sabato 2 giugno 2007

Kyle Zirpolo: «I'm sorry»

Il fatto che i bambini possano mentire quando posti sotto pressione dalle domande dei genitori o di un dottore è ovvio. Eppure viene contestato ferocemente, come se qualcuno volesse sostenere che gli angeli non mentono mai.
Usiamo ancora il confronto con quanto avvenuto all'estero. Il più noto caso americano di false denunce di abusi rituali in un asilo è il caso della preschool McMartin (si veda ad esempio qui, o anche la voce su Wikipedia), del quale si parla ormai spesso anche qui da noi nei blog come di una Rignano Flaminio a stelle e strisce di 20 anni fa.
Il caso McMartin per anni è stato studiato estensivamente dagli psicologi per comprendere scientificamente i meccanismi della suggestione di bambini che possono produrre false e gravissime denunce (ad es. Garven et al, 1988; o ancora dal Committee of Concerned Social Scientists).

Del caso McMartin è interessante il fatto che i bambini che allora accusarono le maestre (stesso tipo di accuse di Brescia e Rignano, stessa vicenda processuale, stessa inconcludenza delle indagini che non trovarono nessun riscontro oggettivo), oggi hanno tutti passato i 25 anni.
Ed uno di loro, oggi, ha raccontato la sua verità. In una intervista ormai celebre, rilasciata nell'ottobre del 2005 alla giornalista Debbie Nathan per il L.A. Times, il signor Kyle Zirpolo ha chiesto scusa. Ha chiesto scusa alle persone che egli nel 1984, ad 8 anni di età (si chiamava allora Kyle Sapp), sotto la pressione di interrogatori incalzanti, aveva accusato di orrendi abusi.

Ciò che è più interessante di questa testimonianza non è tanto il fatto stesso della falsità delle accuse che Kyle aveva pronunciato, quanto la descrizione dal punto di vista del bambino delle pressioni subite nei continui interrogatori, in cui l'interlocutore faceva ben capire di non accettare una risposta negativa e ripeteva le domande e le imbeccate finchè il bambino non si adeguava alle aspettative dell'adulto. L'abbiamo visto fare allo stesso modo ad alcuni genitori di Rignano nelle tristi video-testimonianze poi depositate dalla procura. Non sappiamo se lo stesso abbia fatto la consulente Fraschetti nei suoi interrogatori non filmati e non sappiamo se cose simili avvenivano nelle inopportune riunioni dei genitori dell'AGERIF, psicodrammi con la presenza e partecipazione dei bambini. Ma sarebbe molto ingenuo non sospettarlo.

Il testo integrale dell'intervista è reperibile in lingua inglese originale su diversi siti, ad esempio qui con anche un commento di Debbie Nathan sull'approccio a Kyle e alcune considerazioni del famoso psicologo sperimentale James M. Wood (uno dei miei preferiti, ndr) che ha studiato il modello delle suggestioni usate nelle indagini sulla McMartin.
Qui invece il sito di Debbie Nathan (coautrice del classico Satan's Silence) e del NCRJ.

Alcuni passaggi salienti dell'intervista a Zirpolo:
  • we drove there, our whole family. I remember waiting ... for hours while my brothers and sisters were being interviewed. I don't remember how many days or if it was just one day, but my memory tells me it was weeks, it seemed so long. It was an ordeal. I remember thinking to myself, "I'm not going to get out of here unless I tell them what they want to hear."
  • I remember them asking extremely uncomfortable questions about whether Ray touched me and about all the teachers and what they did-and I remember telling them nothing happened to me. I remember them almost giggling and laughing, saying, "Oh, we know these things happened to you. Why don't you just go ahead and tell us? Use these dolls if you're scared." Anytime I would give them an answer that they didn't like, they would ask again and encourage me to give them the answer they were looking for. It was really obvious what they wanted. I know the types of language they used on me: things like I was smart, or I could help the other kids who were scared. I felt uncomfortable and a little ashamed that I was being dishonest. But at the same time, being the type of person I was, whatever my parents wanted me to do, I would do.
  • I don't think they thought I was telling the truth, just that I was telling the same stories consistently, doing what needed to be done to get these teachers judged guilty. I felt special. Important. It always seemed like I was thinking. I would listen to what my parents would say if they were talking, or to what someone else would say if we were being questioned at the police station or anywhere. And I would repeat things.
  • The lawyers had all my stories written down and knew exactly what I had said before. So I knew I would have to say those exact things again and not have anything be different, otherwise they would know I was lying. I put a lot of pressure on myself. At night in bed, I would think hard about things I had said in the past and try to repeat only the things I knew I'd said before. I remember describing going to an airport and Ray taking us somewhere on an airplane. Then I realized the parents would have known the kids were gone from the school. I felt I'd screwed up and my lie had been caught-I was busted! I was so upset with myself! I remember breaking down and crying. I felt everyone knew I was lying.
  • the lying really bothered me. One particular night stands out in my mind. I was maybe 10 years old and I tried to tell my mom that nothing had happened. I lay on the bed crying hysterically — I wanted to get it off my chest, to tell her the truth. My mother kept asking me to please tell her what was the matter. I said she would never believe me. She persisted: “I promise I’ll believe you! I love you so much! Tell me what’s bothering you!” This went on for a long time: I told her she wouldn’t believe me, and she kept assuring me she would. I remember finally telling her, “Nothing happened! Nothing ever happened to me at that school.” She didn’t believe me.
Un pezzo fondamentale, una delle più lampanti evidenze a sostegno della teoria della suggestione e dell'induzione, una lezione dal vivo di psicologia della testimonianza minorile, che dovrebbe far riflettere gli scettici ed i finti tonti. Ma temo che colui che non ha orecchie per intendere, non intenderà neanche stavolta.

Ugo

venerdì 1 giugno 2007

Manifesto


Negli ultimi 4-5 anni, anche in Italia come in molti altri paesi prima di noi, si sono moltiplicati casi di cronaca che hanno sollevato l'orrendo sospetto che alcune scuole, asili o istituti di cura dell'infanzia siano state fatte teatro di orrende azioni da parte di gruppi organizzati di pedofili, pedopornografi o satanisti: Brescia, Rignano Flaminio, Vallo della Lucania, ma altri probabilmente se ne aggiungeranno.
Per fortuna quasi mai finora in questi casi, né in Italia né nel mondo, sono emerse prove oggettive che confermassero tali sospetti, che emergono solo dalle fragili testimonianze di bambini (invariabilmente sottoposti a forti pressioni), e che descrivono spesso situazioni talmente bizzarre o irreali da non risultare ragionevolmente credibili. Possiamo dunque ancora ragionevolmente sperare che in quelle scuole non siano avvenuti fatti orrendi quali quelli descritti nelle accuse. Per ora, sto dalla parte di chi ancora crede che la società non sia così marcia e non sia ancora tanto infiltrata dal male.
Invece, purtroppo, ciò che invariabilmente in tutti questi casi è emerso sono alcune gravi carenze deontologiche, procedurali, tecniche e culturali da parte di uno o più tra gli stessi professionisti incaricati dallo Stato di valutare questi casi, far rispettare legge e giustizia e proteggere la comunità: magistrati, inquirenti, psicologi, neuropsichiatri, criminologi, altri consulenti. Per ora, sto dalla parte di chi purtroppo teme che gli organi deputati alla giustizia siano infiltrati da un numero intollerabile di incapaci.
Il pregiudizio, la sciatteria metodologico-culturale e la mancanza di deontologia professionale da parte un tecnico incaricato di svolgere il proprio lavoro è un crimine, che di fronte a questioni talmente delicate e socialmente pericolose diventa un abominio, che va fermato e sanzionato.

Questo blog nasce esplicitamente come spazio di controinformazione rispetto alla propaganda allarmistica ed ingiustificata di chi vorrebbe oggi diffondere l'idea dell'esistenza di estese ed organizzate reti di pedofili che in Italia e nel mondo starebbero attaccando le nostre scuole.
All'esistenza di simili organizzazioni sarò disposto a credere solo quando se ne vedranno i segni oggettivi della presenza, e quando ciò sarà chiaramente confermato dagli strumenti pubblici di indagine e giustizia (scrivo "confermato", dunque non solo e doverosamente sospettato o indagato). Ciò non è ancora mai avvenuto nel nostro o in altri paesi, quella delle organizzazioni di pedofili che starebbero assediando alcune nostre scuole è al momento una semplice ipotesi di alcuni, lecita, ma finora infondata e bastata solo sui racconti di alcuni bambini. Va contrastato il tentativo di imporla a tutti come una realtà, facendo leva sul pregiudizio popolare e su timori ancestrali ai quali non si dovrebbe concedere di rubare tanto spazio al ragionamento giudiziario e scientifico intelligente.

Questo blog osserva con particolare attenzione e preoccupazione l'attività di propaganda che proviene dall'associazione anti-pedofilia Prometeo onlus di Bergamo e dal suo presidente Massimiliano Frassi, il quale attraverso il proprio blog si pone in prima fila tra i campioni della propaganda allarmistica ed invade il web con un flusso di informazioni spesso faziose e pregiudiziali (tra cui anche dati statistici ed epidemiologici infondati e cammuffati in veste di dati scientifici). Propaganda che viene poi replicata ed amplificata su molti altri organi di informazione, spesso senza un minimo senso di critica e di deontologia giornalistica.
Ancora più grave, Massimiliano Frassi si è talvolta distinto per aver impunemente accusato di favoreggiamento della pedofilia o addirittura di collusione con le organizzazioni di pedofili coloro che non la pensavano come lui o presentavano fatti alternativi ai suoi, dimostrando in ciò un atteggiamento incivile, ignorante e socialmente pericoloso, mirato a spaventare l'interlocutore minacciandolo ed impedendo così un normale confronto oggettivo ed argomentato.

Credo fermamente nella libertà di espressione e nella circolazione delle idee. Questo mio blog non sarebbe mai nato se da parte di soggetti come l'associazione Prometeo ci si fosse limitati a diffondere le proprie idee, per quanto spesso in disaccordo con le mie. Ognuno si assume la reponsabilità di ciò che dice e non va censurato da chicchessia, se non nei casi già previsti dalla legge.
Sono però estremamente preoccupato del fatto che, a soggetti come l'associazione Prometeo, che fa della propaganda allarmistica, del pregiudizio contro l'estraneo e della caccia al pedofilo la propria bandiera ed il proprio vanto, viene concessa la possibilità di entrare in contatto diretto con i soggetti di una vicenda giudiziaria, in alcuni casi assumendo addirittura ruoli pubblici: ad esempio raccogliendo le testimonianze ed informative dagli stessi bambini o dalle loro famiglie, oppure fornendo loro consulenza e servizi di sostegno psicologico alle presunte vittime di abuso (prima che questo sia accertato).

I bambini testimoni di possibile abuso, le loro famiglie ed i loro rappresentanti civili devono essere avvisati rispetto alla faziosità ed alla pregiudizialità delle informazioni su cui si fonda l'attività di alcuni gruppi, come l'associazione Prometeo.
Poi ognuno scelga liberamente da chi farsi consigliare nei processi e da chi far ascoltare e curare il disagio dei propri bambini, e paghi sulla pelle propria le conseguenze di una eventuale scelta sbagliata.

Ugo (il nome è fittizio)


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