martedì 13 novembre 2007

I vecchi vizi del CISMAI

In un precedente articolo, ci siamo scandalizzati per le immotivate allusioni colpevoliste che la presidente del CISMAI, dott.ssa Roberta Luberti, ha scagliato il 15/05/2007 con la nota ufficiale "Processi mediatici e diritti delle vittime: da Cogne a Rignano Flaminio" contro gli imputati del caso di Rignano Flaminio.
La psicoterapeuta fiorentina, nonostante non esista alcuna prova degli abusi di Rignano, né alcuna immagine dei presunti stupri avvenuti sui bimbi dell'asilo Olga Rovere, cerca di farci credere che sia "utile" valutare il caso di Rignano alla luce delle sue seguenti allusioni:
  • 7. Come si spiegano i dati sulla pedopornografia tramite internet? In questo campo ci sono foto e filmati, a milioni, che circolano su migliaia di siti pedopornografici (una foto o un filmato possono raggiungere dai 10.000 ai 15.000 siti).
  • 8. E’ caccia alle streghe dire che, oltre ad esserci organizzazioni criminali dedite a questi “affari”, ci sono anche singoli che immettono immagini e filmati di abusi sessuali perpetrati sui loro figli o comunque su piccole vittime, e questo anche in Italia? E che per accedere ai giri di pedofili e ricevere materiale pedopornografico, le organizzazioni richiedono delle “prove” agli aspiranti aderenti, sotto forma di materiale dello stesso tipo? E che le attività pedopornografiche stanno superando in proventi lo spaccio di sostanze stupefacenti? Queste sono tutte virtuali e non esistono nella realtà, non hanno famiglie, non svolgono professioni a contatto con i bambini, non hanno vicini di casa, conoscenti ed amici con dei bambini?
Abbiamo già argomentato quanto grave sia questo episodio, che dimostra il radicato pregiudizio e la mancanza di logica e di cultura giudiziaria che affliggono la maggiore associazione privata del settore.
E' avvilente scoprire anche che quello dell'allusione immotivata è un vecchio vizio del CISMAI. Ripercorrendo i fattacci della bassa modenese, clamorosa vicenda di falsi abusi che hanno rovinato o addirittura terminato la vita di molti innocenti, ingiustamente coinvolti in una insensata caccia alle streghe ancora non conclusa, incontriamo questa vecchia interpellanza rivolta nel 2000 dai senatori Cortelloni, Di Benedetto, Mundi e Lauria al Ministro della Giustizia:
  • Premesso:
  • che lunedì 5 giugno 2000 veniva emesso dal tribunale di Modena il verdetto di condanna a carico di quattordici imputati nell’ambito del maxiprocesso per presunte violenze e abusi sessuali su minori nella Bassa modenese;
  • che la professoressa Paola Di Blasio, docente di psicologia dello sviluppo e consulente del pubblico ministero, dottor Andrea Claudiani, il 7 giugno 2000 rilasciava al quotidiano "Il Giornale" l’intervista dal titolo: "Nessun rito satanico, lo scopo era girare filmini per maniaci", nella quale affermava che dietro agli episodi che hanno portato alla condanna degli imputati nel processo succitato non vi sarebbero affatto "riti satanici", ma abusi rituali finalizzati alla produzione di video pornografici ed alla loro commercializzazione; si tratterebbe, sempre secondo la professoressa Di Blasio, di "... un grosso giro di affari in cui si uniscono interessi commerciali e forme di perversione da parte di adulti che commettono queste azioni in gruppo";
  • che dalle notizie degli organi di informazione locale sembra però che non sia mai stata ritrovata neppure una fotografia,
  • si chiede di sapere:
  • se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza che la procura della Repubblica di Modena abbia rinvenuto materiale pornografico (videocassette, siti Internet, fotografie e quant’altro) destinato, o meno, al mercato sommerso dei pedofili e dei maniaci, in cui i minori coinvolti nel succitato processo fossero stati filmati;
  • in caso affermativo, quali provvedimenti abbia assunto o intenda assumere;
  • in caso negativo, se non ritenga censurabile che la consulente del pubblico ministero rilasci interviste di tale natura.
Vale la pena di ricordare che la prof.ssa Paola Di Blasio (già nella nostra blacklist) è uno dei soci fondatori e degli ideologi del CISMAI. Già nel 2000 dunque il CISMAI, di fronte alle prime sentenze contro gli imputati della bassa modenese (condannati proprio sulla base di ingiustificabili perizie), per sostenere il proprio furore accusatorio diffondeva alla stampa delle allusioni immotivate al mercato della pedopornografia. Senza avere uno straccio di elemento: "peccato che nessuno abbia mai trovato nulla, una foto, una videocassetta o un sito internet, né esista traccia di denaro, tantomeno nelle tasche degli indagati, quasi tutti poco sopra il livello di indigenza" (fonte).
Un pregiudizio bello e buono, proprio lo stesso che ha recentemente esibito l'attuale presidente CISMAI, dott.ssa Luberti. Un pregiudizio che aveva già fatto morti e danni gravissimi nel modenese, riproposto oggi per Rignano Flaminio.
Pregiudizio è non imparare mai dai propri errori.


Errare humanum est, perseverare diabolicum.
Lo zampino di Satana in questi casi forse c'è davvero.

Ugo

lunedì 12 novembre 2007

Il sorpasso

Nei precedenti articoli abbiamo commentato un comunicato ufficiale del CISMAI, pubblicato dalla presidente dott.ssa Roberta Luberti sulla homepage societaria il 15/05/2007: "Processi mediatici e diritti delle vittime: da Cogne a Rignano Flaminio".

Torniamo oggi su una affermazione contenuta al punto 8 del comunicato, ove la presidente per alludere ai motivi per cui un colpevole a Rignano bisognerebbe pur trovarlo, ci magnifica le dimensioni del fenomeno della pedopornografia, una informazione che Luberti collega alla vicenda dell'Olga Rovere:
  • "le attività pedopornografiche stanno superando in proventi lo spaccio di sostanze stupefacenti"... BUMM!
Una affermazione così macroscopicamente infondata da far cascare le braccia. Come è possibile che una esperta di pedofilia, anzi la presidente di coloro che dovrebbero essere gli esperti di pedofilia, possa affermare una falsità così distante dai fatti?

Il giro d'affari del traffico illegale di stupefacenti nel nostro paese si aggira attorno ad alcune decine di miliardi di euro (25926 milioni nel 2002), tanto quanto una corposa manovra finanziaria annuale dello Stato, una cifra annua corrispondente a quasi un milione di vecchie lire pro capite.
Quanto vale invece il mercato complessivo annuo delle attività pedopornografiche nel nostro paese? A quali dati fa riferimento la dott.ssa Luberti, per indicare il prossimo "sorpasso" sugli stupefacenti? Non lo sappiamo, in questa occasione il CISMAI non ha esplicitato fonti.

Ci siamo ricordati che la stessa affermazione era presente in una intervista di Luca Barbareschi per il Giornale, subito ripresa dal sito dell'Associazione Prometeo, in cui si sostiene che "il giro d'affari legato alla pedofilia ha superato in Italia quello della droga" (l'attore ci dà il sorpasso per già avvenuto).

La nostra indagine sulle origini di questa sparata, ci conduce innanzitutto alla segnalazione di una forte assonanza con una frase tratta dalla presentazione di un libro di Somaly Mam:
  • "il traffico di donne e bambini a sfondo sessuale è un’emergenza a livello mondiale. E’ al secondo posto dopo il traffico di armi, superando il traffico di droga"
In questa affermazione ci si riferisce tuttavia a tutto il traffico di persone a scopo sessuale (prostituzione, schiavitù, tratta di donne e bambini) di cui il mercato pedopornografico non può essere che una minima fetta.
Allo stesso modo, durante un seminario tenutosi in Toscana nel 2005:
  • "La relazione centrale è stata tenuta dalla Dott.ssa Rossella Corsini, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pistoia, che ha presentato gli aspetti giurisdizionali e le esperienze investigative effettuate in ambito provinciale sul tema della repressione della tratta degli esseri umani a scopo sessuale, illustrando in modo puntuale ed approfondito tali aspetti, sia in riferimento alla dimensione europea e mondiale del fenomeno (che in termini di bilanci economici sta superando quello della filiera della droga) (...)";
Dello stesso tipo di sorpasso, si parla ancora in relazione alla situazione del traffico di donne in Colombia, in questo report:
  • "L’OIM stima che 4 milioni di persone (uomini e donne) sono vittime di traffico ogni anno, con conseguenti 7 miliardi di dollari in profitti per i gruppi criminali. Secondo solo al traffico di droga per redditività, il ‘traffico di persone’ secondo le previsioni si avvia a diventare nei prossimi anni il primo traffico al mondo".
E' solo in un settimanale satirico che abbiamo ritrovato l'indicazione di una fonte presunta dei dati del "sorpasso", non comunque riferibile al solo pedobusiness e in ogni caso basata su cifre che sarebbero ancora insufficienti per minacciare il primato del mercato delle droghe:
  • "L’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa valuta che la cifra d’affari generata dalla tratta degli esseri umani abbia superato quella del traffico di droga e del traffico d’armi. Raggiungerebbe i 35 miliardi di dollari l’anno".
Quella del "sorpasso" tra traffici illegali sembra essere dunque una figura retorica già spesso usata anche in altri campi, difficile sapere chi ne detenga il copyright. Può darsi che alcuni sedicenti esperti nostrani, come Luberti e Barbareschi, abbiano confuso una affermazione valida (forse) per tutto il mercato della tratta di esseri umani, per una informazione relativa al solo pedobusiness di cui si interessano.

Abbiamo tuttavia il sospetto che in questo convincimento possa rieccheggiare anche una delle più note bufale del settore, la leggenda metropolitana degli "11 miliardi di euro".
Essa risale ad un dato irragionevole, pubblicato dall'associazione "Save the Children" in occasione del lancio pubblico dell'iniziativa "stop-it", con questo comunicato stampa del 15/1/2003 riferito ai profitti della pedopornografia:
  • "Solo in Italia, si calcola che il business faccia registrare un fatturato annuo di oltre 11 miliardi di euro (21 mila miliardi di lire)"
Sul web, non ci è stato possibile ricostruire da dove questa cifra sia saltata fuori, essa compare già il 12/11/2002 sul sito della Polizia di Stato, ma basata sempre sulla stessa fonte.
Il dato degli "11 miliardi di euro" nei comunicati viene sempre proposto vicino a dati Eurispes, ma non è questa la sua fonte. Nessuno ha idea di come sia nata questa informazione da parte di "Save the Children", temiamo la abbiano sentita raccontare da mio cuggino.

La bufala di Save the Children viene pedantemente ritrasmessa da altri soggetti del settore, poco critici sulle proporzioni del fenomeno di cui si dichiarano esperti:
Già il 30/1/2003 il dato veniva identificato come sciocchezza macroscopica in un forum (inquietante come sia facile per un qualsiasi forumista ridicolizzare le informazioni a cui credono invece ciecamente i sedicenti esperti del settore). Vi scriveva allora un arguto utente anonimo:
  • "Supponiamo che in italia ci siano un milione di pedofili (cioè un maschio ogni 28). Allora in media ogni pedofilo spenderebbe 11.000 euro all'anno per comprarsi sto scempio di immagini. Cioè poco meno di 1000 euro al mese. In media. Quindi o 'sti porci, hanno uno sfacello di soldi, o qualcuno ha sbagliato a far di conto".
E un altro anonimo più arrabbiato:
  • "E' una palla cosi' mostruosamente grande che fa ridere e piangere allo stesso tempo! L'opinione che mi sono fatto e' che queste associazioni guadagnino credito e fama con queste sparate, anzi magari fanno anche a gara a chi le spara piu' grosse. E magari prendono pure dei soldi, chissa' quanti".
Infine un certo "nasoblu4" che faceva notare che il valore di tutte le transazioni commerciali sul web avrebbe raggiunto nel 2003 solo la somma di 3,9 miliardi di dollari annui nel mondo. La cifra sparata da "Save the Children" era 3 volte maggiore.
Insomma il web si era già divertito a prendere in giro questo ennesimo episodio di creduloneria allarmistica degli abusologi.

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Quanto vale davvero il giro d'affari italiano del pedobusiness?
Il Governo ha istituito un Osservatorio per il contrasto della pedofilia e pornografia minorile, ma per il momento esso segnala solo che i dati finora raccolti non sono omogenei e che è stata prevista l’istituzione della Banca Dati dell’Osservatorio.

Prendiamo allora per buoni i dati del report 2007 di Telefono Arcobaleno, che parlano di un volume di affari mondiale del pedobusiness sul web per circa 13 milioni di dollari al giorno (circa 3,4 miliardi di euro ogni anno). Di questa cifra, quanto vale la fetta italiana?
Volendo azzardare una stima, basandoci sul fatto che il PIL italiano rappresenta il 2,7% di quello mondiale, il calcolo suggerisce un volume d'affari nazionale attorno ai 100 milioni di euro annui. Aspettiamo dati ufficiali o altre segnalazioni per correggere questa nostra stima approssimativa, che ci appare spannometricamente ragionevole per proporzioni (ricordandosi che la cifra di Telefono Arcobaleno si riferisce alla sola pedopornografia sul web, manca cioè il mercato diretto). Dal report di Telefono Arcobaleno, si noti anche la confortante notizia che su 12543 segnalazioni di siti pedopornografici giunte nel primo semestre 2007, solo una era relativa ad un server italiano.

Troviamo conforto alle nostre stime in un articolo su Repubblica del 6/11/2003, ove si citano altri dati provenienti da Save the Children, solo pochi mesi dopo la sparata degli 11 miliardi, cifre che risultano stavolta molto più vicine a quelli recenti di Telefono Arcobaleno:
  • "sono 250 milioni le copie di video pedo-pornografici diffuse nel mondo per un fatturato annuo che oscilla indicativamente intorno ai tre miliardi di dollari".
Perchè allora la stessa "Save the Children" non ha mai rettificato ufficialmente il precedente dato italiano, clamorosamente errato? Nei loro più recenti rapporti, ad esempio il terzo "Minori nella rete", non viene fatto più alcun riferimento al dato del volume d'affari complessivo della pedopornografia (neanche nel comunicato stampa).

La nostra stima di 100 milioni annui, sembra poter reggere anche ad un grossolano paragone con il valore del mercato complessivo della pornografia adulta legale in Italia, che equivale approssimativamente ad un miliardo di euro annui: si tratterebbe di un rapporto approssimativo di 10:1 a vantaggio del porno adulto.
Come è stato possibile che "Save the Children" abbia diffuso per la pedopornografia una cifra che sarebbe invece di ben 11 volte superiore a quella totale del porno adulto legale? Per ogni onanista tradizionale, ci sarebbero dunque ben 11 pedofili? E come è stato possibile che questa bufala arrivasse fin sul sito della Polizia dello Stato, senza incontrare un filtro di buon senso?

Per quanto insopportabilmente vasto, il mercato del pedobusiness potrebbe attestarsi dunque come volume di affari ad una cifra almeno 100 volte inferiore alla sparata di Save the Children.
E inferiore di circa 250 volte rispetto al giro d'affari del traffico di stupefacenti, il sorpasso paventato dal CISMAI non sembra imminente. Un errorino da niente?

Da statuto (art. 2), Il CISMAI dovrebbe essere "una sede permanente di carattere culturale e formativo". Non fa affatto onore a queste premesse il comportamento della presidente Luberti, che pubblica ufficialmente una bufala. Perchè la dott.ssa Luberti non si è documentata sui numeri prima di scrivere questo comunicato, affidando invece il proprio messaggio a suggestioni infondate, orecchiate magari durante qualche discussione tra abusologi allarmisti che fanno a chi la spara più grossa contro la pedofilia?
Simili sviste non possono essere casuali, esse lasciano intendere quelle che abbiamo già più volte definito come le malcelate speranze di molti abusologi: già dai termini usati nel comunicato del CISMAI, si può ben intuire che la dott.ssa Luberti di queste cifre ne sa poco, non vi è alcuna precisione numerica, piuttosto quel "stanno superando" esprime un afflato poetico di stampo futurista, di proiezione verso una prossima era eroica per il CISMAI, in cui finalmente l'abuso sessuale sarà in testa a tutti i problemi mondiali, la pandemia tanto attesa.
Dovranno aspettare.

Ugo

lunedì 29 ottobre 2007

Ruoli e rischi nell'investigazione sull'abuso

Diverse figure svolgono un ruolo nelle investigazioni sull'abuso sessuale su minori, ovvero nel meccanismo sociale per cui gli abusi vengono riconosciuti nella popolazione, scoperti, segnalati, accertati processualmente. Si va dall'epidemiologo che studia la diffusione del fenomeno nella popolazione, alla maestra o il pediatra insospettiti da segni strani, al carabiniere che interroga, al perito che deve verificare gli indizi psicofisici o raccogliere le testimonianze minorili, al magistrato che deve giudicare le prove ecc. Tutti costoro, sono impegnati in un compito difficile, anzi impossibile, poiché già sappiamo che nonostante il massimo sforzo di tutti, l'investigazione non può avere il 100% di riconoscimenti corretti. Ciò avviene perchè i segnali di abuso sono per loro natura spuri, nel grande magma del comportamento dei bambini è impossibile identificare dei segnali certamente indicatori di abuso (nemmeno le loro esplicite accuse lo sono), ma al tempo stesso dobbiamo continuare a sorvegliare ed insospettirci, per non lasciare sola ed indifesa una vittima. Per rappresentare i termini della questione, suggeriamo di rivolgersi alla Teoria della Detezione del Segnale (T.D.S.), un costrutto scientifico nato in psicofisica e molto usato anche in tutti i campi della diagnostica medica, proprio per concettualizzare le difficoltà di chi deve identificare con sicurezza un fenomeno che emerge dal rumore di fondo di tanti segnali distraenti:
  • si pensi al classico esempio del radarista militare, che di fronte ad una nuova lucetta lampeggiante sul monitor del proprio radar, deve in breve tempo decidere se si tratti di un innocuo veivolo civile, o se corrisponda invece ad un caccia nemico in arrivo e da far abbattere.
I termini del problema della detezione dei segnali di abuso, secondo la T.D.S., identificano ben quattro categorie possibili: Come si noterà, il compito dell'investigatore sull'abuso è reso estremamente difficile dal fatto che gli errori possibili sono ben due (in rosso):
  • non accorgersi di un abuso vero (abuso sommerso);
  • riconoscere per vero un abuso falso (falso abuso).
Tutti vorremmo che fosse più facile, ma purtroppo la situazione è complessa e non si può far finta di niente. Eppure, una importante impresa civile come l'investigazione sociale sugli abusi è funestata dalla presenza e dalle attività di una grande fetta di esperti che sembrano convinti (o addirittura pretendono) di poter operare ed investigare tenendo presente solo uno di questi problemi (di solito l'abuso sommerso) e trascurando del tutto l'altro problema: sono coloro che ormai vengono comunemente chiamati "abusologi a senso unico". Di esperti col vizio del senso unico sono infiltrate molte delle maggiori associazioni italiane anti-abuso, a cominciare dal Movimento per l'Infanzia e soprattutto dal quasi-monopolista CISMAI (qui un tipico esempio di comunicato a senso unico sugli abusi collettivi, da parte della presidentessa dott.ssa Roberta Luberti). Chi può garantire che costoro non mantengano lo stesso atteggiamento unidirezionale anche quando vengono chiamati a svolgere una funzione pubblica (ad es. il consulente tecnico d'ufficio per la Procura), che non ammette paraocchi e pregiudizi, neanche se intesi "a favore dei deboli"? Suggeriamo a costoro un urgente ripasso della Teoria della Detezione del Segnale (e delle magie della curva R.O.C.). Essa dimostra che i due problemi sono indissolubilmente legati da un vincolo: se scegliamo di modificare i nostri criteri di riconoscimento dell'abuso, per non rischiare che nulla rimanga "sommerso" (il radarista che fa sparare su tutti gli oggetti che volano un po' troppo veloce), è inevitabile che l'intervento ingigantisca l'altro problema collegato (troppi aerei "innocenti" vengono abbattuti). E viceversa. Anche le operazioni "culturali" o "scientifiche", che alcuni vorrebbero far passare per neutre e innocenti, producono in realtà il loro effetto:
  • si immagini che cosa farebbe il nostro radarista, se nella stanza del monitor attorno a lui ci fossero diversi strateghi militari ad urlargli nell'orecchio "il nemico sta arrivando", "il nemico ha aerei quasi invisibili al radar", "il nemico è ferocissimo ed organizzato". Probabilmente quel radarista uscirebbe a sparare lui stesso missili terra-aria anche contro i piccioni, difenderebbe se stesso e al diavolo gli aerei civili abbattuti.
E' proprio ciò che stanno facendo molti dei nostri "radar dell'abuso": genitori che si convincono già al primo dubbio, operatori sociosanitari o educativi che si eccitano per ogni indicatore comportamentale, carabinieri pronti a credere a storie assurde che si sarebbero svolte sotto il loro stesso naso, abusologi che aizzano la popolazione contro ogni sospetto, corsi di formazione per periti in cui si parla solo di "indicatori di abuso" e mai di falsi abusi, magistrati che condannano senza riscontri oggettivi. Tutti soldati dell'esercito del bene, e tra di loro tanti professionisti che, anzichè restare nei confini del proprio ruolo, scendono in strada imbracciando il forcone. E' un treno che può impazzire e prendere tanta velocità da sfondare ogni barriera civile, se tutti si preoccupano solo di pompare carbone e intanto nessuno rinforza le ganasce dei freni e controlla gli scambi. Non venite a raccontarci che la propaganda iper-allarmistica sulla pedofilia (appeal to fear) non ha le sue colpe in ciò. Teoria della Detezione del Segnale: se cerchiamo di impegnarci contro uno dei due problemi, è immancabile che l'altro si ingigantisca. Varrebbe lo stesso, se cercassimo di ridurre a zero i rischi di incarcerare un innocente per falso abuso: inevitabilmente una percentuale maggiore di bimbi abusati non troverebbe giustizia. La T.D.S. mette dunque bene in luce la questione della responsabilità della scelta del criterio: non esiste una modalità che la scienza garantisca per buona in quanto tale. A scelte più garantiste e prudenti corrispondono certi danni collaterali, mentre a scelte più allarmiste e giustizialiste ne corrispondono altri. Ciò smonta il mito che sia solo la scienza e la tecnica a determinare l'esito dell'investigazione sull'abuso: la performance discriminativa del complessivo sistema anti-abuso, non è determinata solo dalla potenzialità dei suoi strumenti conoscitivi (indicatori di abuso, tecniche di investigazione ecc.), ma anche dalla scelta del criterio (e dei suoi "danni collaterali"). L'esercito dei "buoni" purtroppo non può esistere, poiché quando essi si impegnano ad aiutare gli "innocenti" da una parte, la coperta è troppo corta e rischiano di lasciare scoperti altri innocenti. Ma allora che "buoni" sono? Essi in realtà non sono più buoni degli altri, sono solo unilateralmente schierati dalla parte dei bambini, anche di quelli che pronunciano false accuse. Fu geniale a tale proposito il commento di Debbie Nathan e Michael Snedeker (1996), che criticando Finkelhor e la Russell e i seguaci della loro "sociologia paranoide" scrissero: "i ricercatori dei tempi moderni erano pronti a svilire le donne al fine di salvare i bambini". Ma questo, molti abusologi non sembrano comprenderlo: in precedenti articoli, abbiamo citato ad esempio la stizzita risposta dell'intoccabile Maria Benigno Bruni, che si stupisce di fronte ad una interpellanza parlamentare che li accusa di eccessi propagandistici, oppure la risposta di Alberto Pellai al nostro blog, egli (nonostante l'allarmismo e la sicumera con cui vengono propagandati i suoi dati di ricerca) ci scrive che sta "dalla parte delle vere vittime e non degli indagati per errori, dei quali, comunque, non posso che dispiacermi e dolermi, ma rispetto ai quali non mi sento minimanete responsabile". I paladini del bene non portano macchia, così essi credono. Altri paladini, come Massimiliano Frassi (rieccheggiato perfino in recenti parole dell'avv. Taormina sull'informazione pro-pedofili, ma ci è appena cascato anche lo stesso Andrea Coffari), fanno ancora di peggio: confondono la civile battaglia di prevenzione contro il fenomeno del falso abuso e in difesa delle sue vittime, per una attività pro-pedofilia. Calunnia insopportabile, che allude all'idea di un esercito dei "cattivi", che esiste solo nella loro testa. In realtà, di eserciti di buoni e cattivi tra gli indagatori sull'abuso non ve ne sono affatto. Esistono scelte diverse, che comportano assunzioni di responsabilità e rischi di errore. Ed esistono ruoli diversi:
  • c'è chi come questo blog combatte una battaglia solo culturale, dichiaratamente di parte, che critica spesso e volentieri, ma non attacca coloro i quali, per ruolo o per esplicita ammissione, sono schierati lealmente sull'altro fronte (ad esempio i consulenti delle parti civili ed i loro avvocati, o quegli abusologi che dimostrano di saper fare una onesta e sacrosanta propaganda sulla necessità di svelare l'orrore dell'abuso). E' certamente lecito difendere anche uno solo tra i due principi contrapposti, a senso unico, ma solo se si parla dall'interno dei confini di un ruolo di parte;
  • altri combattono battaglie altrettanto partigiane, tuttavia pretendono di essere pubblicamente pagati e di continuare la propria missione personale anche rivestendo ruoli superiori e neutrali (il magistrato, il perito del giudice o il consulente del P.M., il clinico della sanità pubblica, l'abusologo pubblicamente finanziato). Costoro pretendono di ricevere il pubblico applauso e la parcella per ogni abuso disvelato, ma al tempo stesso di essere immuni alla critica per ogni innocente ingiustamente accusato di pedofilia.
E' per queste ragioni che, mentre gli scienziati continuano lo sforzo di raccolta di dati validi ed attendibili sull'abuso, su questi dati devono poi essere Giustizia e Politica a riprendere il proprio ruolo decisionale, e mettere esplicitamente bocca nella questione della scelta dei criteri di decisione: a quali indicatori di abuso dare credito e come. Non sarebbe affatto una invasione del campo della scienza. Si tratta ad esempio di modulare dall'esterno il sistema della scienza dell'abuso e delle perizie, per evitare eccessi e cortocircuiti. Tra i primi passi da compiere, quello di istituire un vero meccanismo di disincentivazione dell'imprudenza professionale sull'abuso. I periti e gli abusologi protagonisti delle peggiori cantonate di falso abuso nel nostro paese, hanno regolarmente intascato le parcelle e sono tutti ancora al loro posto e continuano a ricevere soldi e riconoscimento. Non ce lo possiamo più permettere, eppure la magistratura e la stampa ufficiale non indagano mai in quella direzione; anche i vertici accademici e sanitari, così come gli ordini professionali, fan finta di niente. Sanzionare l'errore è una necessità, ma non sufficiente: vi è anche una urgente richiesta di rivedere i criteri di premio economico e sociale erogato nei confronti degli abusologi. Finché tutto il guadagno delle associazioni che si occupano di abuso sessuale sarà legato solo all'attività di disvelamento dell'abuso, non potremo stupirci che esse si orientano a senso unico, abbassando le soglie di riconoscimento dell'abuso ed innalzando l'allarmismo sociale a livelli tali, che ormai bastano poche bizzarrie comportamentali infantili prodotte sotto pressione emotiva, per mandare in carcere metà del personale del loro asilo. La responsabilità ultima è di una politica miope, che (ad eccezione di encomiabili casi isolati) è corsa solo appresso alle sirene del buonismo anti-pedofilia, da spendere subito con gli elettori: la prevenzione del fenomeno dei falsi abusi è un dovere politico, oltre che un onere sociale, gravato però finora interamente a carico delle private tasche di quei pochi a cui una folle lotteria ha destinato false accuse di abuso. Finchè non verrà socialmente ed economicamente premiato il lavoro degli esperti anche nella direzione della prevenzione dei casi di falso abuso, continueremo a vedere in giro solo abusologi con una missione a senso unico, troppo spesso trincerati dietro la tronfia ed antidemocratica supponenza di coloro che credono di essere i paladini dell'esercito del bene. Ugo

venerdì 26 ottobre 2007

Interrogazioni parlamentari: On. Giovanardi

L'On. Carlo Giovanardi dell'Unione di Centro presenta alla Camera dei Deputati, nella seduta del 12-06-2007, l'interpellanza 2/00595 nei confronti del Ministero della Giustizia. Queste le premesse dell'interrogazione dell'On. Giovanardi:
  • Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
  • i media hanno dato ampio rilievo ad un convegno organizzato a Milano da una associazione denominata IAD Bambini Ancora, secondo la quale in Italia un ragazzo su sei è vittima dei pedofili, con addirittura cento abusi mai scoperti per ogni fatto accertato;
  • questo fenomeno definito nel convegno «l'epidemia del terzo millennio» avrebbe coinvolto, prendendo per buoni i dati forniti dall'associazione, un milione di bambini negli ultimi dieci anni;
  • tali incredibili dati, secondo i quali in ogni classe elementare di trenta bambini, almeno 5 sarebbero stati abusati appaiono totalmente fuori dalla realtà;
  • la diffusione di tali dati rischia di alimentare una psicosi collettiva moltiplicando i casi di segnalazioni di falsi abusi -:
E queste le sue domande:
  • se i responsabili dell'associazione siano professionisti che hanno avuto incarichi di periti da parte dell'autorità giudiziaria;
  • quale fondamento abbiano secondo il governo i dati diffusi da questa associazione;
  • quali costi vengano sostenuti ogni anno per incarichi professionali e consulenze affidati ai cosiddetti esperti della materia.
Ad oggi l'interrogazione è ancora in corso e non ha ricevuto risposta. Per aiutare il lavoro del Ministero della Giustizia e anticipare alcune risposte all'On. Giovanardi, segnaleremo alcune fonti web riguardanti i termini della questione e soprattutto potremo fornire loro qualche dettaglio su quali siano i fondamenti scientifici dei dati diffusi dall'associazione IAD. Termini della questione L'interpellanza di Giovanardi fa riferimento alla onlus anti-pedofilia IAD Bambini Ancora di Milano, che lo scorso 8/9 Giugno ha organizzato il convegno "I segni nell'abuso sessuale sui minori. Fantasia o realtà", tenutosi presso lo IULM e patrocinato dalla Presidenza della Regione Lombardia. Il programma del convegno è riportato anche su questo blog. La onlus IAD Bambini Ancora è presieduta da Maria Benigno Bruni, premio "Ambrogino d'Oro 2006", moglie del medico legale Maurizio Bruni, altro consulente ben noto a chi si occupa di casi di falso abuso e già presente nella nostra blacklist di abusologi (partecipò ad esempio ai processi della bassa modenese ed al processo contro il tassista Viola, quello che poi decretò il tramonto del pool-Forno, massacrato dalle contestazioni della PM Siciliano), anch'egli membro della onlus e relatore al convegno dello IULM (tra i relatori anche lo stesso procuratore Pietro Forno). Chi fosse interessato alle posizioni di questa onlus, può trovare ad esempio sul loro sito: La onlus IAD Bambini Ancora è federata con altre associazioni anti-pedofilia nel "Movimento per l’Infanzia", associazione nazionale "che opera in campo sociale, civile politico e culturale per contribuire alla nascita e alla costruzione di una nuova cultura a favore dell'infanzia". Si tratta di uno dei tanti movimenti che rappresentano la summa dell'abusologia d'accusa a senso unico, presieduto da Andrea Coffari. La lista delle associazioni anti-pedofilia confederate è qui, mentre i membri del direttivo sono listati qui. La storia del movimento è descritta in questo articolo, nel quale troviamo un interessante riferimento ai fondamenti scientifici della propria attività:
  • "Tutte le ricerche finalizzate a fare emergere il fenomeno sommerso della violenza a danno di fanciulli indicano una cifra che varia dal 15% al 25% quale percentuale di ragazzi che dichiarano, rispondendo ad un questionario anonimo, di essere stati oggetto di gravi violenze fisiche o sessuali, (ricerca Movimento per l’Infanzia - Sos infanzia 2005, ricerca prof. Alberto Pellai Dipartimento di Sanità Pubblica Università di Milano 2002, ricerca del prof. Jèrome Laederach dell’Università di Ginevra 1999). Significa che in Italia circa due milioni di bambini su dieci milioni, secondo le proiezioni di queste ricerche, sono stati oggetto di gravi violenze sessuali o fisiche; di questi casi solo lo 0,9% è stato oggetto di denuncia. Nell’ultima ricerca compiuta da Sos Infanzia (Movimento per l’Infanzia) l’11% dei ragazzi ha dichiarato inoltre di essere stato vittima di violenze psicologiche durante l’infanzia (si tratta di circa un milione di minori). Altre cause di sofferenze diverse, ma non per questo meno traumatiche, sono gli incidenti stradali, che rappresentano la prima causa di morte per i ragazzi dai 15 ai 29 anni, a causa sempre degli incidenti stradali, inoltre, ogni anno in Italia 15.000 bambini soffrono danni permanenti, a questi dati si devono aggiungere quelli relativi ai bambini scomparsi, quindi i bambini impiegati illecitamente nel lavoro (circa 400.000 da una ricerca della CGIL del 2001), i bambini vittime di incidenti domestici, i bambini impiegati nell’accattonaggio, utilizzati dalla malavita o che vivono sotto la soglia della povertà (circa due milioni in Italia). Le cifre sono impressionanti, lasciano senza fiato, increduli (...)"
E' vero, lasciano proprio increduli. Anche l'On. Giovanardi infatti è rimasto incredulo. Sulla homepage del movimento compare attualmente un appello del presidente a Beppe Grillo, a quanto pare finora inascoltato nonostante numerosi invii ("ti ho scritto più volte ma nella marea di e mail non sei riuscito a distinguere la mia, ma mi impegno da oggi a scriverti tutti i giorni finchè non mi darai retta"), del quale citiamo un altro estratto sui dati scientifici in mano al movimento:
  • "Studi seri a carattere scientifico (prof. Pellai, Università di Milano, prof. Laederach Università di Ginevra, ricerche portate a termine anche dal Movimento per l'infanzia, Graziano Guerra Sos Infanzia) indicano che più del 10% dei bambini subiscono violenza sessuale. Si tratta di più di 50.000 casi all'anno in Italia a fronte di SOLE 800 denunce".
Proprio in questi giorni (27.10.2007) il Movimento per l'Infanzia organizza il primo di quattro incontri a Firenze (piazza Rosadi, sala Convegni della parrocchia di Bellariva, dalle ore 15.30), sul tema dei bisogni e dei diritti negati all’infanzia (progetto "Bambini nell'Ombra"). Dalla brochure dell'iniziativa, ancora dati "scientifici":
  • "Sapevi che da seri studi scientifici portati a termine in Italia, in Europa e negli Stati Uniti più del 20% dei bambini subirebbe violenza sessuale, fisica o psicologica? Lo sapevi che in Italia solo l’1% delle violenze ai danni di bambini viene denunciato e che circa il 50% di queste denunce viene archiviato?"
Rassegna stampa L'On. Giovanardi fa riferimento al fatto che "i media hanno dato ampio rilievo ad un convegno". Vediamo dunque una breve rassegna di slogan, estratti dai comunicati che uscirono sulla stampa in occasione del convegno IAD:
  • "L’associazione IAD Bambini Ancora ha finalmente organizzato questo convegno di dimensioni europee, col patronato della Regione Lombardia, ed il patrocinio del Comune di Milano e delle province di Milano e Como. Per partire da dati concreti e con studi solidi. Perché è di questo che l’attività giudiziaria ha bisogno (...)";
  • "In Italia si stima che almeno un ragazzo su 6 sia stato vittima di abusi sessuali nell’infanzia o nell’adolescenza. Drammi spesso consumati all’interno delle mura domestiche, che portano le giovani vittime, per un sottile meccanismo psicologico di difesa, a chiudersi sempre più in se stessi, e a non rivelare motivazioni e artefici di tali violenze. E’ per questo che per ogni episodio accertato di abuso, altri 100 non vengono denunciati. Dati a dir poco sconcertanti (...)";
  • "Abbiamo deciso di spalancare le porte del nostro Ateneo a questo convegno – ha ricordato in apertura del convegno Giovanni Puglisi, rettore dell’Università IULM – e ciò nonostante, ben lo sappiamo, ci verranno riferiti dati, numeri e casistiche che mai avremmo voluto ascoltare. Gli abusi ai minori e ai bambini sono un fenomeno di una gravità immensa, ma che purtroppo, talvolta, rimane sommerso";
  • "Maria Benigno Bruni, presidente di IAD Bambini Ancora, che ha ricordato come obiettivo del Convegno sia mostrare le reali dimensioni di un fenomeno di cui forse non si parla ancora abbastanza";
  • "Secondo una ricerca condotta dal Dipartimento di Sanità Pubblica dell'Università degli Studi di Milano, su un campione di 3mila studenti delle scuole secondarie del capoluogo lombardo, il 14% ha dichiarato di avere subito abusi durante l’infanzia. «Dati a dir poco drammatici» – ha commentato il Presidente del Consiglio Comunale di Milano Manfredi Palmeri";
  • "«È l’epidemia del Terzo millennio». Lo slogan lanciato nel convegno internazionale sulla pedofilia tenuto all’Università Iulm di Milano arriva proprio nel giorno in cui scoppia la rivolta contro il «partito» che rivendica un incredibile «diritto al sesso con i minori»";
  • "Gli esperti riuniti a Milano hanno fotografato un fenomeno in crescita con dati inquietanti: almeno un ragazzo su sei è stato vittima di abusi. Ogni anno, in Italia, 41mila nuovi casi di violenza. E il dato ancora più allarmante è che il 90% si consuma in famiglia. Ecco perché la maggioranza degli abusi non viene segnalata. Si calcola, hanno spiegato i relatori del convegno, che, per ogni episodio accertato, cento non vengano denunciati".
La gran parte delle fonti giornalistiche ha fatto riferimento a questo comunicato Reuters, che così iniziava:
  • "In Italia almeno un ragazzo su 6 è stato vittima di abusi sessuali nell'infanzia o nell'adolescenza e ogni anno sono almeno 41mila i nuovi casi di violenza sui minori. Ma per ogni episodio accertato di abuso, 100 non vengono denunciati perché il 90% delle violenze si consuma fra le mura domestiche. E' quanto emerge da una ricerca condotta dal Dipartimento di Sanità Pubblica dell'Università degli Studi di Milano, secondo la quale su un campione di 3mila studenti milanesi delle scuole secondarie è emerso che il 14% è stato vittima di episodi di violenza o abuso durante l'infanzia e l'adolescenza, in maggioranza bambine e ragazze. I dati sono al centro del convegno internazionale "I segni dell'abuso sessuale sui minori, Fantasia o realtà", in programma tra oggi e domani a Milano alla Libera università di Lingue e Comunicazione Iulm, organizzato da associazione Iad Bambini Ancora Onlus in collaborazione con Milano Bella da Vivere, sotto il patronato della Presidenza della Regione Lombardia, dedicato ad un tema sempre più spesso al centro delle cronache".
Prime reazioni all'interpellanza Sul sito della onlus IAD Bambini Ancora viene inserita la seguente nota in formato Word, firmata da Maria Benigno Bruni:
  • "Segnalo l’interpellanza del Deputato Giovanardi: ci sembra un attacco gratuito e ingiustificato ad una Associazione che come la nostra si batte quotidianamente contro l’abuso sui minori e la pedofilia".
Tutto qui. Anzichè fornire chiarimenti e spiegazioni al deputato, ci si lamenta dell'attenzione e delle critiche da questi formulate. Il senso della risposta è chiaro: "siccome noi siamo quelli buoni, che si battono contro la pedofilia, è ingiustificato che qualcuno ci attacchi". Eppure l'attacco di Giovanardi non è affatto gratuito e ingiustificato, è anzi circostanziato e riferito proprio ai dati numerici forniti dalla onlus, che il deputato ritiene incredibili. Perchè la Bruni non replica semplicemente questo giudizio, se ne ha le possibilità? Forse non è in grado di referenziare e difendere quella cifra di "un bambino su sei"? Glielo sta chiedendo un parlamentare, mica un qualsiasi signor nessuno. Da una onlus che si propone di offrire un servizio pubblico e che riceve a tale scopo una gran messe di pubblici finanziamenti, ci saremmo aspettati una risposta più puntuale e meno stizzita al nostro deputato, la spocchia di certe onlus ci sembra sempre basata su una profonda mancanza di rispetto per la democrazia. La signora Bruni, in questa occasione, ha scelto di non sprecarsi a rispondere ad un parlamentare dello stesso Stato da cui riceve tanti soldi. Più veementi le reazioni che sono giunte dal blog italo-belga "SOS bambini", voce vicina al Movimento per l'Infanzia. In questo caso si passa all'ingiuria contro il deputato, ma almeno all'incredulità di Giovanardi vengono contrapposte delle cifre, provenienti da "esperti". Linkiamo gli articoli, citando solo il passaggio in cui si parla dei riferimenti epidemiologici: Per finire, citiamo nuovamente le proteste di Andrea Coffari (co-firmate da tutti i presidenti delle associazioni membro del Movimento per l'Infanzia), che come apprendiamo su questo forum sono rimaste nuovamente inascoltate, prima da Grillo, stavolta dalle segreterie politiche degli onorevoli Casini e Cesa. Estrapoliamo di nuovo solo il passaggio riguardante i dati scientifici di riferimento sull'epidemiologia dell'abuso:
  • "Diamo una risposta chiara, precisando che i dati sul fenomeno della “violenza sessuale sommersa” a danno di bambini, purtroppo lungi dall’essere “totalmente fuori dalla realtà” sono stati diffusi da alcuni relatori presenti al Convegno fra i quali il prof. Pellai, che lavora presso il dipartimento di sanità Pubblica all’Università di Milano, che ha fatto la prima ricerca in Italia e l’avv. Girolamo Andrea Coffari, che è presidente del Movimento per l’Infanzia, il quale ha condotto, insieme all’associazione Sos Infanzia e all’associazione Etica 2001, due ricerche sulla violenza sommersa. Inoltre tali dati sono contenuti nel rapporto CENSIS del 16 luglio 1998 “Sfruttamento sessuale e minori: nuove linee di tutela”, che è largamente conosciuto, almeno da chi ha a cuore la tutela dei minori. Le ricerche, condotte rispettando rigorosi principi scientifici e metodologici, consistono nella somministrazione di questionari anonimi a ragazzi delle scuole superiori; i campioni analizzati sono nell’ordine delle migliaia di individui. I dati resi pubblici sono in linea con quelli ottenuti da ricerche analoghe condotte sia negli Stati Uniti che in Europa (a titolo esemplificativo: ricerca di Diane Russel Nord America 1983; Kelly, Regan e Burton, Gran Bretagna 1991; prof. Jérome Laederach, Università di Ginevra 1999; prof. Pellai, Università di Milano, 2001 e 2006; Sos Infanzia (Movimento per l’infanzia) ricerche 2005 e 2007) e riportano una percentuale che varia fra il 10% e il 15% di popolazione infantile che subisce abuso sessuale".
Le nostre risposte all'interpellanza L'On. Giovanardi si dichiara perplesso su questa frase di propaganda proveniente dall'associazione IAD Bambini Ancora: "un ragazzo su sei è vittima dei pedofili". La premessa del deputato è erronea, in quanto nei comunicati originali di IAD non si fa riferimento esplicito alla pedofilia, ma per la precisione si dice che "in Italia si stima che almeno un ragazzo su 6 sia stato vittima di abusi sessuali nell’infanzia o nell’adolescenza". Il dato mette insieme infanzia ed adolescenza e non è quindi riferibile a "pedofilia", che per definizione prevede rapporti sessuali tra un adulto ed un minore in età pre-puberale (rapporti tra adulti e adolescenti possono magari configurare violenza, ma non rientrano nella categoria della pedofilia). Questa singola precisazione non deve affatto far pensare che le obiezioni del deputato siano fuori luogo, anzi. Giovanardi ben coglie che c'è qualcosa che non va nelle cifre allarmistiche di questa propaganda. Aiutiamolo dunque a far luce sui dati di IAD Bambini Ancora. I nostri lettori, se hanno fatto ben attenzione, avranno sicuramente già individuato in cima alle liste di referenze scientifiche qui sopra citate, la presenza una nostra vecchia conoscenza: il dott. Alberto Pellai, ricercatore milanese in epidemiologia, e la sua ricerca "Non più vittime". Non a caso, il giorno 8 Giugno al convegno IAD è stato proprio il dott. Pellai a tenere la principale relazione epidemiologica sui dati dell'abuso, dal titolo "Prevalenza dell’abuso sessuale sui minori in Italia". Come confermato anche dal comunicato Reuters, i suoi dati sono stati posti al centro di questo convegno. Di Alberto Pellai e della sua ricerca ci siamo già occupati in due precedenti articoli, il cui contenuto dovrebbe interessare all'On. Giovanardi:
  • "L'uovo di Colombo del dott. Pellai", sui limiti che affliggono i dati della sua ricerca, la cui validità viene solo presunta ma mai dimostrata, e nonostante ciò presentati dall'epidemiologo come "dati di qualità", in spregio ad ogni prudenza scientifica e divulgativa. Nei commenti al nostro post troviamo anche una interessante risposta dello stesso Pellai (sempre che fosse proprio egli a scriverla), che ha in realtà aumentato ancor più i nostri dubbi sulla sua neutralità ed attendibilità scientifica;
  • "I viaggi del maestro David Finkelhor", sull'influenza culturale che Pellai ha raccolto dal celebre sociologo statunitense, vero ispiratore originario del progetto secondo cui la scienza dovrebbe tentare di dimostrare a tutti i costi che l'abuso sessuale sui minori è un fenomeno dalle dimensioni enormi e sommerso per il 99% (guarda caso, la stessa percentuale che torna e ritorna in continuazione nelle bocche dell'abusologia d'accusa). Non solo una bufala, una vera e propria piaga culturale che ammorba il pianeta già da decenni, sempre con la stessa trama che si ripete nei vari paesi, copione di cui Finkelhor è certamente uno degli autori originari, mentre Alberto Pellai e Maria Letizia Bruni non sono che gli attuali interpreti della versione italiana di questo "format" psico-socio-giuridico. Ricordiamo anche che Finkelhor venne già duramente criticato poiché nelle proprie ricerche raccoglieva per buone indiscriminatamente tutte le accuse o dichiarazioni di abuso, anche quelle false, e anche poiché restò vittima di alcune delle peggiori cantonate sugli abusi sessuali collettivi, a cominciare dal caso McMartin di cui fu uno dei protagonisti.
Rimandando alla lettura dei due precedenti articoli, riassumiamo qui solo alcuni termini tecnici della nostra critica alla validità dei dati di Pellai: la cifra di "un ragazzo su sei" fa esplicito riferimento alla percentuale di 15,4% di ragazzi che avrebbero subito almeno un episodio di abuso durante l’infanzia (8,8% dei maschi e 20,4% delle femmine), scoperta da Pellai studiando un campione di 2939 studenti di 46 scuole superiori milanesi. Come venne fatta questa scoperta, da cui deriva l'affermazione di "un ragazzo su sei"? Semplicemente dando a migliaia di studenti un questionario a scelta multipla, da compilare a casa in forma anonima. Il questionario è ancora liberamente scaricabile qui, e comprendeva 5 singole domande cruciali come questa: Il numero di risposte "Sì" fornito in risposta a queste domande è stato poi confrontato con il numero delle risposte "No", secondo la raffinatissima procedura scientifica della "media aritmetica":
frazione di "violentati" = Sì / (Sì+No)
Il risultato totale per Pellai è stato del 15,4% (poi vulgarizzato come "uno su sei") di soggetti che hanno dato almeno una risposta Sì ad una delle 5 domande chiave. Ecco i dati, suddivisi per tipologia di abuso, in ordine crescente di severità:
  • 3% dei soggetti ha risposto affermativamente alla domanda "Ricordi ancora oggi che un adulto ti abbia mostrato materiale pornografico quando eri bambino?" (età media dell'esperienza: 10,8 anni);
  • 11,3% dei soggetti ha risposto affermativamente alla domanda "Ricordi ancora oggi che ti sia capitato di essere stato/a toccato/a da persone adulte o più grandi di te in parti intime (per esempio seno, sedere, genitali) in un modo che ti ha creato disagio?" (età media dell'esperienza: 12,6 anni);
  • 2,6% dei soggetti ha risposto affermativamente alla domanda "Ricordi ancora oggi che ti sia capitato di essere stato/a costretto/a a toccare i genitali di persone adulte o più grandi di te?" (età media dell'esperienza: 11,2 anni);
  • 1,4% dei soggetti ha risposto affermativamente alla domanda "Ricordi ancora oggi che ti sia capitato di essere stato/a costretto/a a masturbare persone adulte o più grandi di te?" (età media dell'esperienza: 12,7 anni);
  • 1,6% dei soggetti ha risposto affermativamente alla domanda "Ricordi ancora oggi che ti sia capitato che qualche adulto ti abbia obbligato ad una penetrazione (anale, vaginale o orale) o ha tentato di farlo?" (età media dell'esperienza: 15 anni).
Tutto qui, cinque semplici domande in un questionario a scelta multipla. E tanta voglia da parte dei nostri epidemiologi di credere alla sincerità degli studenti milanesi, in barba a tutti i problemi sollevati da altri ricercatori più accorti: rimozioni, false memorie di abuso, mitomania o scherzi, pudore o timori a rispondere, difficoltà di definizione di cosa sia un abuso. Nessun controllo è possibile sul fatto che coloro che hanno risposto "Sì" avessero davvero subito violenze, ma neanche sul fatto che chi ha risposto "No" fosse stato risparmiato da pedofili e aggressori sessuali. E poca delicatezza verso le informazioni sensibili degli studenti milanesi, frugati in massa nel loro intimo dalle dita grossolane di un questionario impiccione. Quanti di essi avranno davvero confessato con leggerezza d'animo il proprio trauma? Quanti saranno rimasti turbati e come? E quanti dei tanti mai abusati avranno fornito risposte false, per scherzo, per protesta o per incomprensione? Non lo sapremo mai, né noi, né Pellai, né gli abusologi del Movimento per l'Infanzia. Eppure nessuno di questi dubbi trapela nelle loro dichiarazioni pubbliche, in cui sembra ormai risolto l'annoso problema della quantificazione degli abusi sommersi: con questi risultati, il dott. Pellai e la divulgazione scientifica del Movimento per l'Infanzia ritengono di potersi già presentare di fronte alla pubblica opinione e di fronte alla pubblica amministrazione. Anche volendo dar credito alla validità di questi dati, essi non segnalano mica chiaramente degli abusi propriamente detti: tra quel 15,4% di ragazzi, ben l'11,3% hanno riferito di essere stati "toccati in maniera da aver provato disagio", senza possibilità di chiarimento su questa fumosa descrizione. E non segnalano neppure pedofilia, in quanto si tratterebbe comunque di esperienze avvenute già in età adolescenziale, infatti il dato globale relativo alla domanda 47 (sulla penetrazione), essendo riferito ad esperienze avvenute mediamente all'età di 15 anni, può avere forse solo una utilità per la discussione sull'epidemiologia della violenza sessuale tra i ragazzi. Anche per le altre esperienze di abuso riferite, le età medie sebbene siano più basse, segnalano chiaramente che i ragazzi hanno parlato principalmente di fatti che hanno avuto luogo in coincidenza col periodo puberale o immediatamente prepuberale. Ecco perchè questa ricerca non ha nulla a che fare con la pedofilia, On. Giovanardi. Cialtroni in malafede coloro che pretendessero di associare il 15,4% di Pellai ad una presunta "emergenza pedofilia". Per quanto riguarda le responsabilità di questa montatura, il ministero e l'On. Giovanardi dovrebbero considerare che IAD Bambini Ancora è una associazione che sta cercando di accreditarsi ai massimi livelli, anche nella divulgazione scientifica, ne è prova l'organizzazione di un convegno così altamente patrocinato e pubblicizzato. Ciò comporta per essi un dovere di maggiore verifica autonoma dei propri contenuti tecnici, dovere a cui in questa occasione hanno mancato, responsabilità che non può essere ciecamente scaricata sulle spalle del giovane ricercatore milanese di fiducia: così come noi in poco tempo e senza sforzo abbiamo approfondito la natura e l'origine dei dati di Pellai, i coniugi Bruni (e con loro gli altri abusologi di Movimento per l'Infanzia) avrebbero dovuto mostrare maggiore cautela e maggiore buon senso nel giudicarne la significatività, prima di strombazzarli solo perchè fanno comodo alla propria causa e perchè alludono a quella "epidemia del terzo millennio" che essi vedono nella nostra penisola. Dal canto suo, il dott. Pellai stesso da tempo strombazza imprudentemente le proprie ricerche come "attualmente le più importanti e attendibili", attirando così su di sé le attenzioni interessate di certa abusologia, che lo sta portando in palmo di mano, nelle edizioni Franco Angeli come nei convegni del Movimento per l'Infanzia, palchi di cui egli approfitta in modo autopromozionale e missionario più che scientifico. Sarebbe opportuno che anche su questi cortocircuiti si concentrassero le attenzioni dei politici e dei vertici accademici milanesi. Abbiamo già riconosciuto che le ricerche di Pellai e del gruppo dell'Istituto di Igiene e Medicina Preventiva della Università Statale di Milano, hanno sicuramente una loro dignità e curiosità nella cerchia ristretta dei tecnici del settore: per quanto sempliciotto sia il metodo, esso sarà certamente stato applicato con cura e precisione dal suo staff, sudando anche sette camicie vista l'ampiezza del campione. Il suo dato grezzo può essere letto dagli esperti, che sappiano bilanciare questi dati con altre evidenze epidemiologiche, alla luce delle altre conoscenze sul fenomeno dell'abuso, ma non certo dato in pasto alla pubblica opinione su larga scala, al grido di "uno su sei!". Fa bene il nostro rappresentante parlamentare a segnalare che ciò può essere socialmente pericoloso, e dovrà trovare il modo di farlo comprendere al dott. Pellai, apparentemente ignaro del ruolo gravissimo che in tutto il mondo ha avuto l'atteggiamento imprudente degli epidemiologi come Finkelhor nella genesi di catastrofi di isteria collettiva. Il Parlamento si è dovuto scomodare per cercare di riportare un po' di prudenza e buon senso, ma finora sono giunte solo risposte stizzite e supponenti, alcune offese personali verso un deputato, sommarie indicazioni pseudo-scientifiche attraverso un blog belga, ed un assordante silenzio di Pellai. Invitiamo invece il dott. Pellai (o in subordine il suo direttore, il prof. Antonio Pagano) a voler inviare al più presto al Ministero della Giustizia ed alla segreteria dell'On. Giovanardi un reprint delle proprie pubblicazioni scientifiche riguardanti il filone di ricerca "Non più vittime", per facilitare il lavoro di pubblica verifica del proprio operato. On. Giovanardi, speriamo di aver potuto fornire un contributo utile. Adesso però ci aspettiamo qualcosa, sia da lei, sia dal Ministero della Giustizia da lei interpellato. Col nostro augurio di buon lavoro. Ugo

martedì 10 luglio 2007

Le due assurde verità di Rignano Flaminio

I bambini di Rignano Flaminio soffrono.
Tra tanti dubbi e contraddizioni, verità affermate, negate e ribaltate da una parte e dall'altra, è questa l'unica realtà su cui (purtroppo) siamo un po' tutti d'accordo.
Soffrono come soffrivano e spesso ancora soffrono i piccoli protagonisti di vicende molto simili a quella di Rignano, come quelle italiane degli asili di Brescia o dei bambini della bassa modenese, o quelle estere, dal caso statunitense dell'asilo McMartin in poi, passando dalla Gran Bretagna, alla Francia, all'Olanda, all'Australia...

L'accordo finisce però qui, perchè se azzardiamo una spiegazione del perchè essi soffrono, ci scontriamo col fatto che ci sono solo 2 spiegazioni possibili per la loro sofferenza, del tutto opposte ed incompatibili, sostenute a spada tratta da esperti diversi (e ratificate ufficialmente in sentenze processuali di segno di volta in volta diverso).
Proviamo a sintetizzarle in modo estremo, per individuare gli elementi fondanti delle due teorie:
  • 1) ipotesi dell'abuso. I bambini hanno subito gravi e ripetuti abusi sessuali da parte di estranei durante l'orario scolastico, conditi probabilmente anche da altri elementi di violenza, costrizione e minaccia. Essi soffrono dunque per le conseguenze di uno o più gravi traumi "episodici" realmente patiti, non solo come reazione ad una esposizione ad esperienze sessuali verso cui sono biologicamente immaturi e vulnerabili, ma anche come reazione a momenti di terrore per la propria incolumità e come timore prolungato nel tempo dalle minacce che hanno ricevuto, al fine di ridurli al silenzio;
  • 2) ipotesi della suggestione. I bambini non hanno subito alcuna molestia o toccamento, semplicemente alcuni loro comportamenti (ad esempio normali allusioni sessuali, o segni clinici non specifici) hanno innescato nei genitori un primo sospetto che possano essere stati abusati. Sospetto divenuto troppo presto una mezza certezza, sulla base della quale i genitori hanno poi esercitato una eccessiva pressione suggestiva sui bambini, affinchè questi rivelassero quali episodi di abuso avessero subito. I bambini, anzichè negare l'ipotesi dei genitori e rassicurarli, iniziano a confermare coi propri racconti l'ipotesi che gli veniva involontariamente suggerita, per un normale desiderio di assecondare i genitori e forse anche nella speranza che ciò interrompesse l'interrogatorio. Ciò tuttavia ha alimentato ancor più le ansie dei genitori, con una escalation sia dell'angoscia, sia della pressione esercitata sui piccoli per ottenere nuove conferme e rivelazioni. Il fenomeno si diffonde tra le famiglie come una epidemia d'ansia, favorita anche da errori procedurali degli inquirenti e dei consulenti tecnici e da riunioni di famiglie in ansia. Pur non riconoscendo l'esistenza di alcuna violenza fisica o molestia sessuale, questa ipotesi rende comunque conto dello stato di forte sofferenza emotiva dei piccoli, che deriva direttamente dall'angoscia di vedere i propri genitori sconvolti, dalla pressione psicologica proveniente da essi, dal timore di non soddisfare aspettative così importanti. In questa ipotesi, la sofferenza dei bambini non deriva da alcun aspetto traumatico "episodico", quanto piuttosto da una reazione da disadattamento emotivo ad una situazione insostenibile e cristallizzata, in cui ormai viene impedita fermamente la possibilità di negare o ritrattare i racconti di abuso.
Si noti che ciascuna di queste due spiegazioni, se presa da sola e considerata alla luce di una prima lettura di buon senso, appare effettivamente quasi irreale, troppo strana per poter essere vera:
  • 1) in tanti ("colpevolisti") sostengono sia necessario credere alla veridicità dei racconti dei bambini, sulla base del buon senso che esclude che si possa arrivare ad inventarsi certi fatti, nessuna motivazione "solo psicologica" sembra poter essere sufficiente a generare dichiarazioni così bugiarde e bizzarre da parte di bambini e tanta sofferenza in loro. Anche l'ipotesi di un interesse economico delle famiglie (ad es. come risarcimenti legali), ventilata da alcuni come spiegazione di tanto furore accusatorio, sembra debole rispetto alla gravità dei fatti contestati. Lo stesso dicasi per l'idea che i genitori possano in realtà essere paranoici, o disturbati, sarebbe credibile (e spesso avviene) nei casi di un solo accusatore, ma qui si parla di decine di famiglie. Non possono mica essere tutte così venali, autolesioniste o folli le famiglie dei bambini di Rignano!
  • 2) tuttavia, sempre alla luce del buon senso, altrettanti ("innocentisti") hanno evidenziato come appaia incredibile che gruppi di maestre incensurate, da un momento all'altro decidano di dedicarsi in gruppo ai più turpi reati contro l'infanzia. Anche le possibili spiegazioni che fanno leva sulla motivazione monetaria (ad esempio sul ricavato della prostituzione dei piccoli o della vendita del materiale pedopornografico ottenuto) appaiono insensate alla luce dell'orrore che certe gesta generano in tutte le persone, non è certo sufficiente essere semplici disonesti per avviare certi traffici, solo soggetti gravemente disturbati (ad es. gravi sociopatie) possono trovare percorribili simili progetti criminosi. Altre volte viene chiamato in causa il satanismo, di persone affascinate da satana ne circolano infatti molte, ma si limitano di solito a scambi culturali e blandi riti che offendono solo la morale o la fede, solo uno sciocco o un paranoico potrebbe pensare che sia facile trovarne un folto gruppo disposte addirittura a veri e propri sacrifici di sesso e sangue infantile. Non possono mica essere tutte delle folli e sadiche criminali le maestre di Rignano!
Il buon senso escluderebbe dunque entrambe le possibilità. Ecco forse l'uovo di Colombo: cancelliamo entrambe le ipotesi, nessuna delle due ci piace e ci sembra umana.
Peccato, questa soluzione si scontra purtroppo con la realtà: i bambini di Rignano esistono, soffrono (davvero) e fanno affermazioni bizzarre (molto). Queste sono le uniche certezze innegabili.

Nel 1998, il film Sliding Doors ci presentava due possibili vite alternative della bella Helen (Gwyneth Paltrow), entrambe molto realistiche, lasciando allo spettatore il piacere di scegliere la sua preferita, o anche di ricordarle entrambe. La vicenda di Rignano Flaminio ci pone di fronte ad una scelta simile, ma tra due storie entrambe folli. E soprattutto, a differenza del cinematografo, i bambini dell'asilo Olga Rovere ci impongono di decidere da che parte stiamo: vietato astenersi fino alla fine del film e poi tornare ad occuparsi d'altro, questa non è mica fiction.
A meno che qualcuno non proponga una terza spiegazione, finalmente plausibile e facile per tutti da digerire (ma finora nessuno), dobbiamo dunque tutti riconoscere che almeno una delle due bizzarre storie è davvero avvenuta a Rignano, qualcosa che prima non avremmo pensato che potesse appartenere alle normali vicende umane. Una e solo una deve essere falsa, l'altra invece deve proprio essere successa.

Questo è il punto più importante e difficile da accettare, perchè contro-intuitivo: le due ipotesi, entrambe così assurde e apparentemente irragionevoli se prese isolatamente, diventano invece entrambe credibili per il semplice fatto che, rifiutando l'una delle due, siamo costretti implicitamente ad affermare per vera l'altra, che sembra altrettanto bizzarra, irragionevole, disumana. Se vogliamo pensare che le mamme dei bambini accusatori di Rignano non possono essere tutte così ansiose e invase da un furore isterico, siamo costretti ad ammettere che in una scuola operava un incredibile gruppo di orchi disumani travestiti da maestre. E viceversa!
Abbiamo assistito in televisione ad un esempio lampante di quanto inevitabilmente assurda debba essere questa situazione, durante uno speciale di Matrix (puntata del 18/5/2007, parte 3), a partire da una velenosa ma motivata contestazione del signor Luciano Giugno, marito di una delle maestre indagate, che alludeva ai possibili interessi economici esistenti anche dalla parte di chi denuncia. Buffo il tentativo dell'avvocato di parte civile di garantire che quelle famiglie non gli sono proprio sembrate il tipo di persone che farebbero certe cose per interesse, sostenuto subito dal solito "buon senso" della Palombelli. Messi sotto accusa, essi non si accorgevano di utilizzare proprio lo stesso tipo di argomentazione di buon senso dei difensori delle maestre: a chi di noi quelle maestre un po' attempate possono sembrare il tipo di persone che imbastisce un mercato pedo-porno-satanista? In quel passaggio televisivo, la cruda realtà di un inevitabile doppio orrore alternativo è stata molto evidente, quale che sia la verità che la giustizia vorrà alla fine sancire.

I casi come quello di Rignano Flaminio ci costringono dunque a schierarci, a violentare il nostro stesso buon senso per farci sostenere ciò che appare quasi impossibile: l'esistenza di un gruppo orrendamente organizzato e feroce di pedofili; oppure l'esistenza di fenomeni di isteria collettiva che producono false dichiarazioni o addirittura false memorie di abuso nei piccoli.
Chi volesse escludere entrambi gli estremi per immaginare una (inesistente) realtà di mezzo, più moderata e più conforme ai suggerimenti del comune buon senso, starebbe in realtà commettendo un errore logico, la cosiddetta fallacia di "Metà Campo".
Rignano e gli altri casi simili sono invero dei referendum popolari obbligati: chi buttiamo giù dalla torre, le famiglie o le scuole?
Coloro che invece volessero negare entrambe le storie di Rignano, alla luce della loro improbabilità, pur compiendo un atto apparentemente di buon senso, starebbero in realtà negando la realtà stessa: un gruppo di bambini sta facendo affermazioni molto gravi e con molta sofferenza, non può essere frutto solo di un caso, una svista, una occasionalità passeggera.
Alla luce di tutto ciò, scopriamo allora almeno una certezza di cui fidarci e da cui ripartire: l'unico sbaglio, garantito al 100%, è proprio quello di appellarsi al buon senso per "capire" i casi di presunto abuso ritualizzato come Rignano, perchè Rignano Flaminio, Brescia, Vallo della Lucania, il caso delle suore di Cazzano, il caso dei Bambini di Satana, il Rione dei Poverelli di Torre Annunziata, i casi della bassa modenese, indipendentemente da quale sia stata la verità in ciascuno di essi, in nessun modo possono essere vicende di buon senso.

In questo errore, in questo sbagliato tentativo di semplificare e razionalizzare sul rassicurante terreno del buon senso, ci siamo caduti un po' tutti, quando abbiamo cercato di sostenere la nostra teoria semplicemente evidenziando che quella alternativa era troppo assurda:
  • ci cadono i colpevolisti, quelli come Massimiliano Frassi che sul suo blog ironizza in continuazione su quanto sia strana la teoria dei bambini divenuti tutti bugiardi; ma anche tutti coloro (giornalisti, giudici, psicologi) che continuano a ripetere che è troppo strano che i bambini possano inventare cose simili, per cui devono essere per forza successe;
  • allo stesso modo ci cadono gli innocentisti, che vorrebbero poter categoricamente escludere gli abusi solo perchè sono troppo assurdi per sembrare veri. L'abbiamo fatto spesso anche noi stessi su questo blog, ad esempio nell'articolo in cui abbiamo ragionato su quanto fosse statisticamente improbabile trovare casualmente quattro maestre pedofile in una stessa scuola.
In entrambi i casi, un modo intrinsecamente sbagliato di affrontare la questione. Insomma, il caso non si risolve solo contestando l'ipotesi opposta, usando gli strumenti del buon senso, della plausibilità, della compatibilità con l'essere umano. Distruggere l'avversario d'opinione sulla base dell'assurdità della sua ipotesi non serve, perchè anche se ci riuscissimo resteremmo soli, con in mano una spiegazione che alla luce del buon senso è altrettanto strana.
A questo gioco alla reciproca contestazione, a screditarsi usando anche l'arma del sarcasmo, abbiamo partecipato molto attivamente, non vogliamo certo nascondere la mano che ha lanciato diversi sassi contro le ipotesi delle onlus, dei girasoli, dei gastroenterologi canadesi, dei fedeli del CISMAI... Abbiamo cominciato a farlo in un momento in cui la gran parte dell'opinione pubblica sembrava univocamente dar credito alle accuse contro le maestre, perchè non si reputava possibile l'isteria e la bugia collettiva dei bimbi, pochi sembravano accorgersi in prima battuta che altrettanto improbabile era la follia sadico-pedofila estesa a tante maestre. Sulla bilancia dell'opinione pubblica, i sassolini del comune buon senso erano stati messi quasi tutti sul piatto che dava ragione ai bambini, questo "backlash blog" nasce solo per aggiungere qualche sassolino anche sul piatto delle maestre. Adesso in Italia la prima ondata marea sembra passata, anzi pare che si stia invertendo il suo flusso, è ora di trovare una sintesi su basi più concrete (ma non sarà questa la sede).

Nei nostri intendimenti, quanto finora argomentato in questo articolo sarà la base di partenza imprescindibile per alcune successive riflessioni, spero che qualcuno avrà ancora la pazienza e l'interesse di leggerle nei prossimi aggiornamenti di questo blog.

Per adesso, solo un fermo proposito: contestare sistematicamente chi vuol ragionare sui casi di abuso ritualizzato appellandosi esclusivamente allo stupore, al buon senso, all'umanità, ai buoni sentimenti, all'orrore...
Il buon senso e l'emotività sono strumenti del pensiero umano da cui siamo tutti abituati a farci guidare sulla strada giusta, un navigatore cognitivo che sembra funzionare correttamente in gran parte d'Italia, il TomTom delle scorciatoie per la comprensione immediata del bene e del male. Oggi scopriamo che il software non ha purtroppo mai ricevuto l'indispensabile aggiornamento contenente le mappe delle città di Rignano Flaminio, di Brescia, di Bergamo, di Vallo della Lucania, di Torre Annunziata, della bassa modenese...
Lì è inutilizzabile e rischia solo di trascinare verso i burroni che fanno quadrato attorno a Rignano: il ridicolo, il fanatismo, la caccia alle streghe, l'impunità della pedofilia vera.

Ugo

sabato 2 giugno 2007

Kyle Zirpolo: «I'm sorry»

Il fatto che i bambini possano mentire quando posti sotto pressione dalle domande dei genitori o di un dottore è ovvio. Eppure viene contestato ferocemente, come se qualcuno volesse sostenere che gli angeli non mentono mai.
Usiamo ancora il confronto con quanto avvenuto all'estero. Il più noto caso americano di false denunce di abusi rituali in un asilo è il caso della preschool McMartin (si veda ad esempio qui, o anche la voce su Wikipedia), del quale si parla ormai spesso anche qui da noi nei blog come di una Rignano Flaminio a stelle e strisce di 20 anni fa.
Il caso McMartin per anni è stato studiato estensivamente dagli psicologi per comprendere scientificamente i meccanismi della suggestione di bambini che possono produrre false e gravissime denunce (ad es. Garven et al, 1988; o ancora dal Committee of Concerned Social Scientists).

Del caso McMartin è interessante il fatto che i bambini che allora accusarono le maestre (stesso tipo di accuse di Brescia e Rignano, stessa vicenda processuale, stessa inconcludenza delle indagini che non trovarono nessun riscontro oggettivo), oggi hanno tutti passato i 25 anni.
Ed uno di loro, oggi, ha raccontato la sua verità. In una intervista ormai celebre, rilasciata nell'ottobre del 2005 alla giornalista Debbie Nathan per il L.A. Times, il signor Kyle Zirpolo ha chiesto scusa. Ha chiesto scusa alle persone che egli nel 1984, ad 8 anni di età (si chiamava allora Kyle Sapp), sotto la pressione di interrogatori incalzanti, aveva accusato di orrendi abusi.

Ciò che è più interessante di questa testimonianza non è tanto il fatto stesso della falsità delle accuse che Kyle aveva pronunciato, quanto la descrizione dal punto di vista del bambino delle pressioni subite nei continui interrogatori, in cui l'interlocutore faceva ben capire di non accettare una risposta negativa e ripeteva le domande e le imbeccate finchè il bambino non si adeguava alle aspettative dell'adulto. L'abbiamo visto fare allo stesso modo ad alcuni genitori di Rignano nelle tristi video-testimonianze poi depositate dalla procura. Non sappiamo se lo stesso abbia fatto la consulente Fraschetti nei suoi interrogatori non filmati e non sappiamo se cose simili avvenivano nelle inopportune riunioni dei genitori dell'AGERIF, psicodrammi con la presenza e partecipazione dei bambini. Ma sarebbe molto ingenuo non sospettarlo.

Il testo integrale dell'intervista è reperibile in lingua inglese originale su diversi siti, ad esempio qui con anche un commento di Debbie Nathan sull'approccio a Kyle e alcune considerazioni del famoso psicologo sperimentale James M. Wood (uno dei miei preferiti, ndr) che ha studiato il modello delle suggestioni usate nelle indagini sulla McMartin.
Qui invece il sito di Debbie Nathan (coautrice del classico Satan's Silence) e del NCRJ.

Alcuni passaggi salienti dell'intervista a Zirpolo:
  • we drove there, our whole family. I remember waiting ... for hours while my brothers and sisters were being interviewed. I don't remember how many days or if it was just one day, but my memory tells me it was weeks, it seemed so long. It was an ordeal. I remember thinking to myself, "I'm not going to get out of here unless I tell them what they want to hear."
  • I remember them asking extremely uncomfortable questions about whether Ray touched me and about all the teachers and what they did-and I remember telling them nothing happened to me. I remember them almost giggling and laughing, saying, "Oh, we know these things happened to you. Why don't you just go ahead and tell us? Use these dolls if you're scared." Anytime I would give them an answer that they didn't like, they would ask again and encourage me to give them the answer they were looking for. It was really obvious what they wanted. I know the types of language they used on me: things like I was smart, or I could help the other kids who were scared. I felt uncomfortable and a little ashamed that I was being dishonest. But at the same time, being the type of person I was, whatever my parents wanted me to do, I would do.
  • I don't think they thought I was telling the truth, just that I was telling the same stories consistently, doing what needed to be done to get these teachers judged guilty. I felt special. Important. It always seemed like I was thinking. I would listen to what my parents would say if they were talking, or to what someone else would say if we were being questioned at the police station or anywhere. And I would repeat things.
  • The lawyers had all my stories written down and knew exactly what I had said before. So I knew I would have to say those exact things again and not have anything be different, otherwise they would know I was lying. I put a lot of pressure on myself. At night in bed, I would think hard about things I had said in the past and try to repeat only the things I knew I'd said before. I remember describing going to an airport and Ray taking us somewhere on an airplane. Then I realized the parents would have known the kids were gone from the school. I felt I'd screwed up and my lie had been caught-I was busted! I was so upset with myself! I remember breaking down and crying. I felt everyone knew I was lying.
  • the lying really bothered me. One particular night stands out in my mind. I was maybe 10 years old and I tried to tell my mom that nothing had happened. I lay on the bed crying hysterically — I wanted to get it off my chest, to tell her the truth. My mother kept asking me to please tell her what was the matter. I said she would never believe me. She persisted: “I promise I’ll believe you! I love you so much! Tell me what’s bothering you!” This went on for a long time: I told her she wouldn’t believe me, and she kept assuring me she would. I remember finally telling her, “Nothing happened! Nothing ever happened to me at that school.” She didn’t believe me.
Un pezzo fondamentale, una delle più lampanti evidenze a sostegno della teoria della suggestione e dell'induzione, una lezione dal vivo di psicologia della testimonianza minorile, che dovrebbe far riflettere gli scettici ed i finti tonti. Ma temo che colui che non ha orecchie per intendere, non intenderà neanche stavolta.

Ugo

venerdì 1 giugno 2007

Manifesto


Negli ultimi 4-5 anni, anche in Italia come in molti altri paesi prima di noi, si sono moltiplicati casi di cronaca che hanno sollevato l'orrendo sospetto che alcune scuole, asili o istituti di cura dell'infanzia siano state fatte teatro di orrende azioni da parte di gruppi organizzati di pedofili, pedopornografi o satanisti: Brescia, Rignano Flaminio, Vallo della Lucania, ma altri probabilmente se ne aggiungeranno.
Per fortuna quasi mai finora in questi casi, né in Italia né nel mondo, sono emerse prove oggettive che confermassero tali sospetti, che emergono solo dalle fragili testimonianze di bambini (invariabilmente sottoposti a forti pressioni), e che descrivono spesso situazioni talmente bizzarre o irreali da non risultare ragionevolmente credibili. Possiamo dunque ancora ragionevolmente sperare che in quelle scuole non siano avvenuti fatti orrendi quali quelli descritti nelle accuse. Per ora, sto dalla parte di chi ancora crede che la società non sia così marcia e non sia ancora tanto infiltrata dal male.
Invece, purtroppo, ciò che invariabilmente in tutti questi casi è emerso sono alcune gravi carenze deontologiche, procedurali, tecniche e culturali da parte di uno o più tra gli stessi professionisti incaricati dallo Stato di valutare questi casi, far rispettare legge e giustizia e proteggere la comunità: magistrati, inquirenti, psicologi, neuropsichiatri, criminologi, altri consulenti. Per ora, sto dalla parte di chi purtroppo teme che gli organi deputati alla giustizia siano infiltrati da un numero intollerabile di incapaci.
Il pregiudizio, la sciatteria metodologico-culturale e la mancanza di deontologia professionale da parte un tecnico incaricato di svolgere il proprio lavoro è un crimine, che di fronte a questioni talmente delicate e socialmente pericolose diventa un abominio, che va fermato e sanzionato.

Questo blog nasce esplicitamente come spazio di controinformazione rispetto alla propaganda allarmistica ed ingiustificata di chi vorrebbe oggi diffondere l'idea dell'esistenza di estese ed organizzate reti di pedofili che in Italia e nel mondo starebbero attaccando le nostre scuole.
All'esistenza di simili organizzazioni sarò disposto a credere solo quando se ne vedranno i segni oggettivi della presenza, e quando ciò sarà chiaramente confermato dagli strumenti pubblici di indagine e giustizia (scrivo "confermato", dunque non solo e doverosamente sospettato o indagato). Ciò non è ancora mai avvenuto nel nostro o in altri paesi, quella delle organizzazioni di pedofili che starebbero assediando alcune nostre scuole è al momento una semplice ipotesi di alcuni, lecita, ma finora infondata e bastata solo sui racconti di alcuni bambini. Va contrastato il tentativo di imporla a tutti come una realtà, facendo leva sul pregiudizio popolare e su timori ancestrali ai quali non si dovrebbe concedere di rubare tanto spazio al ragionamento giudiziario e scientifico intelligente.

Questo blog osserva con particolare attenzione e preoccupazione l'attività di propaganda che proviene dall'associazione anti-pedofilia Prometeo onlus di Bergamo e dal suo presidente Massimiliano Frassi, il quale attraverso il proprio blog si pone in prima fila tra i campioni della propaganda allarmistica ed invade il web con un flusso di informazioni spesso faziose e pregiudiziali (tra cui anche dati statistici ed epidemiologici infondati e cammuffati in veste di dati scientifici). Propaganda che viene poi replicata ed amplificata su molti altri organi di informazione, spesso senza un minimo senso di critica e di deontologia giornalistica.
Ancora più grave, Massimiliano Frassi si è talvolta distinto per aver impunemente accusato di favoreggiamento della pedofilia o addirittura di collusione con le organizzazioni di pedofili coloro che non la pensavano come lui o presentavano fatti alternativi ai suoi, dimostrando in ciò un atteggiamento incivile, ignorante e socialmente pericoloso, mirato a spaventare l'interlocutore minacciandolo ed impedendo così un normale confronto oggettivo ed argomentato.

Credo fermamente nella libertà di espressione e nella circolazione delle idee. Questo mio blog non sarebbe mai nato se da parte di soggetti come l'associazione Prometeo ci si fosse limitati a diffondere le proprie idee, per quanto spesso in disaccordo con le mie. Ognuno si assume la reponsabilità di ciò che dice e non va censurato da chicchessia, se non nei casi già previsti dalla legge.
Sono però estremamente preoccupato del fatto che, a soggetti come l'associazione Prometeo, che fa della propaganda allarmistica, del pregiudizio contro l'estraneo e della caccia al pedofilo la propria bandiera ed il proprio vanto, viene concessa la possibilità di entrare in contatto diretto con i soggetti di una vicenda giudiziaria, in alcuni casi assumendo addirittura ruoli pubblici: ad esempio raccogliendo le testimonianze ed informative dagli stessi bambini o dalle loro famiglie, oppure fornendo loro consulenza e servizi di sostegno psicologico alle presunte vittime di abuso (prima che questo sia accertato).

I bambini testimoni di possibile abuso, le loro famiglie ed i loro rappresentanti civili devono essere avvisati rispetto alla faziosità ed alla pregiudizialità delle informazioni su cui si fonda l'attività di alcuni gruppi, come l'associazione Prometeo.
Poi ognuno scelga liberamente da chi farsi consigliare nei processi e da chi far ascoltare e curare il disagio dei propri bambini, e paghi sulla pelle propria le conseguenze di una eventuale scelta sbagliata.

Ugo (il nome è fittizio)


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