stanno concludendo, dimostrando inequivocabilmente l'errore di genitori ed inquirenti della prima ora. Eppure gli stessi, forse comprensibilmente incapaci di liberarsi di un soverchiante senso di colpa, ancora danno la colpa dei sintomi fittizi dei minori, agli stessi fantomatici pedofili che senza successo hanno finora accusato. E trovano conforto solo rinchiudendosi nell'abbraccio di Mr. Prometeo, che li pettina con la propria becera partigianeria criminologica:
  • "Per questo quando si sente parlare di “genitori che si contagiano autoconvincendosi che i propri figli abbiano subito abusi” non si può che ridere. Amaramente".
Invece di studiarsi le sentenze e dotarsi di consulenti davvero preparati a 360°, che possano fornire un sostegno valido ai loro assistiti, oggi Frassi e i collaboratori di Prometeo inchiodano ancora quei bambini in una realtà ormai disconfermata.
"Dare voce alle vittime" non è mica sempre sinonimo di sostegno, né è sempre compatibile con la deontologia psichiatrica, ma questo Frassi non sembra averlo mai studiato a Bristol, e non mostra alcuna intenzione di cambiare marcia.
Stiamo parlando di parecchie decine di bambini lombardi, molti dei quali nel frattempo si saranno definitivamente lasciati convincere di aver vissuto traumi raccapriccianti, solo per evitare un conflitto di lealtà con le isteriche aspettative dei propri genitori.
Peggio ancora, per alcuni di essi si teme che ad anni di distanza possano essere ancora sottoposti a dannose psicoterapie antiabuso, per una diagnosi sbagliata dalla quale non vengono liberati solo per non contrariare Frassi e le psicologhe di fiducia di Prometeo.

Questa è la vera immane tragedia, di cui oggi le autorità giudiziarie e socio-assistenziali lombarde dovrebbero occuparsi almeno un minuto, dopo aver speso anni e milioni di euro appresso a criminologie e processi strampalati. Mentre le suore e le maestre indagate escono a testa alta dal tribunale, molti di quei bambini vanno ancora aiutati ad uscire fuori dal delirio pedosatanista in cui sono stati sprofondati.
Intanto la Procura di Bergamo, che pure avrebbe già tutti gli atti in mano, ancora dorme. Certo che, se dovessero decidere di scoperchiare finalmente il pentolone, la procura dovrebbe innanzitutto spiegarci quali siano stati i criteri per i quali Massimiliano Frassi e Prometeo onlus sono stati identificati come partner dell'azione giudiziaria di tutela minorile. Ma che non vengano a parlarci di troppi master in criminologia.

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Parafrasando Frassi stesso, agli operatori di Prometeo onlus e delle altre associazioni anti-pedofilia che si occupano di bambini vittime di presunti abusi,
  • consiglio pertanto di stargli vicino (ci mancherebbe altro, nessuno lo criticherebbe), ma da privati cittadini. Senza blog o altre piazzate, avrete peraltro tutto il tempo per farle se si scoprirà essere davvero una povera vittima. Portare i bambini da certi psicoterapeuti, sputtanare gli imputati a Montecitorio, organizzare centri di "preparazione" dei bambini alla udienza, diffamare gli avvocati della difesa….bhè non sono certo atteggiamenti scaltri, rispettosi ed intelligenti, tutt’altro……"
Forza, Frassi. Una embrionale logica di base dimostra di averla appresa, ci sembra che serva però almeno un altro master. Al quinto, forse gli insegneranno anche qualcosa sui pericoli dei falsi abusi e sui gravi danni che possono compiere le associazioni anti-pedofilia e di sedicente tutela dei bambini, sequestrandoli a vita in una sola verità potenzialmente dannosa e non revisionabile.

Ugo

mercoledì 13 maggio 2009

L'avvocato Coffari, da Manhattan Beach al Masachussets

Ci siamo già occupati della disinformazione illogica e pregiudiziale che talvolta proviene dall'associazione "Movimento per l'Infanzia" e dal suo presidente, Avv. Andrea Girolamo Coffari.

L'avv. Coffari è reduce dalla sonora sconfitta delle parti civili al processo di appello per il caso dell'asilo Sorelli di Brescia, che è stato nuovamente riconosciuto del tutto insussistente (ovvero un falso abuso collettivo). Restano incredule le famiglie, che si erano pervicacemente convinte che i propri figli fossero stati abusati da una banda di orchi pedosatanisti, e si trovano adesso sbugiardati e costretti al pagamento delle spese processuali.
Pare ancor più incredulo l'avv. Coffari, che promette battaglia:
  • "In riferimento invece all’asilo Sorelli di Brescia vi è una recente sentenza della Corte d’Appello che assolve tutti gli imputati ma che per la qualità e la quantità delle testimonianze dei bambini e dei genitori, per i numerosi e inequivocabili segni trovati nelle parti intime dei bambini, ad avviso di chi ha seguito il processo come difensore della parte civile, presta il fianco a pesanti censure di legittimità una volta che sarà vagliata dai giudici della Cassazione".
Un'uscita davvero infelice quella di Coffari, in primo luogo perchè le motivazioni della sentenza Sorelli non sono ancora state pubblicate: egli sta cercando di spacciare già per fatti "pesanti", quelle che al momento non sono che sue mere speranze, ovvero che nella sentenza vi sia qualcosa contro cui appellarsi. Troppa fretta, brutto segno.
Ci risulta inoltre incomprensibile la logica per cui la presunta "quantità e qualità" degli stessi elementi probatori già portati al processo e per due volte valutati inconsistenti dalla corte, dovrebbe costituire elemento di "censura di legittimità" in Cassazione. L'avv. Coffari dovrebbe ben sapere che non può essere compito della Corte Suprema quello di rivalutare gli elementi probatori. Ma allora in quali censure sta sperando Coffari? Solo fumo, per convincere i suoi clienti a seguirlo ancora in Cassazione?
Non crediamo. Certe uscite sembrano piuttosto il segno di una difficoltà personale a confrontarsi con la realtà. Come un pugile suonato da un colpo da KO, l'avv. Coffari sta cercando di rialzarsi in piedi e dai suoi blog mena disordinatamente fendenti a destra e manca.

Ecco allora che sul neonato blog del "Movimento per l'Infanzia Lazio", la sua nuova collaboratrice Roberta Lerici ha pubblicato in data 11/05/09 un articolo firmato da Andrea Coffari, dal titolo roboante:
Finalmente, se ne sentiva il bisogno. A 26 anni di distanza dai fatti di Manhattan Beach, l'ideologo del bambinocentrismo ci spiegherà che cosa è vero e cosa è falso, sul più famoso caso di presunto abuso sessuale collettivo delle moderne scienze forensi.
E, a sorpresa, sembra che Coffari stavolta non voglia aprioristicamente negare la versione ufficiale (per cui si sarebbe trattato di un falso abuso per suggestione collettiva); egli si limita a definirlo "complesso e controverso".
Pur senza mai sbilanciarsi del tutto, per il Mc Martin l'avv. Coffari ravvisa comunque elementi di errore nelle indagini, di panico collettivo e di modalità di interrogatorio suggestivo ed induttivo sui bambini. Leggiamo il suo riassunto:
  • "All’indomani della denuncia la polizia di Los Angeles spedì una lettera a tutti i genitori dell’asilo che avevano iscritto i figli alla scuola sia per l’anno corrente che negli anni precedenti, in tale lettera si leggeva chiaramente che nell’asilo si sarebbero verificati atti di violenza sessuale a sfondo sado-masochistico e che era necessario che i genitori ascoltassero e interrogassero i loro figli che avevano frequentato l’asilo per verificare se fossero o meno stati vittime dei medesimi abusi. L’iniziativa della polizia scatenò nella piccola cittadina un vero e proprio allarme sociale associabile ad uno stato di panico collettivo, numerosi bambini furono sentiti dalla dott.ssa Kee Mc Farlane che, con metodi poco ortodossi (è necessario tenere a mente che eravamo nel 1983) quindi con il massiccio uso di domande suggestive, di modalità relazionali induttive, addirittura in alcuni casi utilizzando l’ipnosi, con vere e proprie pressioni psicologiche, ricatti e minacce per i bambini reticenti e infine premi e gratificazioni ai piccoli che invece decidevano di parlare, cominciò ad interrogare circa 450 bambini, di questi, Mc Farlane formulò ipotesi di abuso per 360, fra questi solo undici fecero delle ammissioni in sede processuale".
Più avanti, Coffari ribadisce con forza questi due punti:
  • "La decisione della polizia di Los Angeles di spedire una lettera a centinaia di genitori oggi è da considerarsi una operazione scellerata e capace di scatenare una vero e proprio panico collettivo".
  • "I bambini furono interrogati con metodi polizieschi, ricattatori, domande suggestive e modalità induttive che hanno gravemente viziato alla fonte le testimonianze".
Ormai l'avv. Coffari è uno dei nostri.
Anch'egli dimostra di credere, almeno in linea di principio, alla possibilità dei falsi abusi sessuali collettivi, e dimostra di comprenderne alcuni potenziali meccanismi.
Un bel passo avanti, rispetto ad un suo recente articolo iper-negazionista scritto il 24/03/09 per il notiziario "Dire Minori" (e riportato sul blog di Roberta Lerici):
  • "I condizionamenti involontari da parte di familiari o psicologi inesperti o addirittura da parte degli inquirenti rappresentano una categoria del tutto sconosciuta alla comune esperienza se riferita alla capacita' di questi condizionamenti, involontari, di generare delle false accuse. Non e' dato immaginare infatti, alla luce di tutte le ricerche scientifiche fino ad oggi svolte e della comune esperienza, come sia possibile involontariamente riuscire a stravolgere l'equilibrio psicologico di un bambino fino a fargli raccontare traumatici episodi di violenza sessuale".
Coffari si rimangia finalmente quella sparata e, almeno per il caso Mc Martin, inizia ad accarezzare la possibilità che certe cose esistano. Batti che ribatti, il dubbio entra anche nei pregiudizi più solidi.

E poco importa se nel prosieguo del suo articolo sul Mc Martin, l'avv. Coffari implori il lettore di credere che tutti i casi giudiziari simili successi in Italia, siano invece tutt'altra cosa, e che non abbiano proprio nulla da spartire col Mc Martin.
Egli cita l'asilo di Prato, l'asilo di Calabritto, l'asilo Bovetti di Torino e "altre denunce che riguardano asili posti nei paesi o nelle città di Rignano Flaminio, Bergamo, Brescia,Verona, Valle Lucania [sic], Asti, Gravina di Puglia, Roma, Palermo": per Coffari genuini episodi di pedosatanismo organizzato, indagati e dimostrati con perizia dalle nostre procure, senza gli errori e le suggestioni del Mc Martin.
Sì sì, come no?

Peccato per Coffari che chiunque conosca quelle vicende, sa perfettamente quanto disastrosa e irrituale sia stata spesso l'azione degli inquirenti e dei loro consulenti. E se l'avv. Coffari leggesse più attentamente anche il nostro blog e quello de "Il Giustiziere", avrebbe scoperto che tra il caso Mc Martin ed i casi di Brescia e Rignano Flaminio, non vi è solo una chiara similitudine, ma che vi sono elementi per sospettare che le indagini su questi casi italiani potrebbero essere state influenzate da metodi e pregiudizi che, attraverso Roberta Lerici, Massimiliano Frassi, Ray Wyre, Tim Tate, giungevano direttamente da quegli stessi che lavorarono e sbagliarono nel 1983 a Manhattan Beach:
  • "When Tate had visited the United States for the Cook Report he returned with a file of so-called "Satanic indicators" (signs for investigators to look for), given to him by cult-crime "experts" involved in the McMartin Pre-school Case. According to the JET Report, he gave these to Wyre (who knew nothing until then about Satanic Abuse)" (fonte).
Ray Wyre venne nel 2003 in Italia a parlarne ad un convegno della Prometeo di Massimiliano Frassi, portando in dono la stessa lista di "indicatori satanici". L'associazione Prometeo piombò sul caso di Brescia, che si colorì di dettagli degni di un sabba stregonesco.
E quando nel 2006 emersero i primi sospetti a Rignano Flaminio, la signora Roberta Lerici (oggi appassionata collaboratrice del Movimento per l'Infanzia di Coffari) per prima cosa studiò il caso di Brescia e si mise in contatto con Massimiliano Frassi e le sue fantasticherie:
  • "Della pedofilia non sapevo nulla. Mi sono messa a studiare. Ho scaricato da internet 2.500 file di interesse. E ne ho selezionati 600. Ho cominciato a trovare analogie con altri casi. E dopo che la preside della scuola mi aveva detto che "A Rignano sarebbe finita come a Brescia, con tante assoluzioni", ho preso contatto con l'Associazione Prometeo. Ho studiato i processi di Brescia per i fatti degli asili Abba e Serelli. Ho capito quali errori non dovevamo ripetere. Ho scoperto cos'è "l'abuso rituale" e il ruolo delle donne. Cos’é il "satanismo".
Se i bambini di Brescia e Rignano Flaminio hanno parlato di tunnel, calici di sangue, maschere e cani buttati nel fuoco, proprio come quelli del Mc Martin 26 anni prima, il nesso potrebbe essere molto diretto.

Ma non ditelo a Coffari, che resti nell'illusione di vivere nel paese dei balocchi. Basta credere a Coffari, e il nostro sistema di indagine antipedofilia vi apparirà ottimale e immune agli sbagli del Mc Martin.
Non gli hanno datto retta però quei giudici, che a Brescia hanno fatto a pezzi un'indagine degna del medioevo. Coffari c'era al processo, ma non sembra aver fatto caso a tutte le presunte prove poi smontate e alle manovre di suggestione invece dimostrate; il suo pensiero forse era già rivolto al futuro trionfo in Cassazione.

A proposito del caso di Prato (in cui le famiglie accusanti vennero difese dall'avv. Elena Zazzeri, che ritroviamo anch'essa nella recente caporetto di Brescia), così l'avv. Coffari:
  • "Il primo caso che si è concluso con una condanna definitiva, confermata dalla Corte di Cassazione, è quello dell’asilo di Prato, con più di trenta bambini vittime di abusi sessuali. È importante notare come la sentenza della Corte Suprema ha confermato la condanna solo per un bidello in quanto, pur essendo stato accertato che le violenze si erano verificate con la complicità di più adulti, dal tenore delle dichiarazione dei bambini si sono potuti ricostruire i fatti e individuare con certezza un solo responsabile delle violenze, purtroppo i giudici non sono riusciti ad identificare gli altri complici che pure esistevano e che oggi sono a piede libero. Una delle considerazioni più importanti che è necessario puntualizzare è che il processo di Prato si è concluso con una condanna nonostante che i bambini coinvolti non siano mai stati sentiti direttamente, le testimonianze infatti raccolte sono state tutte de relato".

Coffari non si accorge nemmeno di darsi la zappa sui piedi, e per ben due motivi:
  • in primo luogo, ci segnala egli stesso il vero motivo per cui a Prato si sia giunti ad una condanna tanto assurda, ovvero che i giudici hanno accettato per buone delle fonti di prova intollerabili per un sistema giudiziario democratico e garantista. I condannati di Prato finirono in carcere solo per le convinzioni de relato di un gruppo di mamme, chapeau! E per Coffari un simile caso giudiziario dovrebbe fare scuola e fornire dimostrazioni alla scienza forense?
  • in secondo luogo, Coffari si affanna a segnalare come per alcuni di questi casi l'esistenza delle orde pedosataniste negli asili sia accertata e valida per la scienza forense, sulla base della condanna giudiziaria definitiva. Il risultato processuale come criterio di validità scientifica. Bene, ha certamente una sua logica, ma è un'arma a doppio taglio: ci domandiamo infatti se in futuro (ad esempio se la Cassazione dovesse confermare l'assoluzione per la bufala dell'asilo Sorelli di Brescia), il nostro Coffari vorrà dimostrare tanta onestà intellettuale da confermare, secondo lo stesso criterio, che anche i casi nostrani conclusi con assoluzioni per insussistenza dei fatti, possono passare alla storia come falsi abusi collettivi.

Purtroppo, il criterio della condanna definitiva come elemento di verità scientifica viene applicato da Coffari in modo piuttosto pregiudiziale ed induttivo. Parlando di casi statunitensi, egli omette accuratamente di citare tutti quelli conclusi con assoluzioni per infondatezza (e la ricerca del FBI che ne accolse per "possibili" solo tre, tra le centinaia esaminati), mentre accenna nel suo articolo solo ai due casi di condanna per abuso rituale che è riuscito a trovare:
  • il caso dei Fuster all'asilo "Country Walk" di Miami nel 1985, del quale segnaliamo però a Coffari ed i suoi lettori anche la rivisitazione critica di Debbie Nathan, che pone forti dubbi sugli elementi probatori ed espone gravi sospetti sul ruolo nella genesi del caso della pseudo-giornalista Jan Hollingsworth (che fece la segnalazione alle autorità) e dello pseudo-psichiatra Joseph Braga (che interrogò i bambini). Si trattava di veri appassionati del caso Mc Martin, già da mesi in cerca di un caso simile in Florida, e che poi scrissero sulla vicenda il best-seller "Unspeakable Acts" (vi sarebbero dei parallelismi molto interessanti da esplorare tra la Hollingsworth ed il nostro Massimiliano Frassi); [AGGIUNTA 14/05: oggi sul blog de "Il Giustiziere" è stato pubblicato un tempestivo articolo di Sarvan '70, che specifica meglio questo caso ed espone le grandi perplessità che gravano sulla condanna ai Fuster]
  • il caso degli Amirault nel 1986 all'asilo "Fells Acres" di Malden in Massachusetts ("Masachussets" secondo la tastiera bambinocentrica di Coffari). Presentato anche questo come esempio valido di condanna, eppure basterebbe dare un'occhiata su Wikipedia per scoprire che la sentenza fu basata solo su dichiarazioni raccolte con metodi quasi coercitivi negli interrogatori dell'infermiera pediatrica Susan J. Kelley (che poi ha fatto una luminosa carriera come abusologa). La condanna subì poi per le due donne coinvolte una incredibile serie di rovesciamenti, e fu infine mantenuta sulla base del discutibile principio della necessità popolare di "finality", nonostante l'esplicito riconoscimento della corte che il loro processo non era stato giusto. Violet Amirault morì nel 1997, ancora in attesa di una sentenza definitiva, mentre Cheryl Amirault venne scarcerata nel 1999 sulla base di un ambiguo accordo col District Attorney che commutava la pena nel periodo di detenzione già svolta (una sorta di scurdammoce 'o passato). Insomma, non si direbbe proprio un caso da inserire a cuor leggero tra gli abusi rituali scientificamente accertati, ma Coffari lo ha fatto (in questo sito "innocentista" si trova una storia dettagliata del processo).
Coffari non si domanda il motivo per cui ormai da vent'anni in America non arrivano più simili condanne. Sulla base dei soli casi che si è accuratamente selezionato per darsi ragione, conclude invece così la sua carrellata partigiana:
  • "La verità quindi è che vi sono casi giudiziari di violenze sessuali collettive consumatisi a danno di bambini in tenera età ad opera di operatori degli asili che ospitavano le piccole vittime che si sono conclusi con un’assoluzione, anche se rimangono casi assolutamente controversi, e altri ancora che invece si sono conclusi con severe e sonore condanne nei confronti degli imputati".
Il motivo per cui solo le assoluzioni possono essere controverse e dubbie, Coffari non ce lo spiega.


Le fonti di Coffari

Alla pubblicazione de "La vera storia del caso Mc Martin", i commentatori del nostro blog hanno colto subito una stranezza nell'approccio di Coffari, il quale:
  • "da un lato ammette le domande suggestive, le indagini sbagliate, il contagio tra i genitori etc. etc. etc. (tutte condizioni, lascia intendere che "mai" si sarebbero verificate nei casi italiani....) dall'altro però, con tipico fare complottista insinua (l'accusatrice morta in circostanze misteriose, il detective suicida...) di losche manovre per mettere a tacere i testimoni!" (Gianni Perfetti)

Forse che l'ammissione della possibilità del falso abuso per suggestione, sia stata tanto sofferta per Coffari, da indurlo a non abbandonare ancora ogni speranza e tentennare sull'orlo dell'allusione al possibile mega-complotto di copertura degli abusi:
  • "Nel 1984 Yudy Jhonson, la madre del primo bambino abusato, morì in ospedale dopo essere stata ricoverata per abuso di alcool, la causa della sua morte ancora oggi è da molti ritenuta controversa perché i familiari sostengono che fosse allergica all’alcool e che sapeva di esserlo, per tale motivo gli stessi ritengono non plausibile che fosse morta per eccessivo uso di alcool. E’ importante aggiungere che, poco tempo prima della morte, la Jhonson aveva dato chiari segni di squilibrio mentale, si era infatti barricata in casa con il figlio, Mattew, sostenendo che pure il marito aveva abusato del bambino, vi è da precisare che a Yudy Jhonson, prima della morte, era stata diagnosticata una schizofrenia paranoie.
  • Nel 1986 il detective dell’accusa Bynum, considerato un teste fondamentale, che era riuscito a trovare dei riscontri compiendo degli scavi intorno all’asilo, venne trovato morto, apparentemente suicida, la sera prima che fosse sentito in aula".

Su quest'ultimo sospetto, ci risulta sia stato sollevato per la prima volta dall'archeologo E. Gary Stickel, chiamato nel 1990 da Ted Gunderson (il re dei mitomani e nostra vecchia conoscenza) per condurre gli scavi sotto l'asilo alla ricerca dei famigerati tunnel descritti dai bambini.
Il suo report viene criticamente analizzato da John Earl nell'indagine "The Dark Truth About the Dark Tunnels of McMartin", pubblicata sull'IPT Forensic Journal nel 1995, ove su questo punto così si chiosa:
  • "The insinuations that the McMartin defense had something to hide, that they suppressed evidence, and that Bynum's death was somehow connected to his recovery of animal remains from the McMartin property are irresponsible and without foundation".

Merita soffermarsi anche sulle perplessità diffuse oggi dall'avv. Coffari a proposito della morte di Judy Johnson ("Yudy Jhonson" per Coffari, se vuole scrivere davvero la vera storia del Mc Martin potrebbe iniziare copiando almeno i nomi giusti).
Andrebbe detto innanzitutto che l'allergia all'alcool non esiste (sul web ho trovato qui un chiarimento più esaustivo, da parte del Dott. Corica). La Johnson morì effettivamente nel dicembre del 1986 (1984 per Coffari) per intossicazione alcoolica, ma era ben noto che bevesse, in una intervista ce lo conferma perfino Jackie McGauley (leader del gruppo dei genitori accusanti a Manhattan Beach):
  • "She was allergic to alcohol. She told me that, but started drinking to escape the horror that her life had become".
Invitiamo allora l'avvocato Coffari a citare la prossima volta anche le fonti dei propri racconti, sempre che egli davvero voglia tentare la strada della documentazione scientifica rigorosa.
Egli non si è sprecato infatti ad indicare quale fosse la fonte di questo suo sospetto sulla morte della Johnson, ipse dixit, ma noi ce lo siamo domandati ugualmente e, sebbene non possiamo esserne certi, ci sembra che solo un autore abbia sollevato in precedenza la stessa domanda (e guarda caso, in concomitanza con dubbi sulla morte di Bynum e altri degli stessi elementi che ritroviamo oggi nell'articolo di Coffari):
Alex Constantine è un musicista e giornalista investigativo, convinto che la CIA conduca attraverso gli abusi satanici dei programmi di controllo della mente e che l'asilo Mc Martin fosse sede di esperimenti governativi di tortura sui bimbi. Autore di "Psychic Dictatorship in the United States" (che contiene la sezione su "Telemetric Mind Control" e quella su "CIA, Satanism & Cult Abuse of Children"); ha scritto anche un libro in cui avanza la teoria che la morte delle rock star sia parte di un complotto della CIA.

Vogliamo davvero augurarci che il presidente del Movimento per l'Infanzia, per raccontare alla nostra nazione "la vera storia del caso Mc Martin", forse alla disperata caccia di un appiglio per gettare dubbi anche su questo, non sia sceso tanto in basso.

Ugo