lunedì 29 ottobre 2007

Ruoli e rischi nell'investigazione sull'abuso

Diverse figure svolgono un ruolo nelle investigazioni sull'abuso sessuale su minori, ovvero nel meccanismo sociale per cui gli abusi vengono riconosciuti nella popolazione, scoperti, segnalati, accertati processualmente. Si va dall'epidemiologo che studia la diffusione del fenomeno nella popolazione, alla maestra o il pediatra insospettiti da segni strani, al carabiniere che interroga, al perito che deve verificare gli indizi psicofisici o raccogliere le testimonianze minorili, al magistrato che deve giudicare le prove ecc. Tutti costoro, sono impegnati in un compito difficile, anzi impossibile, poiché già sappiamo che nonostante il massimo sforzo di tutti, l'investigazione non può avere il 100% di riconoscimenti corretti. Ciò avviene perchè i segnali di abuso sono per loro natura spuri, nel grande magma del comportamento dei bambini è impossibile identificare dei segnali certamente indicatori di abuso (nemmeno le loro esplicite accuse lo sono), ma al tempo stesso dobbiamo continuare a sorvegliare ed insospettirci, per non lasciare sola ed indifesa una vittima. Per rappresentare i termini della questione, suggeriamo di rivolgersi alla Teoria della Detezione del Segnale (T.D.S.), un costrutto scientifico nato in psicofisica e molto usato anche in tutti i campi della diagnostica medica, proprio per concettualizzare le difficoltà di chi deve identificare con sicurezza un fenomeno che emerge dal rumore di fondo di tanti segnali distraenti:
  • si pensi al classico esempio del radarista militare, che di fronte ad una nuova lucetta lampeggiante sul monitor del proprio radar, deve in breve tempo decidere se si tratti di un innocuo veivolo civile, o se corrisponda invece ad un caccia nemico in arrivo e da far abbattere.
I termini del problema della detezione dei segnali di abuso, secondo la T.D.S., identificano ben quattro categorie possibili: Come si noterà, il compito dell'investigatore sull'abuso è reso estremamente difficile dal fatto che gli errori possibili sono ben due (in rosso):
  • non accorgersi di un abuso vero (abuso sommerso);
  • riconoscere per vero un abuso falso (falso abuso).
Tutti vorremmo che fosse più facile, ma purtroppo la situazione è complessa e non si può far finta di niente. Eppure, una importante impresa civile come l'investigazione sociale sugli abusi è funestata dalla presenza e dalle attività di una grande fetta di esperti che sembrano convinti (o addirittura pretendono) di poter operare ed investigare tenendo presente solo uno di questi problemi (di solito l'abuso sommerso) e trascurando del tutto l'altro problema: sono coloro che ormai vengono comunemente chiamati "abusologi a senso unico". Di esperti col vizio del senso unico sono infiltrate molte delle maggiori associazioni italiane anti-abuso, a cominciare dal Movimento per l'Infanzia e soprattutto dal quasi-monopolista CISMAI (qui un tipico esempio di comunicato a senso unico sugli abusi collettivi, da parte della presidentessa dott.ssa Roberta Luberti). Chi può garantire che costoro non mantengano lo stesso atteggiamento unidirezionale anche quando vengono chiamati a svolgere una funzione pubblica (ad es. il consulente tecnico d'ufficio per la Procura), che non ammette paraocchi e pregiudizi, neanche se intesi "a favore dei deboli"? Suggeriamo a costoro un urgente ripasso della Teoria della Detezione del Segnale (e delle magie della curva R.O.C.). Essa dimostra che i due problemi sono indissolubilmente legati da un vincolo: se scegliamo di modificare i nostri criteri di riconoscimento dell'abuso, per non rischiare che nulla rimanga "sommerso" (il radarista che fa sparare su tutti gli oggetti che volano un po' troppo veloce), è inevitabile che l'intervento ingigantisca l'altro problema collegato (troppi aerei "innocenti" vengono abbattuti). E viceversa. Anche le operazioni "culturali" o "scientifiche", che alcuni vorrebbero far passare per neutre e innocenti, producono in realtà il loro effetto:
  • si immagini che cosa farebbe il nostro radarista, se nella stanza del monitor attorno a lui ci fossero diversi strateghi militari ad urlargli nell'orecchio "il nemico sta arrivando", "il nemico ha aerei quasi invisibili al radar", "il nemico è ferocissimo ed organizzato". Probabilmente quel radarista uscirebbe a sparare lui stesso missili terra-aria anche contro i piccioni, difenderebbe se stesso e al diavolo gli aerei civili abbattuti.
E' proprio ciò che stanno facendo molti dei nostri "radar dell'abuso": genitori che si convincono già al primo dubbio, operatori sociosanitari o educativi che si eccitano per ogni indicatore comportamentale, carabinieri pronti a credere a storie assurde che si sarebbero svolte sotto il loro stesso naso, abusologi che aizzano la popolazione contro ogni sospetto, corsi di formazione per periti in cui si parla solo di "indicatori di abuso" e mai di falsi abusi, magistrati che condannano senza riscontri oggettivi. Tutti soldati dell'esercito del bene, e tra di loro tanti professionisti che, anzichè restare nei confini del proprio ruolo, scendono in strada imbracciando il forcone. E' un treno che può impazzire e prendere tanta velocità da sfondare ogni barriera civile, se tutti si preoccupano solo di pompare carbone e intanto nessuno rinforza le ganasce dei freni e controlla gli scambi. Non venite a raccontarci che la propaganda iper-allarmistica sulla pedofilia (appeal to fear) non ha le sue colpe in ciò. Teoria della Detezione del Segnale: se cerchiamo di impegnarci contro uno dei due problemi, è immancabile che l'altro si ingigantisca. Varrebbe lo stesso, se cercassimo di ridurre a zero i rischi di incarcerare un innocente per falso abuso: inevitabilmente una percentuale maggiore di bimbi abusati non troverebbe giustizia. La T.D.S. mette dunque bene in luce la questione della responsabilità della scelta del criterio: non esiste una modalità che la scienza garantisca per buona in quanto tale. A scelte più garantiste e prudenti corrispondono certi danni collaterali, mentre a scelte più allarmiste e giustizialiste ne corrispondono altri. Ciò smonta il mito che sia solo la scienza e la tecnica a determinare l'esito dell'investigazione sull'abuso: la performance discriminativa del complessivo sistema anti-abuso, non è determinata solo dalla potenzialità dei suoi strumenti conoscitivi (indicatori di abuso, tecniche di investigazione ecc.), ma anche dalla scelta del criterio (e dei suoi "danni collaterali"). L'esercito dei "buoni" purtroppo non può esistere, poiché quando essi si impegnano ad aiutare gli "innocenti" da una parte, la coperta è troppo corta e rischiano di lasciare scoperti altri innocenti. Ma allora che "buoni" sono? Essi in realtà non sono più buoni degli altri, sono solo unilateralmente schierati dalla parte dei bambini, anche di quelli che pronunciano false accuse. Fu geniale a tale proposito il commento di Debbie Nathan e Michael Snedeker (1996), che criticando Finkelhor e la Russell e i seguaci della loro "sociologia paranoide" scrissero: "i ricercatori dei tempi moderni erano pronti a svilire le donne al fine di salvare i bambini". Ma questo, molti abusologi non sembrano comprenderlo: in precedenti articoli, abbiamo citato ad esempio la stizzita risposta dell'intoccabile Maria Benigno Bruni, che si stupisce di fronte ad una interpellanza parlamentare che li accusa di eccessi propagandistici, oppure la risposta di Alberto Pellai al nostro blog, egli (nonostante l'allarmismo e la sicumera con cui vengono propagandati i suoi dati di ricerca) ci scrive che sta "dalla parte delle vere vittime e non degli indagati per errori, dei quali, comunque, non posso che dispiacermi e dolermi, ma rispetto ai quali non mi sento minimanete responsabile". I paladini del bene non portano macchia, così essi credono. Altri paladini, come Massimiliano Frassi (rieccheggiato perfino in recenti parole dell'avv. Taormina sull'informazione pro-pedofili, ma ci è appena cascato anche lo stesso Andrea Coffari), fanno ancora di peggio: confondono la civile battaglia di prevenzione contro il fenomeno del falso abuso e in difesa delle sue vittime, per una attività pro-pedofilia. Calunnia insopportabile, che allude all'idea di un esercito dei "cattivi", che esiste solo nella loro testa. In realtà, di eserciti di buoni e cattivi tra gli indagatori sull'abuso non ve ne sono affatto. Esistono scelte diverse, che comportano assunzioni di responsabilità e rischi di errore. Ed esistono ruoli diversi:
  • c'è chi come questo blog combatte una battaglia solo culturale, dichiaratamente di parte, che critica spesso e volentieri, ma non attacca coloro i quali, per ruolo o per esplicita ammissione, sono schierati lealmente sull'altro fronte (ad esempio i consulenti delle parti civili ed i loro avvocati, o quegli abusologi che dimostrano di saper fare una onesta e sacrosanta propaganda sulla necessità di svelare l'orrore dell'abuso). E' certamente lecito difendere anche uno solo tra i due principi contrapposti, a senso unico, ma solo se si parla dall'interno dei confini di un ruolo di parte;
  • altri combattono battaglie altrettanto partigiane, tuttavia pretendono di essere pubblicamente pagati e di continuare la propria missione personale anche rivestendo ruoli superiori e neutrali (il magistrato, il perito del giudice o il consulente del P.M., il clinico della sanità pubblica, l'abusologo pubblicamente finanziato). Costoro pretendono di ricevere il pubblico applauso e la parcella per ogni abuso disvelato, ma al tempo stesso di essere immuni alla critica per ogni innocente ingiustamente accusato di pedofilia.
E' per queste ragioni che, mentre gli scienziati continuano lo sforzo di raccolta di dati validi ed attendibili sull'abuso, su questi dati devono poi essere Giustizia e Politica a riprendere il proprio ruolo decisionale, e mettere esplicitamente bocca nella questione della scelta dei criteri di decisione: a quali indicatori di abuso dare credito e come. Non sarebbe affatto una invasione del campo della scienza. Si tratta ad esempio di modulare dall'esterno il sistema della scienza dell'abuso e delle perizie, per evitare eccessi e cortocircuiti. Tra i primi passi da compiere, quello di istituire un vero meccanismo di disincentivazione dell'imprudenza professionale sull'abuso. I periti e gli abusologi protagonisti delle peggiori cantonate di falso abuso nel nostro paese, hanno regolarmente intascato le parcelle e sono tutti ancora al loro posto e continuano a ricevere soldi e riconoscimento. Non ce lo possiamo più permettere, eppure la magistratura e la stampa ufficiale non indagano mai in quella direzione; anche i vertici accademici e sanitari, così come gli ordini professionali, fan finta di niente. Sanzionare l'errore è una necessità, ma non sufficiente: vi è anche una urgente richiesta di rivedere i criteri di premio economico e sociale erogato nei confronti degli abusologi. Finché tutto il guadagno delle associazioni che si occupano di abuso sessuale sarà legato solo all'attività di disvelamento dell'abuso, non potremo stupirci che esse si orientano a senso unico, abbassando le soglie di riconoscimento dell'abuso ed innalzando l'allarmismo sociale a livelli tali, che ormai bastano poche bizzarrie comportamentali infantili prodotte sotto pressione emotiva, per mandare in carcere metà del personale del loro asilo. La responsabilità ultima è di una politica miope, che (ad eccezione di encomiabili casi isolati) è corsa solo appresso alle sirene del buonismo anti-pedofilia, da spendere subito con gli elettori: la prevenzione del fenomeno dei falsi abusi è un dovere politico, oltre che un onere sociale, gravato però finora interamente a carico delle private tasche di quei pochi a cui una folle lotteria ha destinato false accuse di abuso. Finchè non verrà socialmente ed economicamente premiato il lavoro degli esperti anche nella direzione della prevenzione dei casi di falso abuso, continueremo a vedere in giro solo abusologi con una missione a senso unico, troppo spesso trincerati dietro la tronfia ed antidemocratica supponenza di coloro che credono di essere i paladini dell'esercito del bene. Ugo

venerdì 26 ottobre 2007

Interrogazioni parlamentari: On. Giovanardi

L'On. Carlo Giovanardi dell'Unione di Centro presenta alla Camera dei Deputati, nella seduta del 12-06-2007, l'interpellanza 2/00595 nei confronti del Ministero della Giustizia. Queste le premesse dell'interrogazione dell'On. Giovanardi:
  • Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
  • i media hanno dato ampio rilievo ad un convegno organizzato a Milano da una associazione denominata IAD Bambini Ancora, secondo la quale in Italia un ragazzo su sei è vittima dei pedofili, con addirittura cento abusi mai scoperti per ogni fatto accertato;
  • questo fenomeno definito nel convegno «l'epidemia del terzo millennio» avrebbe coinvolto, prendendo per buoni i dati forniti dall'associazione, un milione di bambini negli ultimi dieci anni;
  • tali incredibili dati, secondo i quali in ogni classe elementare di trenta bambini, almeno 5 sarebbero stati abusati appaiono totalmente fuori dalla realtà;
  • la diffusione di tali dati rischia di alimentare una psicosi collettiva moltiplicando i casi di segnalazioni di falsi abusi -:
E queste le sue domande:
  • se i responsabili dell'associazione siano professionisti che hanno avuto incarichi di periti da parte dell'autorità giudiziaria;
  • quale fondamento abbiano secondo il governo i dati diffusi da questa associazione;
  • quali costi vengano sostenuti ogni anno per incarichi professionali e consulenze affidati ai cosiddetti esperti della materia.
Ad oggi l'interrogazione è ancora in corso e non ha ricevuto risposta. Per aiutare il lavoro del Ministero della Giustizia e anticipare alcune risposte all'On. Giovanardi, segnaleremo alcune fonti web riguardanti i termini della questione e soprattutto potremo fornire loro qualche dettaglio su quali siano i fondamenti scientifici dei dati diffusi dall'associazione IAD. Termini della questione L'interpellanza di Giovanardi fa riferimento alla onlus anti-pedofilia IAD Bambini Ancora di Milano, che lo scorso 8/9 Giugno ha organizzato il convegno "I segni nell'abuso sessuale sui minori. Fantasia o realtà", tenutosi presso lo IULM e patrocinato dalla Presidenza della Regione Lombardia. Il programma del convegno è riportato anche su questo blog. La onlus IAD Bambini Ancora è presieduta da Maria Benigno Bruni, premio "Ambrogino d'Oro 2006", moglie del medico legale Maurizio Bruni, altro consulente ben noto a chi si occupa di casi di falso abuso e già presente nella nostra blacklist di abusologi (partecipò ad esempio ai processi della bassa modenese ed al processo contro il tassista Viola, quello che poi decretò il tramonto del pool-Forno, massacrato dalle contestazioni della PM Siciliano), anch'egli membro della onlus e relatore al convegno dello IULM (tra i relatori anche lo stesso procuratore Pietro Forno). Chi fosse interessato alle posizioni di questa onlus, può trovare ad esempio sul loro sito: La onlus IAD Bambini Ancora è federata con altre associazioni anti-pedofilia nel "Movimento per l’Infanzia", associazione nazionale "che opera in campo sociale, civile politico e culturale per contribuire alla nascita e alla costruzione di una nuova cultura a favore dell'infanzia". Si tratta di uno dei tanti movimenti che rappresentano la summa dell'abusologia d'accusa a senso unico, presieduto da Andrea Coffari. La lista delle associazioni anti-pedofilia confederate è qui, mentre i membri del direttivo sono listati qui. La storia del movimento è descritta in questo articolo, nel quale troviamo un interessante riferimento ai fondamenti scientifici della propria attività:
  • "Tutte le ricerche finalizzate a fare emergere il fenomeno sommerso della violenza a danno di fanciulli indicano una cifra che varia dal 15% al 25% quale percentuale di ragazzi che dichiarano, rispondendo ad un questionario anonimo, di essere stati oggetto di gravi violenze fisiche o sessuali, (ricerca Movimento per l’Infanzia - Sos infanzia 2005, ricerca prof. Alberto Pellai Dipartimento di Sanità Pubblica Università di Milano 2002, ricerca del prof. Jèrome Laederach dell’Università di Ginevra 1999). Significa che in Italia circa due milioni di bambini su dieci milioni, secondo le proiezioni di queste ricerche, sono stati oggetto di gravi violenze sessuali o fisiche; di questi casi solo lo 0,9% è stato oggetto di denuncia. Nell’ultima ricerca compiuta da Sos Infanzia (Movimento per l’Infanzia) l’11% dei ragazzi ha dichiarato inoltre di essere stato vittima di violenze psicologiche durante l’infanzia (si tratta di circa un milione di minori). Altre cause di sofferenze diverse, ma non per questo meno traumatiche, sono gli incidenti stradali, che rappresentano la prima causa di morte per i ragazzi dai 15 ai 29 anni, a causa sempre degli incidenti stradali, inoltre, ogni anno in Italia 15.000 bambini soffrono danni permanenti, a questi dati si devono aggiungere quelli relativi ai bambini scomparsi, quindi i bambini impiegati illecitamente nel lavoro (circa 400.000 da una ricerca della CGIL del 2001), i bambini vittime di incidenti domestici, i bambini impiegati nell’accattonaggio, utilizzati dalla malavita o che vivono sotto la soglia della povertà (circa due milioni in Italia). Le cifre sono impressionanti, lasciano senza fiato, increduli (...)"
E' vero, lasciano proprio increduli. Anche l'On. Giovanardi infatti è rimasto incredulo. Sulla homepage del movimento compare attualmente un appello del presidente a Beppe Grillo, a quanto pare finora inascoltato nonostante numerosi invii ("ti ho scritto più volte ma nella marea di e mail non sei riuscito a distinguere la mia, ma mi impegno da oggi a scriverti tutti i giorni finchè non mi darai retta"), del quale citiamo un altro estratto sui dati scientifici in mano al movimento:
  • "Studi seri a carattere scientifico (prof. Pellai, Università di Milano, prof. Laederach Università di Ginevra, ricerche portate a termine anche dal Movimento per l'infanzia, Graziano Guerra Sos Infanzia) indicano che più del 10% dei bambini subiscono violenza sessuale. Si tratta di più di 50.000 casi all'anno in Italia a fronte di SOLE 800 denunce".
Proprio in questi giorni (27.10.2007) il Movimento per l'Infanzia organizza il primo di quattro incontri a Firenze (piazza Rosadi, sala Convegni della parrocchia di Bellariva, dalle ore 15.30), sul tema dei bisogni e dei diritti negati all’infanzia (progetto "Bambini nell'Ombra"). Dalla brochure dell'iniziativa, ancora dati "scientifici":
  • "Sapevi che da seri studi scientifici portati a termine in Italia, in Europa e negli Stati Uniti più del 20% dei bambini subirebbe violenza sessuale, fisica o psicologica? Lo sapevi che in Italia solo l’1% delle violenze ai danni di bambini viene denunciato e che circa il 50% di queste denunce viene archiviato?"
Rassegna stampa L'On. Giovanardi fa riferimento al fatto che "i media hanno dato ampio rilievo ad un convegno". Vediamo dunque una breve rassegna di slogan, estratti dai comunicati che uscirono sulla stampa in occasione del convegno IAD:
  • "L’associazione IAD Bambini Ancora ha finalmente organizzato questo convegno di dimensioni europee, col patronato della Regione Lombardia, ed il patrocinio del Comune di Milano e delle province di Milano e Como. Per partire da dati concreti e con studi solidi. Perché è di questo che l’attività giudiziaria ha bisogno (...)";
  • "In Italia si stima che almeno un ragazzo su 6 sia stato vittima di abusi sessuali nell’infanzia o nell’adolescenza. Drammi spesso consumati all’interno delle mura domestiche, che portano le giovani vittime, per un sottile meccanismo psicologico di difesa, a chiudersi sempre più in se stessi, e a non rivelare motivazioni e artefici di tali violenze. E’ per questo che per ogni episodio accertato di abuso, altri 100 non vengono denunciati. Dati a dir poco sconcertanti (...)";
  • "Abbiamo deciso di spalancare le porte del nostro Ateneo a questo convegno – ha ricordato in apertura del convegno Giovanni Puglisi, rettore dell’Università IULM – e ciò nonostante, ben lo sappiamo, ci verranno riferiti dati, numeri e casistiche che mai avremmo voluto ascoltare. Gli abusi ai minori e ai bambini sono un fenomeno di una gravità immensa, ma che purtroppo, talvolta, rimane sommerso";
  • "Maria Benigno Bruni, presidente di IAD Bambini Ancora, che ha ricordato come obiettivo del Convegno sia mostrare le reali dimensioni di un fenomeno di cui forse non si parla ancora abbastanza";
  • "Secondo una ricerca condotta dal Dipartimento di Sanità Pubblica dell'Università degli Studi di Milano, su un campione di 3mila studenti delle scuole secondarie del capoluogo lombardo, il 14% ha dichiarato di avere subito abusi durante l’infanzia. «Dati a dir poco drammatici» – ha commentato il Presidente del Consiglio Comunale di Milano Manfredi Palmeri";
  • "«È l’epidemia del Terzo millennio». Lo slogan lanciato nel convegno internazionale sulla pedofilia tenuto all’Università Iulm di Milano arriva proprio nel giorno in cui scoppia la rivolta contro il «partito» che rivendica un incredibile «diritto al sesso con i minori»";
  • "Gli esperti riuniti a Milano hanno fotografato un fenomeno in crescita con dati inquietanti: almeno un ragazzo su sei è stato vittima di abusi. Ogni anno, in Italia, 41mila nuovi casi di violenza. E il dato ancora più allarmante è che il 90% si consuma in famiglia. Ecco perché la maggioranza degli abusi non viene segnalata. Si calcola, hanno spiegato i relatori del convegno, che, per ogni episodio accertato, cento non vengano denunciati".
La gran parte delle fonti giornalistiche ha fatto riferimento a questo comunicato Reuters, che così iniziava:
  • "In Italia almeno un ragazzo su 6 è stato vittima di abusi sessuali nell'infanzia o nell'adolescenza e ogni anno sono almeno 41mila i nuovi casi di violenza sui minori. Ma per ogni episodio accertato di abuso, 100 non vengono denunciati perché il 90% delle violenze si consuma fra le mura domestiche. E' quanto emerge da una ricerca condotta dal Dipartimento di Sanità Pubblica dell'Università degli Studi di Milano, secondo la quale su un campione di 3mila studenti milanesi delle scuole secondarie è emerso che il 14% è stato vittima di episodi di violenza o abuso durante l'infanzia e l'adolescenza, in maggioranza bambine e ragazze. I dati sono al centro del convegno internazionale "I segni dell'abuso sessuale sui minori, Fantasia o realtà", in programma tra oggi e domani a Milano alla Libera università di Lingue e Comunicazione Iulm, organizzato da associazione Iad Bambini Ancora Onlus in collaborazione con Milano Bella da Vivere, sotto il patronato della Presidenza della Regione Lombardia, dedicato ad un tema sempre più spesso al centro delle cronache".
Prime reazioni all'interpellanza Sul sito della onlus IAD Bambini Ancora viene inserita la seguente nota in formato Word, firmata da Maria Benigno Bruni:
  • "Segnalo l’interpellanza del Deputato Giovanardi: ci sembra un attacco gratuito e ingiustificato ad una Associazione che come la nostra si batte quotidianamente contro l’abuso sui minori e la pedofilia".
Tutto qui. Anzichè fornire chiarimenti e spiegazioni al deputato, ci si lamenta dell'attenzione e delle critiche da questi formulate. Il senso della risposta è chiaro: "siccome noi siamo quelli buoni, che si battono contro la pedofilia, è ingiustificato che qualcuno ci attacchi". Eppure l'attacco di Giovanardi non è affatto gratuito e ingiustificato, è anzi circostanziato e riferito proprio ai dati numerici forniti dalla onlus, che il deputato ritiene incredibili. Perchè la Bruni non replica semplicemente questo giudizio, se ne ha le possibilità? Forse non è in grado di referenziare e difendere quella cifra di "un bambino su sei"? Glielo sta chiedendo un parlamentare, mica un qualsiasi signor nessuno. Da una onlus che si propone di offrire un servizio pubblico e che riceve a tale scopo una gran messe di pubblici finanziamenti, ci saremmo aspettati una risposta più puntuale e meno stizzita al nostro deputato, la spocchia di certe onlus ci sembra sempre basata su una profonda mancanza di rispetto per la democrazia. La signora Bruni, in questa occasione, ha scelto di non sprecarsi a rispondere ad un parlamentare dello stesso Stato da cui riceve tanti soldi. Più veementi le reazioni che sono giunte dal blog italo-belga "SOS bambini", voce vicina al Movimento per l'Infanzia. In questo caso si passa all'ingiuria contro il deputato, ma almeno all'incredulità di Giovanardi vengono contrapposte delle cifre, provenienti da "esperti". Linkiamo gli articoli, citando solo il passaggio in cui si parla dei riferimenti epidemiologici: Per finire, citiamo nuovamente le proteste di Andrea Coffari (co-firmate da tutti i presidenti delle associazioni membro del Movimento per l'Infanzia), che come apprendiamo su questo forum sono rimaste nuovamente inascoltate, prima da Grillo, stavolta dalle segreterie politiche degli onorevoli Casini e Cesa. Estrapoliamo di nuovo solo il passaggio riguardante i dati scientifici di riferimento sull'epidemiologia dell'abuso:
  • "Diamo una risposta chiara, precisando che i dati sul fenomeno della “violenza sessuale sommersa” a danno di bambini, purtroppo lungi dall’essere “totalmente fuori dalla realtà” sono stati diffusi da alcuni relatori presenti al Convegno fra i quali il prof. Pellai, che lavora presso il dipartimento di sanità Pubblica all’Università di Milano, che ha fatto la prima ricerca in Italia e l’avv. Girolamo Andrea Coffari, che è presidente del Movimento per l’Infanzia, il quale ha condotto, insieme all’associazione Sos Infanzia e all’associazione Etica 2001, due ricerche sulla violenza sommersa. Inoltre tali dati sono contenuti nel rapporto CENSIS del 16 luglio 1998 “Sfruttamento sessuale e minori: nuove linee di tutela”, che è largamente conosciuto, almeno da chi ha a cuore la tutela dei minori. Le ricerche, condotte rispettando rigorosi principi scientifici e metodologici, consistono nella somministrazione di questionari anonimi a ragazzi delle scuole superiori; i campioni analizzati sono nell’ordine delle migliaia di individui. I dati resi pubblici sono in linea con quelli ottenuti da ricerche analoghe condotte sia negli Stati Uniti che in Europa (a titolo esemplificativo: ricerca di Diane Russel Nord America 1983; Kelly, Regan e Burton, Gran Bretagna 1991; prof. Jérome Laederach, Università di Ginevra 1999; prof. Pellai, Università di Milano, 2001 e 2006; Sos Infanzia (Movimento per l’infanzia) ricerche 2005 e 2007) e riportano una percentuale che varia fra il 10% e il 15% di popolazione infantile che subisce abuso sessuale".
Le nostre risposte all'interpellanza L'On. Giovanardi si dichiara perplesso su questa frase di propaganda proveniente dall'associazione IAD Bambini Ancora: "un ragazzo su sei è vittima dei pedofili". La premessa del deputato è erronea, in quanto nei comunicati originali di IAD non si fa riferimento esplicito alla pedofilia, ma per la precisione si dice che "in Italia si stima che almeno un ragazzo su 6 sia stato vittima di abusi sessuali nell’infanzia o nell’adolescenza". Il dato mette insieme infanzia ed adolescenza e non è quindi riferibile a "pedofilia", che per definizione prevede rapporti sessuali tra un adulto ed un minore in età pre-puberale (rapporti tra adulti e adolescenti possono magari configurare violenza, ma non rientrano nella categoria della pedofilia). Questa singola precisazione non deve affatto far pensare che le obiezioni del deputato siano fuori luogo, anzi. Giovanardi ben coglie che c'è qualcosa che non va nelle cifre allarmistiche di questa propaganda. Aiutiamolo dunque a far luce sui dati di IAD Bambini Ancora. I nostri lettori, se hanno fatto ben attenzione, avranno sicuramente già individuato in cima alle liste di referenze scientifiche qui sopra citate, la presenza una nostra vecchia conoscenza: il dott. Alberto Pellai, ricercatore milanese in epidemiologia, e la sua ricerca "Non più vittime". Non a caso, il giorno 8 Giugno al convegno IAD è stato proprio il dott. Pellai a tenere la principale relazione epidemiologica sui dati dell'abuso, dal titolo "Prevalenza dell’abuso sessuale sui minori in Italia". Come confermato anche dal comunicato Reuters, i suoi dati sono stati posti al centro di questo convegno. Di Alberto Pellai e della sua ricerca ci siamo già occupati in due precedenti articoli, il cui contenuto dovrebbe interessare all'On. Giovanardi:
  • "L'uovo di Colombo del dott. Pellai", sui limiti che affliggono i dati della sua ricerca, la cui validità viene solo presunta ma mai dimostrata, e nonostante ciò presentati dall'epidemiologo come "dati di qualità", in spregio ad ogni prudenza scientifica e divulgativa. Nei commenti al nostro post troviamo anche una interessante risposta dello stesso Pellai (sempre che fosse proprio egli a scriverla), che ha in realtà aumentato ancor più i nostri dubbi sulla sua neutralità ed attendibilità scientifica;
  • "I viaggi del maestro David Finkelhor", sull'influenza culturale che Pellai ha raccolto dal celebre sociologo statunitense, vero ispiratore originario del progetto secondo cui la scienza dovrebbe tentare di dimostrare a tutti i costi che l'abuso sessuale sui minori è un fenomeno dalle dimensioni enormi e sommerso per il 99% (guarda caso, la stessa percentuale che torna e ritorna in continuazione nelle bocche dell'abusologia d'accusa). Non solo una bufala, una vera e propria piaga culturale che ammorba il pianeta già da decenni, sempre con la stessa trama che si ripete nei vari paesi, copione di cui Finkelhor è certamente uno degli autori originari, mentre Alberto Pellai e Maria Letizia Bruni non sono che gli attuali interpreti della versione italiana di questo "format" psico-socio-giuridico. Ricordiamo anche che Finkelhor venne già duramente criticato poiché nelle proprie ricerche raccoglieva per buone indiscriminatamente tutte le accuse o dichiarazioni di abuso, anche quelle false, e anche poiché restò vittima di alcune delle peggiori cantonate sugli abusi sessuali collettivi, a cominciare dal caso McMartin di cui fu uno dei protagonisti.
Rimandando alla lettura dei due precedenti articoli, riassumiamo qui solo alcuni termini tecnici della nostra critica alla validità dei dati di Pellai: la cifra di "un ragazzo su sei" fa esplicito riferimento alla percentuale di 15,4% di ragazzi che avrebbero subito almeno un episodio di abuso durante l’infanzia (8,8% dei maschi e 20,4% delle femmine), scoperta da Pellai studiando un campione di 2939 studenti di 46 scuole superiori milanesi. Come venne fatta questa scoperta, da cui deriva l'affermazione di "un ragazzo su sei"? Semplicemente dando a migliaia di studenti un questionario a scelta multipla, da compilare a casa in forma anonima. Il questionario è ancora liberamente scaricabile qui, e comprendeva 5 singole domande cruciali come questa: Il numero di risposte "Sì" fornito in risposta a queste domande è stato poi confrontato con il numero delle risposte "No", secondo la raffinatissima procedura scientifica della "media aritmetica":
frazione di "violentati" = Sì / (Sì+No)
Il risultato totale per Pellai è stato del 15,4% (poi vulgarizzato come "uno su sei") di soggetti che hanno dato almeno una risposta Sì ad una delle 5 domande chiave. Ecco i dati, suddivisi per tipologia di abuso, in ordine crescente di severità:
  • 3% dei soggetti ha risposto affermativamente alla domanda "Ricordi ancora oggi che un adulto ti abbia mostrato materiale pornografico quando eri bambino?" (età media dell'esperienza: 10,8 anni);
  • 11,3% dei soggetti ha risposto affermativamente alla domanda "Ricordi ancora oggi che ti sia capitato di essere stato/a toccato/a da persone adulte o più grandi di te in parti intime (per esempio seno, sedere, genitali) in un modo che ti ha creato disagio?" (età media dell'esperienza: 12,6 anni);
  • 2,6% dei soggetti ha risposto affermativamente alla domanda "Ricordi ancora oggi che ti sia capitato di essere stato/a costretto/a a toccare i genitali di persone adulte o più grandi di te?" (età media dell'esperienza: 11,2 anni);
  • 1,4% dei soggetti ha risposto affermativamente alla domanda "Ricordi ancora oggi che ti sia capitato di essere stato/a costretto/a a masturbare persone adulte o più grandi di te?" (età media dell'esperienza: 12,7 anni);
  • 1,6% dei soggetti ha risposto affermativamente alla domanda "Ricordi ancora oggi che ti sia capitato che qualche adulto ti abbia obbligato ad una penetrazione (anale, vaginale o orale) o ha tentato di farlo?" (età media dell'esperienza: 15 anni).
Tutto qui, cinque semplici domande in un questionario a scelta multipla. E tanta voglia da parte dei nostri epidemiologi di credere alla sincerità degli studenti milanesi, in barba a tutti i problemi sollevati da altri ricercatori più accorti: rimozioni, false memorie di abuso, mitomania o scherzi, pudore o timori a rispondere, difficoltà di definizione di cosa sia un abuso. Nessun controllo è possibile sul fatto che coloro che hanno risposto "Sì" avessero davvero subito violenze, ma neanche sul fatto che chi ha risposto "No" fosse stato risparmiato da pedofili e aggressori sessuali. E poca delicatezza verso le informazioni sensibili degli studenti milanesi, frugati in massa nel loro intimo dalle dita grossolane di un questionario impiccione. Quanti di essi avranno davvero confessato con leggerezza d'animo il proprio trauma? Quanti saranno rimasti turbati e come? E quanti dei tanti mai abusati avranno fornito risposte false, per scherzo, per protesta o per incomprensione? Non lo sapremo mai, né noi, né Pellai, né gli abusologi del Movimento per l'Infanzia. Eppure nessuno di questi dubbi trapela nelle loro dichiarazioni pubbliche, in cui sembra ormai risolto l'annoso problema della quantificazione degli abusi sommersi: con questi risultati, il dott. Pellai e la divulgazione scientifica del Movimento per l'Infanzia ritengono di potersi già presentare di fronte alla pubblica opinione e di fronte alla pubblica amministrazione. Anche volendo dar credito alla validità di questi dati, essi non segnalano mica chiaramente degli abusi propriamente detti: tra quel 15,4% di ragazzi, ben l'11,3% hanno riferito di essere stati "toccati in maniera da aver provato disagio", senza possibilità di chiarimento su questa fumosa descrizione. E non segnalano neppure pedofilia, in quanto si tratterebbe comunque di esperienze avvenute già in età adolescenziale, infatti il dato globale relativo alla domanda 47 (sulla penetrazione), essendo riferito ad esperienze avvenute mediamente all'età di 15 anni, può avere forse solo una utilità per la discussione sull'epidemiologia della violenza sessuale tra i ragazzi. Anche per le altre esperienze di abuso riferite, le età medie sebbene siano più basse, segnalano chiaramente che i ragazzi hanno parlato principalmente di fatti che hanno avuto luogo in coincidenza col periodo puberale o immediatamente prepuberale. Ecco perchè questa ricerca non ha nulla a che fare con la pedofilia, On. Giovanardi. Cialtroni in malafede coloro che pretendessero di associare il 15,4% di Pellai ad una presunta "emergenza pedofilia". Per quanto riguarda le responsabilità di questa montatura, il ministero e l'On. Giovanardi dovrebbero considerare che IAD Bambini Ancora è una associazione che sta cercando di accreditarsi ai massimi livelli, anche nella divulgazione scientifica, ne è prova l'organizzazione di un convegno così altamente patrocinato e pubblicizzato. Ciò comporta per essi un dovere di maggiore verifica autonoma dei propri contenuti tecnici, dovere a cui in questa occasione hanno mancato, responsabilità che non può essere ciecamente scaricata sulle spalle del giovane ricercatore milanese di fiducia: così come noi in poco tempo e senza sforzo abbiamo approfondito la natura e l'origine dei dati di Pellai, i coniugi Bruni (e con loro gli altri abusologi di Movimento per l'Infanzia) avrebbero dovuto mostrare maggiore cautela e maggiore buon senso nel giudicarne la significatività, prima di strombazzarli solo perchè fanno comodo alla propria causa e perchè alludono a quella "epidemia del terzo millennio" che essi vedono nella nostra penisola. Dal canto suo, il dott. Pellai stesso da tempo strombazza imprudentemente le proprie ricerche come "attualmente le più importanti e attendibili", attirando così su di sé le attenzioni interessate di certa abusologia, che lo sta portando in palmo di mano, nelle edizioni Franco Angeli come nei convegni del Movimento per l'Infanzia, palchi di cui egli approfitta in modo autopromozionale e missionario più che scientifico. Sarebbe opportuno che anche su questi cortocircuiti si concentrassero le attenzioni dei politici e dei vertici accademici milanesi. Abbiamo già riconosciuto che le ricerche di Pellai e del gruppo dell'Istituto di Igiene e Medicina Preventiva della Università Statale di Milano, hanno sicuramente una loro dignità e curiosità nella cerchia ristretta dei tecnici del settore: per quanto sempliciotto sia il metodo, esso sarà certamente stato applicato con cura e precisione dal suo staff, sudando anche sette camicie vista l'ampiezza del campione. Il suo dato grezzo può essere letto dagli esperti, che sappiano bilanciare questi dati con altre evidenze epidemiologiche, alla luce delle altre conoscenze sul fenomeno dell'abuso, ma non certo dato in pasto alla pubblica opinione su larga scala, al grido di "uno su sei!". Fa bene il nostro rappresentante parlamentare a segnalare che ciò può essere socialmente pericoloso, e dovrà trovare il modo di farlo comprendere al dott. Pellai, apparentemente ignaro del ruolo gravissimo che in tutto il mondo ha avuto l'atteggiamento imprudente degli epidemiologi come Finkelhor nella genesi di catastrofi di isteria collettiva. Il Parlamento si è dovuto scomodare per cercare di riportare un po' di prudenza e buon senso, ma finora sono giunte solo risposte stizzite e supponenti, alcune offese personali verso un deputato, sommarie indicazioni pseudo-scientifiche attraverso un blog belga, ed un assordante silenzio di Pellai. Invitiamo invece il dott. Pellai (o in subordine il suo direttore, il prof. Antonio Pagano) a voler inviare al più presto al Ministero della Giustizia ed alla segreteria dell'On. Giovanardi un reprint delle proprie pubblicazioni scientifiche riguardanti il filone di ricerca "Non più vittime", per facilitare il lavoro di pubblica verifica del proprio operato. On. Giovanardi, speriamo di aver potuto fornire un contributo utile. Adesso però ci aspettiamo qualcosa, sia da lei, sia dal Ministero della Giustizia da lei interpellato. Col nostro augurio di buon lavoro. Ugo